Quanto costa e a che serve la Squadra Anti Sette? Interrogazione radicale

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caccia alle streghe

Mentre sulla Polizia di Stato si sono abbattuti tagli consistenti che si ripercuotono sulle esigenze più immediate e quotidiane delle nostre forze dell’ordine, restano in piedi squadre e consulenti sulla cui utilità non tutti sono d’accordo. Su questo tema i Radicali sono intervenuti, il 5 novembre, con un’interrogazione parlamentare: il senatore Marco Perduca si è rivolto ai Ministri dell’Interno, della Giustizia e del Lavoro e delle Politiche Sociali per sapere quanto costa il Dipartimento Anti-sette della Polizia di Stato, in relazione alle competenze accademiche dei suoi referenti e alla sua necessità in base alla casistica in cui il fenomeno delle “sette” incide sull’ordine pubblico.

Le domande poste al governo mettono in risalto alcune contraddizioni. La Costituzione sancisce che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”: eppure, esiste un apposito settore della Polizia di Stato che si occupa di monitorare dei culti, senza però che mai si sia specificata la linea di confine tra una religione e una setta. L’etimologia latina (da seco) non ci viene in aiuto. Secondo le sue origini, la parola indica il risultato di una scissione all’interno di un sistema di fede, che produce una confessione autonoma. In questo senso, il cristianesimo nacque come setta dell’ebraismo, e fu duramente perseguitato. La setta sembrerebbe allora qualcosa da proteggere, come una minoranza all’interno di una manifestazione religiosa che, in quanto tale, deve essere tutelata: e dunque un nucleo da difendere due volte, perché più debole.

Nel linguaggio comune, invece, il termine “setta” indica gruppi religiosi che destano sospetto per le loro attività. La casistica con cui simili fenomeni si presentano è estremamente discussa. Nel caso delle Bestie di Satana, per esempio, si è parlato di “setta satanica”: si trattava però di ragazzi che non erano in alcun modo organizzati come culto. Non c’era alcun libro sacro, né rituali segreti, né tantomeno una liturgia. (Si dirà che hanno ucciso in nome dell’Inferno: per quanto possa essere imbarazzante ammetterlo, la storia c’insegna che mai tante vittime sono state massacrate nel nome di Belzebù di quanto sangue sia stato versato per la gloria di Cristo. Questo, se vogliamo, perché non è Dio né il Diavolo ad armare la mano dell’assassino).

La nostra Costituzione non tollera limitazioni alla libertà di culto, così come la Carta dei Diritti dell’Uomo, e il Consiglio d’Europa ha raccomandato espressamente di non utilizzare il termine 'sette', che ha assunto un connotato decisamente dispregiativo. A quanto ci risulta la Squadra ha compiuto numerosi errori giudiziari, che hanno suscitato un clamore inutile e dannoso, mentre era coordinata prevalentemente dal Forum Anti-sette: sembra però che le associazioni che compongono questo Forum abbiano una finalità politica precisa, la reintroduzione del reato di plagio di epoca fascista, contro il quale si schierò, isolato, Marco Pannella nel noto (e atroce) caso Braibanti, e che fu poi abolito per incostituzionalità”, ha spiegato Perduca.

In Belgio, ad esempio, la situazione è se possibile ancora più delicata: pauvre Belgique!, avrebbe detto Baudelaire, se solo avesse saputo che nella lista delle “sette pericolose” di quel paese figura nientemeno che la Comunità di Sant’Egidio. Anche da noi, però, le polemiche non mancano. Il Forum italiano, come fa notare Perduca nell’interrogazione presentata insieme alla sen. Donatella Poretti, è membro del FECRIS (un organismo francese che è stato al centro di varie polemiche legate all’intolleranza religiosa), ed è composto prevalentemente da quattro associazioni: Associazione ricerca e informazione sulle sette - ARIS, Centro studi abusi psicologici - CeSAP, Familiari vittime delle sette - FAVIS e Giù Le Mani dai Bambini. Su questi spicca don Aldo Buonaiuto della Comunità Giovanni XXIII come consulente principale, tanto che il servizio anti-sette, dotato anche di numero verde, messo a disposizione dalla Comunità rientra nella circolare stessa con cui la Squadra Anti-sette è stata istituita, nel 2006, dall’allora capo della polizia Giovanni De Gennaro.

Data l’ambiguità di alcuni elementi, come il fatto che il principale consulente della Squadra per il monitoraggio dei culti minoritari ci risulta essere un prete cattolico, e la difficoltà della crisi che ha causato di recente gli ennesimi tagli alla Polizia di Stato, chiediamo al governo di chiarire i costi di questo dipartimento, e la competenza accademica dei suoi referenti. Se l’attività di questa Squadra dovesse risultare non necessaria o non compatibile con i principi costituzionali in merito alla tolleranza religiosa, non sarebbe meglio dirottarne i fondi a settori di indiscutibile utilità sociale delle forze dell’ordine, come quello penitenziario?”, ha chiesto Perduca.

