Trent'anni di attività della “Comunità Religiosa Islamica Italiana” (COREIS), con un ricordo dello Shaykh ‘Abd Al-Wahid Pallavicini

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Silvio Calzolari

Mercoledì 28 febbraio 2024, a Milano, presso l’Università Statale, in occasione dei trent’anni di attività della “Comunità Religiosa Islamica Italiana” (COREIS), si è svolto un importante convegno sul dialogo interreligioso che ha visto la partecipazione di studiosi e rappresentanti del mondo ebraico, cristiano ed islamico. Fra gli altri, erano presenti l’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, il Rabbino capo di Milano, Rav Alfonso Arbib, il Presidente della COREIS, Abu Bakr Moretta, e il Vicepresidente della stessa Comunità religiosa, nonché Presidente del “Consiglio dei Leaders Musulmani d’Europa” (EULEMA), l’Imam Yahya Pallavicini. L’evento, con il patrocinio da Abu Dhabi del “Consiglio dei Saggi Musulmani”, e presieduto dall’Imam Ahmad al-Tayyeb, era stato inserito fra le iniziative della “Settimana per l’Armonia Interreligiosa nel Mondo” (WIHM, ossia: “World Interfaith Harmony Week”) che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dal 2010, promuove annualmente su proposta della Casa Reale di Giordania.

Quell’importante iniziativa è stata solo l’ultima delle tante che la “Coreis” da trent’anni ha promosso e promuove in Italia e all’estero, per favorire ed incoraggiare la libertà di religione e cercare di creare un dialogo tra le tre grandi religioni del ceppo abramitico: Ebraismo, Cristianesimo ed Islam.

Prendendo spunto da quel convegno, come Segretario generale di FOB, sono particolarmente lieto di poter scrivere alcune brevi note sulla storia e l’attività di quella benemerita Comunità religiosa (COREIS), fondata a Milano dallo Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini (al secolo: Felice Pallavicini; 1926-2017), vero e proprio pioniere dell’Islam in Italia.

Molti di noi che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente lo Shaykh Pallavicini, ne ricorderanno con commozione la straordinaria umanità e l’amore appassionato per il Sufismo ed il mondo della spiritualità islamica cui aveva dedicato tutta la vita. Lo vedo come fosse ieri, alto e massiccio come una quercia, dall’aspetto ascetico, la lunga barba bianca, il naso aquilino e lo sguardo penetrante. Ho avuto occasione di incontrarlo diverse volte durante alcuni convegni a Rimini ed in altre città italiane, ma anche in numerose manifestazioni interreligiose. Uno dei ricordi più vividi che ho di lui, risale a quando andai a visitare la sua Moschea di Milano. In quell’occasione ebbi modo di conoscere anche la moglie, una gentile e delicata signora giapponese. Lo Shaykh Pallavicini, indossava una lunga veste di cotone grigia, con sopra un caftano nero smanicato; in testa aveva il suo solito zuccotto bianco. Insieme, bevendo alcune buone tazze di caffè, parlammo di Sufismo e di Esicasmo, ma anche di stampe cinesi e giapponesi e delle tante affinità fra le diverse forme di contemplazione d’Oriente e d’Occidente. Ero tornato da poco da un lungo periodo di studio in Giappone e gli parlai con entusiasmo delle mie ricerche sul Buddhismo esoterico giapponese e delle sue pratiche meditative. Mi ascoltò con pazienza e poi mi confessò che, pur provando il massimo rispetto per quella tradizione, non ne era mai stato particolarmente attratto, perché si era sempre sentito ancorato alla tradizione del monoteismo cristiano ed islamico. Poi, aggiunse, che non vedeva grandi differenze tra il Cristianesimo e l’Islam. Per lui, Cristianesimo ed Islam erano religioni sorelle. Però, storicamente, l’Islam, rispetto al Cristianesimo, sarebbe stata una rivelazione successiva del Dio unico. In pratica l’Islam avrebbe potuto essere considerato come il completamento di una rivelazione avvenuta in tre fasi: la prima si sarebbe manifestata con l’ebraismo, la seconda con il messaggio di Gesù, il “Maestro del Soffio” (cioè: lo “Spirito divino”), ed infine, la terza ed ultima, con l’avvento del profeta Maometto.

