Luigi Berzano - Firenze 7 aprile 2017

Sezione:

Video dell'intervento del professor Luigi Berzano, docente dell'Università di Torino, alla presentazione degli Atti del 1° convegno di FOB, Laicità e libertà di credo in Italia.

Grazie Calzolari. Grazie FOB di questo invito e grazie di questa perdurante attenzione su questa questione della libertà religiosa. C’è, si direbbe qualche effetto positivo, perché martedì scorso è stato presentato, dopo tutte le legislature precedenti, un altro disegno di legge sulla libertà religiosa alla Commissione del presidente Zaccaria. E, se prima del mio intervento, posso dare un’informazione, dare un’impressione mia, si direbbe che questo disegno di legge questa volta possa andare in porto, se non cade il Parlamento.

Unicamente perché almeno due o tre fattori stanno diventando assolutamente troppo evidenti. Fattori che oggi impongono, non tanto il principio della libertà religiosa di cui diceva Fabrizio d’Agostini, quanto la legge. Perché un conto è il principio [della libertà religiosa], ma poi le leggi devono attuarlo.

I fattori che rendono particolarmente necessaria una legge oggi, direi che sono, da una lato il problema delle moschee – che vede contrapposte legislazioni regionali a legislazioni nazionali, e questa cosa sta diventando assolutamente troppo stridente – dall’altro lato l’esigenza del riconoscimento dei Pastori delle varie chiese di potere visitare gli ospedali, le carceri e celebrare le nozze. Quindi, probabilmente, per dei fattori etero, potrebbe darsi che questa legislatura possa vedere nascere questa legge.

Che però non toglierà la struttura tipicamente italiana. Vale a dire, riconoscerà dei diritti, però non toglierà la struttura di questo edificio legislativo che prevede un piano nobile per una religione che ha il Concordato, un piano meno nobile per 15/20 religioni che hanno l’Intesa e la semplice libertà per tutti gli altri, per tutte le altre religioni. Chiaramente togliendo il mostro giuridico dei culti ammessi. E quindi sarà la libertà di tutte le religioni.

Ora, se posso dare un’impressione su come i lavori, in questo caso di FOB e di altre organizzazioni stanno producendo positivamente, farei riferimento a un dato unicamente di tipo linguistico. Fino a qualche tempo fa si parlava di “libertà religiosa” e, giustamente, dopo si è cominciato a parlare di “libertà di religione”. In questo caso, il tema di questo nostro incontro e anche di questo libro del convegno precedente, è “libertà di credo”.

Ora, badate che non sono solo delle variazioni linguistiche, perché la libertà religiosa richiama una tradizione che è quella di Benedetto Croce. Cioè, il Benedetto Croce del periodo in cui aveva scritto della “religione della libertà”. Un titolo un po’ enfatico oggi, no? Quasi che la difesa della libertà di religione sia salvaguardata quando la libertà stessa diventa religiosa.

Ma al di là di questa visione che richiama, appunto, Benedetto Croce, la definizione “libertà di religione”, rende meno incandescente il problema e le aspettative delle religioni. Perché quando le religioni hanno troppo pretese, sono troppo incandescenti, nascono i problemi che conosciamo.

Ma ancor di più, quando noi parliamo di libertà di credo, noi stiamo riscoprendo un’altra area, quella che oggi si sta espandendo: quella dei non credenti. Quindi anche coloro che non sono appartenenti a una religione formalmente istituita, hanno i loro diritti.

Quindi direi che il titolo di questo convegno, a mio avviso, è significativo per questo. Per terminare, dirò che ci sono due campi in cui lo troviamo: il primo fa riferimento a quanto diceva Calzolari poco fa, cioè a una forma di ateismo, anche se è impropriamente detto ateismo, che è quello dell’anatesimo.

Ora, mi scuserete, faccio una tipologia in riferimento a una ricerca che stiamo conducendo. Una tipologia di ateismi di cinque tipi, che probabilmente sono molto più estesi di quello che possiamo pensare. E in questa nostra ricerca sulla tipologia degli ateismi, la prima forma di ateismo, è l’ateismo anticlericale, quello ottocentesco, oggi si dice un ateismo “hard”, un ateismo duro, intransigente, anticlericale, che è quello che probabilmente oggi è meno presente.