In effetti, che un sacerdote della religione maggioritaria sia consulente della Polizia di Stato per stabilire se una confessione minoritaria è pericolosa o meno crea un precedente discutibile; e quando don Buonaiuto, ospite al programma “Vade Retro”, si scaglia contro la festa di Halloween e il paganesimo di ritorno, fa sorgere alcuni dubbi sulla sua imparzialità, tanto più che il suo esordio come collaboratore delle forze dell’ordine è stato con la setta satanica, rivelatasi mai esistita, “Angeli di Sodoma”, nome assegnato alla presunta organizzazione dallo stesso Buonaiuto sulla base di alcuni scritti di un imputato. Perché quattro anni dopo il caso la Polizia di Stato ha ritenuto opportuno aprire un apposito dipartimento anti-sette che avesse proprio lui come referente principe?

Neanche le altre associazioni che compongono il Forum Anti-sette sono state esenti da polemiche. L’ARIS fu fondata da Ennio Malatesta, il quale assurse all’onore delle cronache nel 1988 dichiarando di voler aiutare i genitori a “deprogrammare i giovani figli caduti nelle mani delle sette”. La prima interrogazione parlamentare sull’operato dell’ARIS è del 1989, in cui si domanda, fra l’altro, “se non si ravvisino nell’ARIS gli estremi di un’associazione anticostituzionale ed insidiosa per le libertà personali, posto che il suo presidente Ennio Malatesta risulta indiziato di sequestro di persona (rapimento Pesce, Procura della Repubblica di Brescia) e si è anche pubblicamente espresso a favore della cosiddetta “de-programmazione”, nonché del de-programmatore Martin Fayers, ricercato da Scotland Yard e recentemente arrestato dalla polizia svizzera per sequestro di persona”.

Il CeSAP si può ricordare per le consulenze nel caso Arkeon, in cui una studiosa di fama internazionale, Raffaella Di Marzio, come ricorda Perduca, “agli interroganti risulta essere stata accusata di associazione a delinquere per il solo fatto di aver condotto studi su un gruppo al centro di indagini della SAS, accusa poi archiviata dal Giudice per le indagini preliminari per infondatezza della notizia di reato in data 8 marzo 2011”. Assolto anche il fondatore di Arkeon, Vito Carlo Moccia.

Il FAVIS, che come gli altri referenti si “batte” per la reintroduzione del reato di plagio, fu fondato da Maurizio Alessandrini, sulla base di una dolorosa esperienza personale: la storia di suo figlio, “plagiato e irretito dalla setta distruttiva”. Recentemente però il figlio si è sfogato, nel corso di un’intervista rilasciata a una televisione di Rimini, in merito alla sua infanzia difficile, ai problemi col padre stesso, al fatto che non appena entrato nel gruppo “distruttivo” sia stato immediatamente identificato come “plagiato” da Alessandrini al punto che questi decise di fondare un’associazione contro la manipolazione mentale; e ha raccontato di come, nel tentativo di fare di lui un emblema della pericolosità delle sette, il padre gli abbia fatto terra bruciata intorno nella comunità in cui viveva, tanto da spingerlo a trasferirsi.

È doveroso precisare che si tratta di episodi familiari dolorosi e che meritano il massimo del rispetto e del riserbo, anche da parte della stampa; tanto più che le versioni discordanti, in simili vicende, sono proprie delle dinamiche stesse in cui si sviluppano, e di rado ci si trova davanti a una verità assoluta contrapposta ad un’assoluta menzogna, mentre più comunemente la percezione degli eventi da parte dei protagonisti differisce a un punto tale da portare un padre e un figlio, così come una moglie e un marito o due fratelli, a narrare racconti incompatibili tra loro. La domanda che rimane però è la seguente: lo Stato italiano, una volta stabilita la necessità (non ancora, a quanto pare, sufficientemente dimostrata) di aprire un dipartimento apposito della Polizia per combattere le “sette”, non disponeva di un illustre accademico, riconosciuto come punto di riferimento imparziale per la comunità scientifica, a cui rivolgersi per eventuali consulenze data soprattutto la delicatezza del tema? Vengono in mente vari nomi: uno fra tutti, Massimo Introvigne, presidente del CESNUR e coordinatore dell’Osservatorio sulla Libertà religiosa.

Era proprio necessario, viene da chiedersi, scegliere referenti profondamente influenzati da dolorose esperienze personali affinché coordinassero le indagini di polizia, ribadendo il massimo rispetto per le loro vicende individuali? Lo stesso Aldo Verdecchia fondò Giù le Mani dai Bambini convinto che il figlio di due anni, affidato alla madre dal tribunale dei minori, fosse stato plagiato da una “setta di degenerati morali, pornografi e plagiatori, collusa con autorità giudiziarie, politiche e religiose", "adescato dalla setta e portato via per ordine della magistratura", la quale lo avrebbe poi di proposito "trascinato a vivere in una comunità dove si celebrano riti d’incarnazione, si praticano sedute spiritiche, si consumano sordidi incontri fra adulti e minori”, tanto da considerare “un miracolo” che la setta “non abbia fatto saltare in aria” la sua fabbrica di caramelle, secondo quanto dichiarato dall’industriale al quotidiano “Il Giornale”.