La conversione di Pallavicini all’Islam, avvenuta in Svizzera il 7 gennaio del 1951, con la pronuncia della “Professione di fede” (shahada) davanti al filosofo Titus Burckhardt (Ibrahim Izz al-Din, 1908-1984), avrebbe così segnato solo una sua più profonda e completa adesione all’Unico Dio (“Allah”, in arabo). Stranamente, proprio lo stesso giorno, il 7 gennaio, al Cairo, morì il suo maestro spirituale, René Guénon (Shaykh ‘Abd al-Wahid Yahya; 1886-1971), il grande orientalista e metafisico francese che aveva aderito all’Islam ben quarant’anni prima. Forse, fu proprio per quel motivo che Pallavicini decise di assumere il nome di ‘Abd al-Wahid (cioè: “Servo del Dio unico”) che era stato quello del suo maestro spirituale. E, seguendo gli insegnamenti di quel grande maestro, Pallavicini si avvicinò sempre di più al Sufismo, una corrente mistica dell’Islam che pratica l’ascesi, il distacco dalle cose mondane, il silenzio e la contemplazione di Dio (Allah). Il titolo onorifico di “Shaykh” (ossia: “Saggio”) gli fu conferito molti anni dopo: nel 1970, a Singapore.

Dopo la conversione, i primi periodi non furono facili; gli italiani non capirono il motivo della sua adesione all’Islam e francamente nemmeno i musulmani lo capirono. A quel tempo, in Italia, regnava un vero e proprio analfabetismo culturale riguardo alla religione islamica e al Sufismo. Proprio per sopperire a quella mancanza di conoscenza, nel 1993, ‘Abd al-Wahid Pallavicini, insieme ad alcuni intellettuali italiani convertiti, fondò a Milano l’”Associazione Internazionale per l’Informazione sull’Islam” (AIII). All’inizio le attività di quell’associazione si focalizzarono solo su una intensa attività culturale; ma poi, con il passare del tempo, per rispondere alle esigenze dei musulmani, sempre più numerosi in Italia, quell’associazione si trasformò in un ente religioso che, dal 1997, con un nuovo statuto, fu chiamata COREIS.

Alla guida di quell’ente, lo Shaykkh Pallavicini predicò sempre la moderazione ed il rispetto delle religioni e delle opinioni degli altri, e non lesinò critiche a chi sfruttava la religione a fini egoistici o politici. Il suo impegno a favore del dialogo interreligioso e della pace lo portò anche al famoso incontro ecumenico di Assisi (1986) dove ebbe occasione di stringere la mano a Papa Giovanni Paolo II.

Nel 1996, la COREIS presentò al Governo italiano una prima proposta d’intesa con lo Stato. In quell’occasione ipotizzò un “Islam pienamente compatibile con la società italiana e con il suo ordinamento giuridico”. Nello stesso anno firmò un accordo con l’ISESCO, l’organo educativo-culturale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica. Dal 1998 entrò poi a far parte della Commissione Nazionale per l’Educazione Interculturale organizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione e iniziò a formare un corpo di docenti musulmani che, in tutta Italia, tengono ancora oggi corsi di aggiornamento agli insegnanti. L’anno successivo, la COREIS entrò a far parte della giunta esecutiva del Comitato “Patrimonio e Memoria nella Cultura del Mediterraneo” presso il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, e stipulò un accordo di collaborazione con l’Università  Federico II di Napoli. La COREIS è presente anche in Francia. Infatti l’IHEI (Institut des Hautes Etudes Islamiques) è presieduto dall’Imam Yahya Pallavicini, figlio dello Shaykh Pallavicini, che alla morte del padre assunse la direzione della COREIS.

Yahya Pallavicini, nato musulmano nel 1965, aveva avuto modo di approfondire le conoscenze avute dal padre studiando Islamologia alla “Sapienza” di Roma con Alessandro Bausani (1923-1988) e Biancamaria Scarcia Amoretti (1938-2020), e poi al PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabici e d’Islamistica). Ma non solo, perché, a Parigi, presso la grande Moschea, ebbe anche l’onore di seguire i corsi di un famoso maestro spirituale che poi sarebbe stato ucciso in Siria dai jihadisti, lo Shaykh Muhammed Sa’id Ramadān al-Būtī (1929-2013). In seguito, completò il suo percorso di formazione al Cairo e all’ISTAC (International Institute of Islamic Thought and Civilization), in Malesia.

