
La Federazione delle Famiglie per la Pace e l'Unificazione del Mondo, precedentemente nota come Chiesa dell'Unificazione, è stata fondata in Corea nel 1954 dal leader religioso Rev. Dr. Sun Myung Moon, ma ha conosciuto una crescita sostanziale, soprattutto nel 1958 dopo la sua fondazione in Giappone.
Sebbene il 27 novembre 2020, l'Alta Corte di Hiroshima abbia condannato cinque persone per il rapimento e la reclusione di una coppia sposata allo scopo di de-convertirla con la forza per costringerla a lasciare la Chiesa dell’Unificazione, riconoscendo implicitamente il diritto inalienabile alla propria fede religiosa, nel 2023 il ministero dell’Istruzione e della Cultura giapponese, sotto la pressione dei gruppi anti-sette che hanno cavalcato l’onda generata dall’assassinio dell’ex Primo Ministro Shinzo Abe,avvenuto l’8 luglio 2022,ha presentato una richiesta di scioglimento della Chiesa dell’Unificazione.
A seguito di tale richiesta, il 14 ottobre 2023,, Bitter Winter ha promosso una lettera aperta, sottoscritta anche da FOB, in cui si dice: «Abbiamo seguito con grande preoccupazione gli avvenimenti in Giappone in seguito all'assassinio dell'ex Primo Ministro Shinzo Abe, incluso il tentativo di rendere in qualche modo responsabile la Federazione delle Famiglie per la Pace e l'Unificazione del Mondo (precedentemente nota come Chiesa dell'Unificazione) e di chiederne lo scioglimento quale organizzazione religiosa. […] Esortiamo le autorità e i tribunali giapponesi a non procedere con una misura che macchierebbe per sempre l'immagine del Giappone come Paese dedito ai principi democratici, inclusa la FoRB. Fare pressioni per lo scioglimento allineerà il Giappone ai regimi totalitari "dove le minoranze religiose impopolari vengono 'liquidate' dopo che il terreno è stato preparato da campagne mediatiche diffamatorie”» […].
Nonostante le proteste del mondo accademico internazionale, il 25 marzo 2025, il tribunale distrettuale di Tokyo ha ordinato lo scioglimento come ente riconosciuto della Chiesa dell’Unificazione. La sentenza priva la Federazione delle Famiglie per la Pace e l'Unificazione del Mondo del riconoscimento come ente religioso – e quindi dell’esenzione fiscale – ma non ne vieta l’attività sul territorio giapponese.
Sulla vicenda, Bitter Winter ha pubblicato una serie di cinque articoli che sono una disamina puntuale fornita dall’avvocato Patricia Duval, membro del Comitato Scientifico di FOB. Di seguito ripubblichiamo gli articoli in un unico documento.
Indice
1. Il fine religioso delle donazioni
4. La Dichiarazione di Conformità del 2009
5. Libertà di religione o di credo
1. Il fine religioso delle donazioni ⬆︎
La sentenza di scioglimento si basa sull'accusa di aver sollecitato donazioni eccessive. Ma viene ignorata la loro natura religiosa.
di Patricia Duval — La Federazione delle Famiglie per la Pace e l'Unificazione del Mondo, precedentemente nota come Chiesa dell'Unificazione, indicata come “Chiesa dell'Unificazione” o “Chiesa” in questo scritto, è stata recentemente oggetto di un'esposizione mediatica in tutto il mondo a causa della decisione del governo giapponese di richiedere lo scioglimento dell'affiliata giapponese che conta 600.000 seguaci, e della sentenza del Tribunale distrettuale di Tokyo di accogliere tale richiesta in una sentenza di primo grado del 25 marzo 2025.
L'intera questione viene presentata come una questione di natura finanziaria, un problema legato alle donazioni. La Chiesa è accusata di aver raccolto donazioni eccessive e di aver “rovinato” un numero significativo di seguaci.
