La decisione di una scuola pubblica di concedere ai suoi studenti (molti dei quali musulmani) un giorno di vacanza per Eid al Fitr ha generato inutili controversie.
di Alessandro Amicarelli — Il 17 marzo 1861, con la proclamazione a Torino del nuovo Regno d'Italia, frutto dell'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna, iniziò la prima fase dell'Italia unita. Era un nuovo stato sovrano con la Casa di Savoia alla guida e la religione cattolica romana come religione di stato.
Nel 1866, il Regno Lombardo-Veneto fu sottratto all'Austria-Ungheria. Nel 1870, il Regno d'Italia invadendo Roma annetté lo Stato Pontificio, creando un conflitto con la Chiesa cattolica romana che durò fino al 1929, quando Mussolini stipulò un Concordato con il Vaticano.
Nel 1915 l'Italia entrò nella Prima guerra mondiale. La vittoria significò sottrarre all'Impero Austro-Ungarico, sostenendo che fossero territori italiani, la provincia di Trento, l’Alto Adige e il litorale corrispondente all'odierno Friuli orientale e Trieste, così come l'Istria e la Dalmazia (che poi perse contro la Jugoslavia dopo la sconfitta dell'Italia nella Seconda guerra mondiale).
Le riforme del governo Giolitti, compreso il suffragio universale maschile nel 1915, minarono notevolmente lo status quo e gettarono le basi per l'ascesa al potere di Mussolini con la Marcia su Roma del 1922 e la vittoria fascista alle elezioni del 1924. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, l'Italia si impose territorialmente e si presentò al mondo come una grande potenza, che presto sarebbe stata conquistata da Mussolini.
Prima socialista e poi fondatore del fascismo, Mussolini, in contrasto con le politiche socialiste anticlericali che aveva sostenuto da giovane politico, comprese che il clero e la Chiesa potessero essere uno strumento per aumentare la sua popolarità nel Regno d'Italia. A sua volta la Chiesa cattolica, ormai priva del potere temporale dello Stato Pontificio e fortemente impoverita, vide in Mussolini una sorta di "instrumentum regni" per riaffermarsi nel Paese.
Benché fortemente cattolica come nazione, la ferita tra Stato e Chiesa, causata dall'invasione italiana di Roma del 20 settembre 1870, fu sanata solo nel 1929 quando Mussolini, con i Patti Lateranensi, stipulò il Concordato che regolava le relazioni dell'Italia con il Vaticano. I Patti Lateranensi diedero inizio a un nuovo periodo di supremazia incontrastata della Chiesa cattolica nel Regno d'Italia.
I Patti Lateranensi furono firmati da Benito Mussolini per la parte italiana e dal cardinale Pietro Gasparri per il nascente Stato della Città del Vaticano l'11 febbraio 1929. Mussolini fu chiamato dalla Chiesa "l'Uomo mandato dalla Provvidenza" e la firma dei Patti nel giorno della festa della Madonna di Lourdes, l'11 febbraio, fu interpretato come un presagio provvidenziale.
Fotografia commemorativa della firma dei Patti Lateranensi, 11 febbraio 1929. Credits.
L'articolo 1 del Concordato stabiliva che «l'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell'articolo 1 dello Statuto del Regno del 4 marzo 1848, per il quale la religione cattolica, apostolica e romana è l'unica religione dello Stato».
Con la caduta del fascismo, ebbe inizio una nuova fase in cui la Monarchia fu destituita con un referendum, dando vita alla Repubblica Italiana nel 1946. La Costituzione repubblicana entrò in vigore nel 1948.
La rottura con le istituzioni monarchiche che avevano guidato l'affermazione e l'espansione della nazione per ottantacinque anni, tuttavia, non comportò per la nuova Italia repubblicana una rottura con la Chiesa cattolica, che invece maturò una posizione di prevalenza e privilegio nel Paese. Infatti, la Repubblica non rinunciò all'identità cattolica della nazione e non volle minare le relazioni dell'Italia con la Santa Sede, uno Stato sovrano riconosciuto come tale da Mussolini. L'articolo 7 della nuova Costituzione, tuttora in vigore, recita: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».
Con l’avvento della Repubblica anche l'articolo 1 dello Statuto del Regno del 1848 rimase pienamente in vigore. La Repubblica intendeva lasciare invariate le relazioni tra l'Italia repubblicana e la Chiesa cattolica esattamente come plasmate da Mussolini nel 1929, senza mai mettere in discussione il ruolo della Chiesa nel Paese né la legittimità dell'esistenza della Santa Sede come Stato sovrano e autonomo.
Fu solo il 18 febbraio 1984 che l'Italia repubblicana, accantonato il Risorgimento e la monarchia – il cui ultimo re, Umberto II, era morto in esilio l'anno precedente, il 19 marzo 1983 – prendendo atto che il mondo stava cambiando e che l'Italia doveva adattarsi ai cambiamenti in atto nelle società occidentali, attuò la decisione di diventare uno Stato laico, almeno sulla carta.