Quello che invece troviamo essere più presente anche nelle nostre ricerche, è esattamente quello citato nel convegno del novembre scorso: l’Anateismo. Fa riferimento a una teoria elaborata da Kearney, un filosofo canadese, dove questo “ana” non è l’alfa privativo, quindi non è l’ateismo. L’ana è questa preposizione greca che indica esattamente il “verso”. Quindi la condizione dell’Anateismo è la condizione di coloro che, appartenenti a una religione o non appartenenti, si dicono in ricerca. E le nostre ricerche indicano come la percentuale di coloro che dicono “sono in ricerca” è un numero crescente.

Quindi questa dell’Anateismo è un’altra forma in cui il religioso si presenta oggi all’interno delle nostre società. Come si diceva prima, società, stati laici e società aperte. Ecco, io preferisco il laico riferirlo allo Stato e non alle società.

Cioè, lo Stato laico è lo Stato che assicura diritti per tutti i cittadini, ad esempio diritto istituzione a tutti i cittadini. Le società, a volte…. le società sono semplicemente aperte. Le società sono aperte alle religioni, alla non-religione, alle molte forme di religione, di maggioranza e di minoranza.

Una terza forma di ateismo, forse tipicamente italiana – perché attorno ad alcuni politici è nata questa categoria degli atei devoti. Ora, gli atei devoti – Giuliano del Foglio e altri – hanno introdotto questa forma di ateismo che è quella di chi, essendo ateo, è largamente ossequiante verso le religioni. Quindi gli atei devoti sono gli atei che rispettano, che hanno grande considerazione delle religioni.

Una quarta forma di ateismo è quella che noi esercitiamo quando facciamo ricerca. Privatamente, nella mia vita professionale, sono un ricercatore pur essendo un prete cattolico, che però, per qualche avventura, ha passato quarant’anni a fare ricerca nelle università italiane. Allora, l’etica che un professionista serio applica nel suo lavoro è quello che, con la formula di Peter Burger, si dice ateismo metodologico. Cioè, un ricercatore serio, che fa ricerca sulle cellule staminali, quando fa ricerca sulle cellule staminali, l’unica etica che può praticare è quella dell’ateismo metodologico. Quando la scienza viene inquinata da dei valori che sono relativi alle proprie fedi religiose, diventa sempre pericoloso.
Ma la quinta forma di ateismo, che io ritengo sia quella che oggi sta maggiormente estendendosi, è ateismo degli stili di vita. Vale a dire, è l’ateismo di coloro che, essendo credenti o non credenti, organizzano la propria vita quotidiana – noi potremmo dire i propri stili di vita – indipendentemente dalle proprie credenze religiose.

Ora, badate, io ritengo che è quello che sta avvenendo oggi. Tanto da poter dire, vorrei dire, che oggi stiamo vivendo la quarta secolarizzazione. Ne parlavamo con Fabrizio d’Agostini. I sociologi hanno prevalentemente studiato la secolarizzazione con Max Weber nel 1500 – 1600, cioè quando nascono le scienze, nascono le sfere della vita. Quindi dal 1500 al 1600 nasce l’autonomia della scienza, della politica, dell’economia e così via.

Però ci sono altre secolarizzazioni radicali che hanno sviluppato soprattutto gli storici. Quando in Grecia nel V secolo nasce la filosofia greca, quella è la secolarizzazione dei miti. Cioè, prima tutto era organizzato attorno alle mitologie. Quando nasce attorno al principio del logos, tutto. Cioè, il caos diventa cosmos, attorno al logos, nasce la filosofia greca.

Ora questa è una grande secolarizzazione, seguita da un’altra secolarizzazione, quando il logos diventa la divina umanità. Quando Gesù, Jesua, sostituisce il logos, quella è stata un’autentica secolarizzazione. Tanto che ha visto delle figure affascinanti come Giustino. Giustino era un filosofo storico, un filosofo greco, che si converte al Cristianesimo, scrive centinaia di pagine sul fascino del logos, del Verbo che si fa uomo, provocando esattamente la reazione negativa, sconcertata di uno dei suoi amici più cari, che era l’Imperatore Marco Aurelio. E Marco Aurelio stimava un’autentica profanazione questa di immaginare che il logos, il Verbo, potesse essere un uomo. Tant’è che Marco Aurelio, con tutta la sua saggezza, farà trucidare Giustino e tutti quanti i suoi discepoli.

