Il diritto di credere e non credere

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La Suprema Corte di Cassazione sulla propaganda dell’UAAR: vietato discriminare atei e agnostici nella professione del loro credo 'negativo'.

Si possono condividere o meno le idee e approvare o meno le iniziative dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), ma hanno certamente il diritto inalienabile di credere (e non credere) quel che gli pare e manifestare liberamente le loro idee.

Diritto sacrosanto sancito dalla Carta Costituzionale (art. 21), ma tutt’altro che scontato. Infatti, per affermare questo diritto e poter affiggere alcuni manifesti con i quali esprimevano la loro idea, hanno dovuto dar battaglia legale per sette anni e far ricorso fino alla Suprema Corte avverso a precedenti sentenze censuranti.

Finalmente, il 29 novembre 2019 la Prima Sezione della Cassazione Civile ha chiarito che atei e agnostici hanno lo “stesso diritto paritario dei fedeli delle diverse religioni di professare il loro credo ‘negativo” ed è quindi “vietato discriminarli nella professione di tale pensiero” del quale possono fare “libera propaganda”.

Per il “principio supremo di laicità dello Stato deve essere garantita la pari libertà di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente".

È preoccupante che in un paese civile di debba combattere per anni e risalire la struttura del potere giudiziario fino al vertice per vedersi riconosciuto un diritto che la prima legge dello Stato garantisce fin dal 1948.

 Qui l’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione.

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Il manifesto oggetto della controversia

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