
La tanto declamata libertà del web non è poi così libera, come testimonia il progetto di legge europeo European Chat Control per “sorvegliare” le chat dei suoi cittadini. In Nigeria, poi, dove vige una stretta osservanza della Sharia, condividere su WhatsApp una canzone contenete le proprie opinioni sul profeta Maometto, opinioni non condivise dai musulmani che seguono la Sharia, ha come conseguenza la condanna a morte tramite impiccagione pubblica, affinché sia da monito ai blasfemi. La scioccante vicenda vede come protagonista Yahaya Sharif-Aminu, un giovane musicista sufi reo, agli occhi dei giudici integralisti islamici, di aver offeso il profeta Maometto. Del caso se ne sono occupati in tanti, tra cui l'USCIRF e Amnesty International, oltre ad ADF International, che sta offrendo assistenza legale a Yahaya e ad altre vittime del regime Nigeriano. Segue un resoconto tratto dal sito web di ADF International.
Il Procuratore dello Stato nigeriano minaccia di giustiziare pubblicamente un giovane per aver inviato una canzone su WhatsApp
- Dopo oltre cinque anni di detenzione, si è tenuta presso la Corte Suprema nigeriana la prima udienza del processo per blasfemia contro Yahaya Sharif-Aminu, accusato di aver pubblicato messaggi su WhatsApp. Il procuratore dello Stato ha dichiarato: «Lo giustizieremo pubblicamente».
- ADF International sostiene Yahaya nella sua lotta per la giustizia e l'abrogazione delle leggi sulla blasfemia in Nigeria.
ABUJA (26 settembre 2025) – Ieri la Corte Suprema della Nigeria ha tenuto la sua prima udienza nel caso di Yahaya Sharif-Aminu, un giovane musicista sufi condannato a morte nel 2020 nello Stato di Kano, in Nigeria, con l'accusa di aver condiviso su WhatsApp i testi di una canzone ritenuti blasfemi. Questo segna il primo passo nel suo ricorso dinanzi alla più alta corte del Paese, a più di cinque anni dalla sua incarcerazione. La Corte Suprema ha accolto il ricorso di Sharif-Aminu.

Yahaya Sharif-Aminu
Subito dopo l'udienza, Lamido Abba Sorondinki, rappresentante del Governo dello Stato di Kano, ha parlato esplicitamente dell'intenzione dello Stato di giustiziare pubblicamente Sharif-Aminu, qualora la Corte Suprema si pronunciasse a favore dello Stato di Kano: «Questo ricorrente ha pronunciato frasi blasfeme contro il Santo Profeta, che il governo dello Stato di Kano non tollererà. Se la Corte Suprema confermerà la decisione del tribunale di primo grado, lo giustizieremo pubblicamente». Questa dichiarazione agghiacciante sottolinea l'estrema severità delle leggi sulla blasfemia, della Nigeria settentrionale, che continuano a minacciare la vita delle minoranze religiose e a mettere a tacere la libertà di espressione.
«La Corte Suprema della Nigeria si trova ad affrontare una vera e propria questione di vita o di morte. Nessuno dovrebbe essere condannato alla pena di morte per aver condiviso pacificamente il testo di una canzone. In grave violazione dei suoi diritti umani fondamentali, Yahaya ha trascorso più di cinque anni in carcere per un messaggio pacifico inviato tramite WhatsApp», ha affermato Sean Nelson, consulente legale di ADF International. «L’udienza di ieri alla Corte Suprema è il passo successivo per ottenere giustizia per lui e proteggere il suo diritto alla libertà di espressione e alla libertà religiosa e, di conseguenza, quello di ogni persona in Nigeria. Questo caso non riguarda solo un giovane. Si tratta di stabilire se milioni di nigeriani possano o meno condurre una vita libera dalla paura sotto leggi ingiuste sulla blasfemia».
«Per troppo tempo le leggi sulla blasfemia sono state utilizzate in modo improprio per perseguitare e colpire le minoranze religiose. È ora che la Corte prenda una decisione che difenda il diritto alla libertà religiosa in Nigeria», ha affermato Kola Alapinni, avvocato nigeriano specializzato in diritti umani e principale difensore di Yahaya Sharif-Aminu.
Background
Nel marzo 2020, Yahaya-Sharif Aminu, un musulmano sufi dello Stato di Kano, ha condiviso su WhatsApp il testo di una canzone che alcuni hanno ritenuto blasfemo. Le autorità locali lo hanno arrestato, mentre un gruppo di persone ha incendiato la sua casa. Il 10 agosto 2020, un tribunale della Sharia lo ha giudicato colpevole di blasfemia e lo ha condannato a morte per impiccagione.
Nel gennaio 2021, la Corte ha annullato la condanna, citando gravi vizi procedurali, tra cui la mancanza di rappresentanza legale durante il processo originale. Tuttavia, l'Alta Corte ha ordinato un nuovo processo, in cui Sharif-Aminu avrebbe dovuto affrontare la stessa pena di morte prevista dalla legge sulla blasfemia. Dopo che una Corte d'Appello ha confermato la decisione di ripetere il processo nel 2022, Yahaya Sharif-Aminu ha presentato ricorso alla Corte Suprema della Nigeria.
Sharif-Aminu è rimasto in carcere per oltre cinque anni e attualmente è in attesa di una sentenza della Corte Suprema. Nel suo ricorso, Sharif-Aminu chiede ora alla Corte non solo di liberarlo, ma anche di dichiarare incostituzionale la legge dello Stato di Kano che prevede la pena di morte per blasfemia, sostenendo che essa viola la Costituzione della Nigeria e gli impegni internazionali a tutela della libertà di religione e di espressione.
Leggi sulla blasfemia in Nigeria
Le leggi sulla blasfemia della Nigeria, applicate in particolare nella regione settentrionale del Paese, prevedono pene severe, compresa la pena di morte. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno ripetutamente chiesto la loro abrogazione. Il caso di Yahaya dinanzi alla Corte Suprema evidenzia l'urgente necessità di una riforma per proteggere la libertà di religione e di credo.
Il ricorso presentato da Yahaya alla Corte Suprema potrebbe portare all'abolizione delle severe leggi sulla blasfemia basate sulla Sharia nel nord della Nigeria, consentendo così ai cristiani convertiti, ai musulmani appartenenti a minoranze e ad altri gruppi di avere maggiori possibilità di parlare liberamente della propria fede e di essere protetti dalla violenza, spesso letale, che accompagna le accuse di blasfemia.
Il Parlamento Europeo ha già chiesto due volte il rilascio di Yahaya, adottando una risoluzione d'urgenza sul suo caso. È raro che il Parlamento Europeo sollevi due volte lo stesso caso, il che dimostra la gravità e l'importanza della situazione in cui si trova Yahaya. Anche il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria ha stabilito che la detenzione di Yahaya vìola i diritti umani riconosciuti a livello internazionale. All'inizio di quest'anno, la Corte regionale dell'Africa occidentale, la Corte ECOWAS, ha dichiaratoto che le leggi della Nigeria sulla blasfemia vìolano il diritto internazionale e la Carta africana, chiedendo l'abrogazione delle leggi sulla blasfemia. La Corte ECOWAS ha basato la sua decisione in gran parte sul caso di Yahaya Sharif-Aminu.
Fonte: ADF International