Lo scopo di questo scritto è offrire una recensione globale della sentenza del tribunale nel suo contesto: in primo luogo, chiarire l'utilizzo delle donazioni secondo le conclusioni del governo stesso; in secondo luogo, descrivere il contesto giapponese; in terzo luogo, analizzare la sentenza del tribunale; in quarto luogo, trarre tutte le necessarie conclusioni.
Il Ministero dell'Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia (MEXT), che sovrintende gli affari religiosi e che ha richiesto lo scioglimento dell'ente religioso, nella sua richiesta di scioglimento, ha descritto lo scopo o l'uso delle donazioni come segue: “L'associazione utilizza le donazioni dei fedeli come fonte primaria di sostentamento per far fronte a spese quali i costi di proselitismo, le spese di manutenzione della chiesa, le spese operative, le spese per le cerimonie, le spese per l'assistenza missionaria a livello internazionale, le spese finanziarie come l'acquisizione di beni immobili e le spese particolari, incluse le donazioni a scopo di beneficenza”.
I fedeli della Chiesa dell'Unificazione affermano di essere una denominazione cristiana e la loro fede si basa sulla loro interpretazione della Bibbia. Credono che Gesù Cristo sia stato il primo Messia e che il loro fondatore, il reverendo Sun Myung Moon (1925-2012), sia il secondo Messia, venuto a compiere ciò che Gesù non è riuscito a portare a termine, ossia il ripristino dei valori della famiglia e dell'amore familiare, fondamenti tramite i quali si possono raggiungere la pace e l'unificazione dell'umanità in tutto il mondo.Le donazioni sono destinate a garantire il sostentamento delle istituzioni religiose della Chiesa, a garantire la pratica e la diffusione della fede, inclusa l'assistenza missionaria in tutto il mondo e le attività caritatevoli. Nulla di diverso da ciò che fanno tutte le denominazioni religiose nel mondo.
Il diritto di manifestare la propria religione o il proprio credo, che include il diritto di fondare e mantenere istituzioni religiose e il diritto di richiedere donazioni, è inerente al diritto di manifestare la propria religione o il proprio credo (Assemblea Generale delle Nazioni Unite, “Dichiarazione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione sulla base della religione o del credo” Risoluzione 36/55 dell'Assemblea Generale, 25 novembre 1981, articolo 6 [b] e [f]). La sollecitazione di donazioni è quindi un'attività di per sé del tutto legittima.

Il reverendo Sun Myung Moon con la moglie e suo successore, il dottor Hak Ja Han Moon. Fonte tparents.org.
Nel contesto dell’istanza di scioglimento, il MEXT ha presentato un reperto contenente la seguente testimonianza: “Sezione 2: Testimonianza del Capo dell'Ufficio Affari Generali Nobuo Okamura (Reperto B6-3). Il 19 dicembre 2001, Nobuo Okamura, capo dell'Ufficio Affari Generali, ha testimoniato i seguenti fatti presso il Tribunale distrettuale di Tokyo (Trascrizione della testimonianza, pagine 7-8): 1. Le donazioni non sono state utilizzate solo per le spese nazionali, ma anche per progetti internazionali e per e opere missionarie all'estero. 2. Le donazioni sono state prima inviate alla sede centrale delle Missioni Mondiali in America e poi distribuite a destinazioni oltreoceano. 3. I fondi sono stati utilizzati per vari seminari, convegni, riunioni e per la costruzione di chiese in tutto il mondo. 4. È stato fornito sostegno finanziario anche alle attività nei paesi poveri.. 5. I fondi non sono stati raccolti per il Rev. Sun Myung Moon”.
Si può quindi concludere che le donazioni raccolte dai fedeli giapponesi 1) non sono mai state utilizzate per arricchimento personale; e 2) al contrario, sono state destinate a diffondere la fede e aiutare le persone in tutto il mondo, in particolare nei Paesi più poveri. Questo è in realtà in linea con il motto dichiarato del fondatore, il reverendo Moon, che era: “Vivere per il bene degli altri”.