Ora, abbiamo detto della terza secolarizzazione, che è quella dei sociologi. Ritengo che oggi, da quattro o cinque decenni, stiamo vivendo la quarta secolarizzazione che è quella dell’autonomia della vita quotidiana.

Un individuo parte dall’Italia e va a morire in una clinica a Zurigo. Ecco, questo direi che è l’icona della secolarizzazione degli stili di vita. Cioè, qui ad essere autonome non sono più le sfere, l’economia, la politica, la scienza. Ad essere autonomo è lo stile di vita. Ora, quello che oggi noi riscontriamo esattamente, dalla culla alla tomba, è la richiesta di autonomia degli stili di vita. Come potranno convivere le religioni all’interno delle società in cui gli individui, spesse volte senza rinunciare alla loro identità religiosa, rivendicano l’autonomia degli stili? Ma badate, non è questo che spesse volte molti si augurano che avvenga per le seconde e le terze generazioni dell’Islam?

Ecco, questo si dice quando le seconde e le terze generazioni – però in Francia non è avvenuto – di ragazzi, di giovani Musulmani, senza rinunciare alla loro identità di Musulmani, si renderanno autonomi nella vita quotidiana, vale a dire nel loro stile di vita. Tra l’altro convivendo in una società laica, perché se la società è laica vuol dire che gli stili di vita, la vita quotidiana non può imporsi e richiedere interventi dallo Stato, perché questo sarebbe esattamente un corto circuito.

Ora, che cosa augurarsi dalla religione in questo contesto? Io, semplicemente immaginando – senza nessun valore scientifico, quello che uno si augura che avvenga –, per esempio, che le religioni, anziché essere così incandescenti, come sono oggi alcune, tutte quante facciano un passo indietro. Vorrebbe dire rivendicare un cammino che è diverso da quello della giuridificazione di tutto. Cioè, giuridificare tutto, vuol dire esattamente perdere l’autonomia, perdere la libertà.

Quando una religione giuridifica tutto, toglie libertà agli individui. A volte lo diciamo in riferimento all’Islam. Il caso opposto, io direi che – semplicemente leggendo molto freddamente i Vangeli – io trovo che chi annunciava i Vangeli non aveva l’enfasi di giuridificare tutto. È vero che poi la giuridificazione è necessaria per alcune cose. Però, se soltanto leggiamo lo statu nascenti del Cristianesimo, troviamo Gesù che non giuridifica quasi nulla. Gesù non dice cosa mangiare, come vestirsi, che cosa fare, come occupare il tempo libero. Quindi, questo rifiuto della giuridificazione, di fare diventare ogni bisogno un diritto – e là dove c’è un diritto c’è una legge che lo organizza, che lo giuridifica – direi che questo è quello che oggi noi potremmo augurarci che avvenga, soprattutto là dove le religioni sono più incandescenti e volendo giuridificare tutto, spesse volte, ottengono l’effetto opposto.

Direi che quello che oggi noi scopriamo invece sono queste spiritualità che sono a volte senza Dio, ma che sono profondamente etiche. Io penso che Umberto Veronesi – Umberto Veronesi si dichiarava laico, ateo – però quale è stata la spiritualità, se vogliamo senza Dio, o con un Dio nascosto o implicito, di Umberto Veronesi? È stata quella di passare tutta la vita attorno al principio sacrosanto che è quello di lottare contro i mali incurabili. E in questo senso, questa società laica, questo Stato laico, questa società aperta, conosce anche queste nuove forme di religiosità, di spiritualità. E vorrei dire che anche queste devono essere rivendicate. Però su questo, direi che FOB ha già anche anticipato, perché questo tema della libertà di culto in fondo richiama già esattamente la libertà anche di coloro che non essendo religione hanno però una loro spiritualità. Grazie.