Libertà di credo e coscienza: i pericoli del ritornello antisette

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il pifferaio magico

È necessario confutare una volta per tutte un ritornello che alcuni gruppi antisette stanno pericolosamente diffondendo ai danni della libertà di credo e coscienza: le “sette” violerebbero i diritti umani, e chi difende i diritti umani non dovrebbe “difendere le sette”. Innanzitutto, ribadiamo ancora una volta che per “setta” s'intende una minoranza religiosa antipatica a chi parla, ed è un termine privo di qualsiasi valore scientifico.

Per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, l'affermazione è particolarmente pericolosa, proprio perché tali violazioni nei gruppi religiosi esistono, come del resto avviene purtroppo in ogni settore, e sono state riscontrate e documentate. Limitandole arbitrariamente alle “sette” senza neppure saper definire cosa siano, si corrono essenzialmente due rischi. Il primo è quello di diffondere panico morale su gruppi specifici, alimentando la paura nell'opinione pubblica e la discriminazione in assenza di dati concreti. Il secondo è quello di ascrivere il problema a determinate realtà, assolvendone automaticamente altre.

Chi crede nella libertà di credo e coscienza vuole una libertà della religione, ma anche dalla religione, e ritiene che le due cose non siano in conflitto, ma anzi procedano di pari passo. In uno Stato in cui ogni scelta individuale è tutelata dalle pari opportunità, si hanno basi per combattere gli abusi: se tale tutela è assente, anche difendersi diventa difficile.

Per quanto riguarda confessioni maggioritarie e minoritarie, esistono delle ovvie differenze, che però non possiamo comprendere in virtù di una infondata demarcazione tra religione e setta, bensì grazie a un briciolo di razionalità. La maggioranza è troppo grande, la minoranza troppo piccola: è arduo arrivare alla verità quando ci si scontra con le resistenze di una grande istituzione e lo è altrettanto quando si cerca di ricollegare i fili di un piccolo intreccio di relazioni private e nascoste.

Ricorrere all'insulto contro il clero nel primo caso e alla paranoia del plagio e delle sette nel secondo non ha mai aiutato a risolvere il problema. È innegabile invece che eliminando i privilegi di certi gruppi maggioritari e facendo uscire dal buio alcune realtà minoritarie si verrebbe incontro al tempo stesso sia alle pari opportunità che all'identificazione delle responsabilità, individuali o collettive che siano.

Un esempio è dato dal problema dell'estremismo islamico. Discriminare l'intera confessione e ostacolarne la libertà di culto non ha portato alcun vantaggio, eppure si continua a fare politiche in quella direzione. La storia dei gruppi che hanno maturato l'Intesa col governo c'insegna invece che i primi a non volere estremismi o abusi al loro interno sono proprio quei movimenti che hanno impiegato anni a ottenere un riconoscimento che consentisse ai membri di esercitare il culto senza restrizioni, sviluppando così gli anticorpi più robusti.

Non è molto saggio chiudere le moschee e costringere i fedeli a riunirsi in uno scantinato, se si vuol ostacolare i reclutamenti del terrorismo internazionale. Perché in ogni caso il problema è il buio. E questo vale per ogni forma di violazione dei diritti umani, anche in ambito religioso, sia ai danni delle organizzazioni religiose, sia quando sono queste a perpetrare abusi. L'antidoto al buio è, ovviamente, la luce del sole: la regolarizzazione, la trasparenza.

Una legge per la libertà religiosa in cui i diritti dei singoli credenti, non credenti e atei siano ugualmente tutelati, e i gruppi religiosi e spirituali abbiano gli stessi diritti e doveri. In alternativa, si può mantenere la legislazione fascista sui culti ammessi tuttora in vigore, o restaurarla ulteriormente, visti i risultati, reintroducendo il reato di plagio voluto dal codice Rocco: ma forse è meglio lasciare simili tesi ai gruppi antisette – e ai nostalgici del Ventennio.

La realtà attuale? Il prete cattolico “antisette” che è incaricato di difenderci dalle “sette” come referente dell'apposita Squadra della Polizia di Stato tiene annualmente convegni sulle sette presso l'Ateneo Regina Apostolorum dei Legionari di Cristo, il gruppo religioso che sconvolse Giovanni Paolo II per via dell'inaudita mole di abusi sessuali sui minori compiuti dal fondatore e non solo, tuttora sotto inchiesta da parte del Vaticano. È questo il modo in cui i gruppi antisette vorrebbero tutelarci dagli abusi?

Camillo Maffia