Il 18 febbraio 1984 il Presidente del Consiglio Bettino Craxi per la parte italiana e il Cardinale Agostino Casaroli per la parte vaticana firmarono a Roma, a Villa Madama, il nuovo accordo che modificava il Concordato firmato nel 1929 nell'ambito dei Patti Lateranensi, dando inizio a un nuovo corso per la nazione (la foto ritrae il momento della firma, credits).
Tuttavia, nonostante le grandi aspettative da parte dei fautori di una maggiore laicità e le critiche da parte degli ambienti cattolici conservatori, dopo quarant'anni da quella data, poco è cambiato in termini di posizione della Chiesa cattolica. Pur avendo perso l'influenza che aveva in passato, la Chiesa ha mantenuto una posizione dominante tra le religioni presenti nel Paese. Ciò che si nota maggiormente in Italia è il diverso trattamento riservato alle altre confessioni religiose e ai loro membri.
A questo proposito, è interessante ricordare che il Re Carlo Alberto di Savoia, ancor prima dell'Unità d'Italia, aveva concesso le Lettere Patenti ai Valdesi (la più antica denominazione protestante d'Italia) e agli Ebrei nel 1848. L'articolo 8 della Costituzione italiana sancisce l'uguaglianza di tutte le confessioni religiose, rispetto alle quali viene spesso usata l'espressione "acattoliche", pur riaffermando il ruolo storico speciale della Chiesa cattolica romana nel Paese. Le altre religioni, tuttavia, dovrebbero avere gli stessi diritti e doveri, purché organizzate pacificamente.
Tuttavia, nella pratica attuale, le minoranze religiose in Italia sono state trattate in modo molto diverso sia nella vita quotidiana che nei loro rapporti con le istituzioni statali. Queste ultime hanno spesso contrastato la possibilità stessa di esistenza di queste organizzazioni, vedendo in esse dei concorrenti sgraditi alla principale confessione che in realtà in molti nel Paese considerano ancora la Religione Ufficiale.
Nel 2016, un manuale di storia e geografia in uso nelle scuole superiori proclamava ancora che "La religione ufficiale della nostra Repubblica è il cattolicesimo" (L. Pepe, V. Novembri, E. Galimberti, Mirabilia. Percorsi integrati di storia e geografia, prima edizione, volume 1, Milano: Le Monnier Scuola, 2016, pag. 249).
Il fatto che il cattolicesimo romano fosse fino a poco tempo fa considerato la religione ufficiale dello Stato e trattato come tale è confermato dall'articolo 402 del codice penale, rubricato "Vilipendio della religione di Stato", che prevedeva fino ad un anno di carcere per chiunque offendesse la Chiesa cattolica. Solo nel 2000, 52 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, la Corte Costituzionale ha stabilito con la sentenza n. 508/2000 che tale disposizione fosse illegittima sotto il profilo costituzionale.
Negli ultimi quarant'anni, in Italia sono state sollevate molte questioni relative al principio di laicità dello Stato, dalla richiesta di rimuovere i crocifissi da luoghi pubblici come tribunali e scuole, alla richiesta di evitare l'installazione di presepi e di intonare canti natalizi o tenere recite nelle scuole pubbliche, e molto altro ancora.
La posizione di coloro che sostengono la laicità è che ogni tipo di simbolo e rappresentazione religiosa dovrebbe essere esclusa all'interno delle istituzioni pubbliche, sulla falsariga di quanto avviene nella Francia laica.
La posizione, invece, di coloro che vogliono mantenere simboli e rappresentazioni religiose (cioè cattoliche), enfatizza il diritto degli italiani di onorare le proprie tradizioni religiose. Affermano inoltre che in ogni caso le famiglie degli alunni, per quanto riguarda le scuole, hanno il diritto di autodeterminare l'organizzazione scolastica e il suo rapporto con le tradizioni religiose..
Sono decenni che ascoltiamo queste argomentazioni che non sono mai giunte a una conclusione, almeno fino a quando, nel 2011, la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo si è pronunciata sul caso "Lautsi contro l’Italia" esprimendosi a favore del diritto di tenere i crocifissi nelle aule scolastiche italiane considerandoli come simboli culturali e non puramente religiosi.
Sembra che il detto tertium non datur sia particolarmente rilevante in Italia, poiché non sembra essere possibile trovare una terza via come esiste in altre nazioni, come ad esempio il Regno Unito, che pur avendo una Religione di Stato, garantisce piena libertà di religione e diversità all'interno delle scuole, comprese le scuole pubbliche.