Si tratta sicuramente di drammi difficili da affrontare. Le separazioni coniugali sono dolorose, e la religione, purtroppo, crea a volte solchi tanto profondi quanto le ferite che sa guarire. Siamo sicuri che la Polizia di Stato, però, trovi un punto di riferimento sufficientemente cauto e garantista in una persona convinta che "i pedofili spesso fondano associazioni contro la pedofilia e i plagiatori associazioni contro il plagio" e che “l’Italia è diventata il paradiso dei plagiatori”?

Personalmente ho potuto constatare abbastanza le ripercussioni sul territorio, soprattutto nelle periferie delle metropoli, delle difficoltà che le forze dell’ordine si trovano ad affrontare in questo duro momento economico, da non riuscire a porre sullo stesso piano l’esigenza di proteggere i cittadini da furti, rapine, effrazioni, e la discussa necessità d’impedire alle “sette” di praticare la manipolazione mentale. Questa non è stata accettata come nozione dalla comunità scientifica, e non ci risulta che i gruppi religiosi abbiano, d’altro canto, alcuna particolare incidenza sui crimini comuni, al punto di poter equiparare l’allarme sociale generato, ad esempio, dalla criminalità organizzata, dal narcotraffico o dalla semplice delinquenza di strada a quello prodotto da culti e movimenti spirituali. La Polizia, peraltro, ha già gli strumenti necessari a intervenire sui casi di truffa, raggiro, abusi sessuali etc. senza bisogno di un dipartimento apposito.

Tanto più che, a ben vedere, ciò che salta più all’occhio quando si osservano i casi scatenati dai movimenti anti-sette è l’ingiusta incarcerazione di persone innocenti. I Bambini di Satana? Marco Dimitri fu assolto per insussistenza del fatto. I Testimoni di Geova accusati di esorcismo su minore? Assolti per lo stesso motivo (e difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti, fra l’altro, visto che la pratica è vietata dalla loro religione). Gli Angeli di Sodoma? Mai esistiti. Il caso Arkeon? Assolto il fondatore e anche la Di Marzio che era stata coinvolta. La setta satanica di Firenze per cui Elena Finocchi fu accusata di omicidio? Mai esistita se non nei diari di un’adolescente. Ananda Assisi? Tutti assolti con formula piena. Per quanto riguarda altre realtà, come ad esempio Scientology, vicende come quella di Maria Pia Gardini ci forniscono più domande che risposte sull’effettivo pericolo rappresentato dalle minoranze religiose, che i principi stessi su cui l’Italia e l’Unione Europea si fondano c’impongono, piuttosto, di tutelare.

Eppure, la gente ha paura. Ha paura per il panico morale che è stato creato e alimentato dai casi sollevati da associazioni che è difficile riconoscere come super partes, che hanno oggi un ruolo nelle indagini di polizia e che chiedono audizioni in Parlamento per reintrodurre un reato di cui abbiamo già visto gli effetti disastrosi con il caso Braibanti. Stando ai procedimenti che sono stati aperti negli ultimi dieci anni, sembra che chi appartiene a una minoranza religiosa possa essere inquisito con estrema facilità; e che chi non vi appartiene possa trovarsi coinvolto in indagini di polizia per via della musica che suona o dei pensieri che scrive.

Poi, certo, arriva l’assoluzione: ma dopo la gogna mediatica, il carcere preventivo, la gravità dell’impatto psicologico, economico e spirituale sulla vita degli innocenti coinvolti. Il termine “setta” stesso, occorre ricordare, è una forma di discriminazione. Lo Stato ha il dovere di tutelare la libertà di chi professa la propria fede, e punire i reati, laddove ce ne siano, in qualunque ambito si verifichino, che si tratti di un gruppo di preghiera, di una multinazionale o della gerarchia di una religione maggioritaria, senza distinzioni, perché la legge sia uguale per tutti e non diventi uno strumento di persecuzione della maggioranza sulle minoranze.

Accade invece che i soldi pubblici troppo spesso siano serviti a creare molto rumore per nulla; e quel che è peggio, si discute di questo mentre le forze dell’ordine rischiano la vita per proteggere i cittadini contando gli spicci per mettere la benzina alle volanti di tasca propria, e i mezzi della polizia penitenziaria sono obsoleti al punto di fermarsi per strada con i detenuti a bordo.

Ci auguriamo che il governo risponda alle domande poste nell'interrogazione da Marco Perduca. Nessuno lo spererebbe mai, ma se fosse vero che, nelle condizioni economiche in cui si trova il Paese, stipendiamo esperti tutt’altro che idonei per proteggerci da un pericolo che non esiste, se davvero avessimo pagato consulenze a un prete per dirci quali culti sono pericolosi e quali no, se fosse vero che finanziamo in modo cospicuo il panico morale ai danni dei principi della nostra Costituzione, significherebbe che avevano ragione i Monty Python: “Nessuno si aspetta l’Inquisizione spagnola”.

Camillo Maffia

Originariamente pubblicato Mercoledì, 14 Novembre 2012 13:53

Testata Agenzia Radicale