Nello stesso documento, il MEXT ha fornito l'elenco dei Paesi “sostenuti” dalla Chiesa attraverso le donazioni raccolte in Giappone. “Sezione 3: Paesi specificamente sostenuti. La Chiesa dell'Unificazione si concentra su 194 Paesi in tutto il mondo per svolgere attività missionarie. Le donazioni provenienti dal Giappone sono state utilizzate per opere missionarie in Asia, Africa, Europa, America Latina e altri Paesi del mondo. Di conseguenza, sono state istituite fondazioni di chiese in Nord e Sud America, Europa, Africa e Asia-Oceania. Dal 2013 sono diventate attive anche le attività missionarie dei credenti di seconda generazione provenienti dal Giappone, con aiuti finanziari alle loro missioni all'estero. I Paesi in cui sono stati inviati i credenti di seconda generazione sono: Nord e Sud America: 8 Paesi dell'America centrale e meridionale. Asia-Pacifico: 14 Paesi. Europa e Medio Oriente: 9 Paesi. Africa: 10 Paesi”.
Tutto quanto sopra è tratto dalle conclusioni del MEXT nel corso della procedura di scioglimento.
La procedura per richiedere a un tribunale di ordinare lo scioglimento di un ente religioso ai sensi della legge giapponese comprende una fase pre-processuale dove all’ente vengono sottoposte domande al fine di raccogliere informazioni utili per il caso. Dal novembre 2022 alla fine del 2023, il MEXT ha inviato alla Chiesa sette serie di domande, che il tribunale definisce “richieste di rapporti”, relative alla sua struttura, al suo funzionamento, alla pratica e attività religiose e alle cause legali. Sulla base dei rapporti ricevuti, il MEXT ha raccolto informazioni, tra cui quella citata sopra, e le ha depositate come parte della sua istanza di scioglimento presso il Tribunale distrettuale di Tokyo.
Tuttavia, nella sua sentenza, il tribunale non ha menzionato la parte di informazioni che avrebbero potuto giustificare l'uso delle donazioni. Ha semplicemente ignorato questi fatti come pure la motivazione religiosa legata alla raccolta di donazioni. Il tribunale ha invece ritenuto che la sollecitazione di donazioni fosse motivata da un “intento malevolo”, sulla base di alcune vecchie sentenze di tribunali civili in materia di illeciti, un punto che verrà sviluppato ulteriormente in questa analisi..
Il fatto che questi elementi non siano stati citati nella sentenza dimostra che il tribunale non ha preso in considerazione entrambe le prove, sia quelle pro che quelle contro, violando così il diritto a un giusto processo: al contrario ha mostrato un evidente pregiudizio e, per giungere alla sua decisione preconcetta di scioglimento, ha usato solo gli argomenti che potevano sostenerla.
Di fatto, nella sola Unione Europea e nel Medio Oriente, al 2020, la Chiesa era regolarmente registrata e operante nei seguenti paesi: Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Germania, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Svizzera, Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Estonia, Kosovo, Macedonia del Nord, Moldavia, Romania, Russia, Israele, Turchia, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Regno Unito, Grecia, Italia, Portogallo, Belgio, Francia e Paesi Bassi.
Ordinando lo scioglimento di una Chiesa ben radicata nel mondo il Giappone si discosta dalla comunità internazionale
2. Il contesto giapponese ⬆︎
La sentenza del tribunale rappresenta il culmine di quasi quarant'anni di vessazioni nei confronti del movimento religioso da parte di avvocati avidi e politicamente motivati..

Conferenza stampa degli avvocati anti-Chiesa dell'Unificazione dopo l'ordine di scioglimento. Schermata.
La sentenza con cui il 25 marzo 2025 il Tribunale distrettuale di Tokyo ha ordinato lo scioglimento della Chiesa dell'Unificazione potrebbe essere, se confermata in appello, la consacrazione di un impegno di lunga durata da parte del National Network of Lawyers Against Spiritual Sales (NNLASS), un gruppo di avvocati anti-sette che tacciano la fede della Chiesa di essere un'esca e le donazioni religiose una mera attività a scopo di lucro.