Yahya Pallavicini, fa parte dell’European Council of Religious Leaders (ECRL) ed è Ambasciatore dell’ISESCO per il dialogo tra culture e civiltà. Inoltre, dal 2005, è membro del “Consiglio sull’Islam in Italia”, un organismo voluto dal Ministero dell’Interno. Da quello stesso anno, la COREIS, come ente di rappresentanza del culto islamico presente in Italia, è stata accreditata presso il Ministero dell’Interno.

L’Imam Yahya Pallavicini ha scritto molti libri e pubblicato articoli e saggi su riviste specializzate e giornali. Inoltre, ha tenuto numerose conferenze sia in Italia che all’estero. Sarebbe inutile cercare di elencarne anche solo in piccola parte. Fra le ultime sue conferenze mi piace però ricordare quella tenuta il 27 novembre del 2023, a Jakarta, nel contesto del “R20 Summit of International Religious Authorities“ (ISORA). Il tema di quel convegno, che ha visto la partecipazione delle più importanti guide spirituali delle principali tradizioni religiose, verteva sui rapporti tra religioni e violenza: ”Religion’s Role in Addressing Middle East Violence and Threats to Rules-based International Order”.

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Yahya Pallavicini a Jakarta

Al centro l’Imam Yahya Pallavicini a Jakarta


Vorrei concludere con alcune frasi tratte dal discorso che l’Imam Yahya Pallavicini pronunciò in quell’occasione. Il tema del dibattito verteva sulla “liberazione dalla violenza delle guerre, in una prospettiva autenticamente religiosa”: “… (l’autentica liberazione è quella) dal male dell’ignoranza e della strumentalizzazione criminale ed ideologica della religione; è la liberazione dalla corruzione della politica che diventa tirannia militante e guerrigliera invece di essere un servizio per il popolo ed il suo sviluppo esteriore ed interiore. Occorre liberarsi dal male esterno cominciando dal male interno senza speculare sulle colpe o sulle concause o sul numero delle vittime o sul livello di atrocità degli altri per occultare l’assenza rilevante di un bene concreto, educativo e sociale, offerto al proprio popolo. Liberazione dall’errore (al-munqidh min al-dalai), è il titolo di un’opera biografica dell’Imam Abū Hamid al-Ghāzalī (1058-1111) che ci insegna che questa liberazione è una liberazione dall’oscurità verso la luce, verso la luce dell’Illuminazione Muhammadiana, una luce celeste e primordiale che ci permette di vedere la realtà per ciò che veramente è e di riconoscere soprattutto ciò che è invisibile e che supera il piano ordinario delle apparenze superficiali delle forme….La realizzazione di questa liberazione e illuminazione spirituale potrà avere anche come conseguenza la liberazione dalla corruzione e dall’oppressione…. Sarà una Liberazione verso il Bene! Un bene comune, non un bene contro l’altro o senza l’altro!” (tratto da: coreis.it. Pubblicato anche dalla rivista “Sacrum et Polis”).

Prendendo spunto da quest’ultime considerazioni dell’amico Yahya, desidero concludere le mie riflessioni con un pensiero di uno dei più grandi musicisti di ogni tempo, con le parole che Ludwig van Beethoven (1770-1827) ebbe a scrivere al fratello Johan nel lontano 1802: ”… Solo la musica, come ascesi dello spirito, mi ha educato e salvato dalla disperazione e dalla solitudine. Così ho musicato l’Inno alla Gioia di Schiller per la Nona Sinfonia”. Ancor oggi quell’Inno si chiama “alla Gioia”; ma chiamando nella gioia tutti gli uomini “fratelli”, l’Inno di Schiller e la musica di Beethoven assurgono ad un valore profetico universale ed eterno. ll percorso di ascesi spirituale indicato da Beethoven per ricondurre ogni cosa alla sua vera fonte ed al risveglio interiore è la stessa “liberazione dall’oscurità verso la luce”, proposta dallo Shaykh ‘Abd al-Wahid e dall’Imam Yahya Pallavicini. L’Inno alla Gioia e alla Fratellanza, oggi dovrebbe chiamarsi "Inno alla vera libertà da ogni forma di oscurità, strumentalizzazione dottrinale o corruzione”, e perché no, anche “Inno alla Pace”! Questo è il tempo.

SILVIO CALZOLARI

La sede nazionale della COREIS è a Milano, accanto alla Moschea al-Wahid, in Via Giuseppe Meda, 9. Il luogo è riconosciuto ufficialmente dal Comune di Milano ed ha ricevuto, nel 2008, un attestato di benemerenza civica per il dialogo interreligioso e interculturale.

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