La nostra associata francese CAP LC (Coordination des Associations et des Particuliers pour la Liberté de Conscience, ONG con status consultivo ECOSOC) ha firmato una lettera indirizzata al Segretario Generale dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) per invitare gli Stati membri dell'OIC a sostenere i loro standard in materia di diritti umani abrogando la pena di morte per apostasia e blasfemia.
Giornata mondiale contro la pena di morte:
gli stati dell'OIC devono abrogare la pena di morte per apostasia o blasfemia
WASHINGTON, D.C., 8 OTTOBRE 2021 - In previsione della Giornata Mondiale contro la Pena di Morte, 13 organizzazioni per i diritti umani che promuovono la libertà di religione o di credo chiedono che i 13 paesi in cui vige la pena di morte per condotta non violenta di apostasia o blasfemia, di abrogarle.
La letter, sponsorizzata da 13 diversi gruppi religiosi e non religiosi, fa appello al Segretario Generale dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) - poiché tutti i paesi che prevedono la pena di morte per apostasia e/o blasfemia sono membri dell'OIC. La lettera esorta il Segretario Generale a chiedere agli stati membri dell'OIC di rispettare i loro standard di diritti umani - di fare il loro dovere - per quanto riguarda le dichiarazioni in cui si sono impegnati, abrogando la pena di morte per apostasia e blasfemia, dicendo che,
"Mentre gli stati dell'OIC hanno condannato le azioni dell'ISIS e hanno invitato i talebani a proteggere il "diritto alla vita e alla sicurezza [...] in conformità con i trattati sui diritti umani", oltre dieci di questi stati hanno codici penali [...] che sostengono indirettamente l'ideologia e le azioni dei gruppi terroristici che l'OIC si è pubblicamente impegnata a combattere.”
Mentre le sentenze pronunciate dallo stato vengono raramente applciate, il Segretario Generale dell'ONU ha concordato che anche quando è in vigore una moratoria, queste leggi hanno un "effetto raggelante" sulle libertà di "religione, espressione, associazione e riunione". Il Relatore Speciale sulla libertà di religione o di credo ha anche evidenziato che dove esistono tali leggi, esse incoraggiano i gruppi di sorveglianti o gli estremisti a uccidere coloro che si presume abbiano violato tali leggi, anche quando gli stati stessi non eseguono la condanna a morte o hanno una moratoria in atto. Le leggi giustificano anche la detenzione arbitraria prolungata di coloro che abbandonano l'Islam, che hanno un'opinione dissenziente o che appartengono a minoranze.
In Nigeria le autorità continuano a tenere in carcere l'umanista Mubarak Bala, nonostante una sentenza della Corte Federale che ne chiede il rilascio; le autorità nigeriane detengono nel braccio della morte anche il cantante Sufi Yusuf Yahaya. In Pakistan, più di 40 persone languono nelle prigioni con l'accusa di blasfemia, e viene loro negato il diritto a un processo equo, compreso il disabile mentale Stephen Masih, un Cristiano. In Arabia Saudita le autorità detengono il blogger Raif Badawi con l'accusa di apostasia per aver creato una piattaforma per il dialogo religioso e per aver aver contestato opinioni estremiste. In Yemen, sia i ribelli Houthi che le autorità governative hanno arrestato persone a causa della loro conversione al Cristianesimo. Nella Repubblica Islamica dell'Iran, le autorità di polizia e i giudici usano la pena di morte per minacciare, molestare e arrestare coloro che abbandonano la religione di stato, inclusi i convertiti al Cristianesimo, gli ex-Musulmani atei e altri; e addirittura li giustiziano in segreto con accuse pretestuose al fine di sfuggire all'attenzione internazionale.
La lettera della società civile prende atto dei passi compiuti dall'OIC per affrontare le accuse di apostasia all'interno dei gruppi Musulmani, ma chiarisce che "questo piano d'azione deve essere esteso ai non Musulmani [e agli ex-Musulmani]" e che "deve affrontare specificamente la cancellazione della pena di morte per apostasia o blasfemia". La lettera chiede anche all'OIC di lavorare con "i principali giuristi delle scuole di legge della Sharia per rinunciare alla pena di morte per questi reati".
La lettera arriva proprio mentre la Monash University Law pubblica un completo rapporto intitolato, "Killing in the name of God", che documenta i sistemi legali nei paesi che prevedono tuttora la pena di morte per apostasia o blasfemia. Il rapporto descrive ed esamina criticamente "le uccisioni sancite dallo Stato sulla base dell'offesa religiosa e dell'identità religiosa", nei 12 paesi che prevedono la pena di morte per reati contro la religione. Il Relatore Speciale sulla libertà di religione o di credo riassume il rapporto come un "feroce atto d'accusa contro l'eccesso di diritto penale, dove il potere dello Stato viene esercitato per uccidere individui per aver offeso le dottrine religiose".
Il rapporto descrive la pena di morte in questi paesi come "la punta dell'iceberg" e descrive come le esecuzioni extragiudiziali e le uccisioni da parte di gruppi estremisti, "dimostrano come molti stati si stanno rendendo complici dell'uccisione di coloro che si ritiene abbiano offeso la religione, sia con parole, azioni o associazioni".
I gruppi della società civile concludono la lettera affermando il loro impegno affinché l'abrogazione di queste leggi sia portata a termine ed esortano il Segretario Generale a seguire l'esempio del Sudan - che ha abrogato la sua legge sull'apostasia nel 2020 - e ad agire prontamente perché "promuovere il diritto alla vita e alla dignità non può mai arrivare troppo presto".
Jubilee Campaign è un'organizzazione no-profit che promuove i diritti umani e la libertà religiosa delle minoranze etniche e di fede nei paesi più oppressivi. Assistiamo gli individui che cercano asilo dalle persecuzioni religiose e promuoviamo la cura e il benessere di grandi gruppi di rifugiati in fuga dalle persecuzioni.
Lettera al Segretario Generale dell'Organizazione per la Cooperazione Islamica (OIC)