Prendiamo in esame la controversia che ha fatto seguito negli ultimi giorni alla decisione di una scuola, l'Istituto Comprensivo "Iqbal Masih" di Pioltello (Milano) di consentire agli studenti musulmani di celebrare la fine del mese di Ramadan (Eid al Fitr) a casa tenendo chiusa la scuola il 10 aprile 2024.
La decisione presa dal consiglio scolastico con l'accordo dei genitori ha fatto seguito alla constatazione che negli anni precedenti nel giorno dell'Eid al Fitr gli studenti musulmani non frequentavano le lezioni. Dal momento che gli studenti musulmani sono molto numerosi in quella scuola, il preside ha deciso che la chiusura per quel giorno fosse la scelta più corretta.
Le scuole hanno a disposizione tre giorni all'anno da utilizzare come meglio credono, oltre alle festività istituzionali in cui le scuole sono chiuse secondo un calendario nazionale, come per le vacanze di Natale e Capodanno tra dicembre e gennaio e per la Pasqua cattolica a marzo o aprile, oltre che per le festività laiche come il 25 aprile (Festa della Liberazione, che celebra la fine del fascismo) e il 1° maggio (Festa dei Lavoratori).
Ritengo che la scelta dell'istituto Iqbal Masih sia una scelta di maturità e di coscienza che non è in alcun modo in conflitto con la legislazione vigente. Al contrario, la rispetta, non mina i principi della laicità dello Stato, e anzi onora la differenza che dovrebbe essere normale e auspicabile in un Paese democratico e laico che sostiene una sostanziale uguaglianza.
Così come una scuola in cui la maggioranza degli studenti cattolici può influenzare le attività dell'istituto attraverso, ad esempio, l'installazione di un presepe nel periodo natalizio, non è affatto scandaloso che una scuola decida che sia opportuno chiudere per le celebrazioni private dell'Eid al Fitr degli studenti musulmani.
Va notato che la scuola non celebra la festività islamica, ma rimane semplicemente chiusa per un giorno in corrispondenza della data in cui cade la fine del Ramadan. Altre scuole, anzi la maggior parte di esse, celebrano in qualche modo le festività cattoliche nei locali della scuola.
La differenza non è insignificante se si vogliono evidenziare i presunti rischi per la laicità dello Stato nel permettere un giorno di chiusura per venire incontro alle esigenze degli studenti musulmani.
A nulla sono valse le polemiche che hanno fatto seguito a questa decisione, che hanno portato a un intervento contro la scuola da parte delle autorità scolastiche nazionali e regionali, criticate però dalla diocesi cattolica di Milano, che ha lodato la scelta della scuola come "adeguata alla realtà sociale di Pioltello"). La decisione della scuola non contrasta con il principio di laicità dello Stato. Gli individui e i partiti politici che hanno sollevato le critiche contro la scuola non hanno mai sostenuto la laicità quando si trattava di installare presepi nelle scuole, o di tenere le scuole chiuse per due settimane nel periodo natalizio o in altre festività cattoliche. Infatti, le stesse forze che in questi giorni denunciano che la decisione della scuola potrebbe mettere in pericolo la laicità dello Stato, in passato hanno insistito assiduamente sull'opportunità di tenere crocifissi e presepi nelle scuole e in altri luoghi pubblici per riaffermare l'identità cattolica della nazione.
È palese come la controversia sia fine a sé stessa, forse influenzata da paura per la diversità o da un semplice sentimento anti-islamico, se non dalla necessità per alcuni partiti politici di raccogliere consensi e voti in vista delle quasi imminenti elezioni europee del prossimo giugno.
L'Italia, in virtù della sua storia e della sua diversità, merita un maggiore rispetto, così come meritano un maggiore rispetto le comunità religiose minoritarie. Il principio della laicità dello Stato deve essere attuato in modo maturo, non certo seguendo il sistema laicista che punisce e discrimina tutte le forme di religione come se fossero nemiche dello Stato, né seguendo il sistema teocratico che impone un modello religioso su tutti gli altri.
A 163 anni dalla nascita dell'Italia e a 78 dalla nascita della Repubblica, la scelta della scuola Iqbal Masih di concedere agli alunni un giorno di riposo per celebrare la fine del Ramadan con le loro famiglie, in conformità con la normativa vigente, è da lodare, sia che alla fine la scuola sarà in grado di mantenere o meno la chiusura in quella data.
Consentitemi di concludere con una domanda: è meglio un Paese con un rigido sistema di laicità che soffoca tutte le espressioni religiose, o un Paese che, pur rispettando le proprie tradizioni, culturali e religiose, rispetti anche le minoranze e celebri la diversità?
Personalmente spero che questo possa essere l'inizio di una nuova fase per l'Italia, in cui la diversità sia accettata e non soffocata in nome della paura e del pregiudizio, o della supremazia di alcuni su altri.