Il Network è stato creato nel 1987 da avvocati di estrema sinistra con il dichiarato scopo di eliminare la Chiesa dell'Unificazione dal Giappone, fin dai primi tempi in cui combatteva contro il comunismo. Il reverendo Moon riteneva che per realizzare la pace nel mondo fosse necessario impedire l'espansione del comunismo ateo. A tal fine, ha fondato organizzazioni come la Federazione Internazionale per la Vittoria sul Comunismo (VOC) nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando la spiritualità era a rischio con l'espansione del comunismo in quell’area, e la Federazione Nazionale per l'Unificazione della Corea del Nord e del Sud, che si adopera per l'unificazione della penisola coreana.
Il National Network of Lawyers Against Spiritual Sales ha iniziato a combattere attivamente la Chiesa e, a tal fine, fin dalla sua nascita, si è strettamente associato alla pratica della “deprogrammazione”, vale a dire, alla de-conversione forzata dei membri della Chiesa da un presunto lavaggio del cervello.
Per oltre quarant'anni, circa 4.300 membri della Chiesa dell'Unificazione in Giappone sono stati sottoposti a una de-conversione forzata attraverso il rapimento e la reclusione da parte delle famiglie e l'indottrinamento imposto da “deprogrammatori” professionisti contrari al credo della Chiesa, senza che le autorità muovessero un dito.
Il Network di avvocati ha sostenuto queste pratiche finalizzate alla distruzione della fede per decenni costringendo i membri ad abiurare la loro fede a intentare cause civili contro la Chiesa. Quello era il modo per provare la loro apostasia e per sfuggire alla deprogrammazione. È questa sistematica presentazione di cause per illeciti e tentativi di distruzione che il Tribunale distrettuale ha convalidato il 25 marzo, con una sentenza ora appellata presso la Corte Suprema.
Ai sensi dell'articolo 81.1 della Legge sugli Enti Religiosi, il governo può ordinare lo scioglimento di un ente religioso se “in violazione di leggi e regolamenti, commette un atto chiaramente ritenuto dannoso in modo sostanziale per il benessere pubblico”.
Per pronunciarsi sullo scioglimento di un ente religioso, il Tribunale distrettuale di Tokyo ha dovuto decidere se, in assenza di reati penali, le sentenze civili in una controversia privata potessero essere considerate una “violazione di leggi e regolamenti”..
In realtà, la Corte Suprema ha risposto positivamente a questa domanda il 3 marzo 2025 in una causa accessoria a quella di scioglimento (relativa alla procedura di pre-scioglimento). La Corte distrettuale ha adottato le stesse conclusioni di questo precedente legale, che ha rappresentato un'inversione di tendenza e una giurisprudenza ad hoc per ottenere lo scioglimento della Chiesa dell'Unificazione.
In passato, la giurisprudenza giapponese aveva sempre risposto negativamente a questa domanda. E i governi giapponesi successivi hanno mantenuto questo orientamento. Nel 1994 e nel 1998, hanno respinto le pressioni esercitate dal Network di avvocati che chiedeva lo scioglimento della Chiesa. Nel 2012, il Network ha intentato una causa contro il governo per la sua riluttanza ad avviare una causa di scioglimento, vincendola.
Tuttavia, l'assassinio del Primo Ministro Shinzo Abe (1954-2022) nel luglio 2022 ha cambiato le carte in tavola. L'assassino, Tetsuya Yamagami, ha preso di mira Abe a causa della sua espressa simpatia per le attività di costruzione della pace della Chiesa e per il fatto che sua madre, un attivo membro della Chiesa, aveva fatto sostanziali donazioni circa vent'anni prima.
Il Network di avvocati, che accumulava senza sosta cause civili contro la Chiesa e non riusciva a rassegnarsi al rifiuto di scioglimento, ha sfruttato questo omicidio. L'influenza del movimento anti-sette nello scatenare l'azione dell'assassino non è mai stata oggetto di indagine, sebbene sia stata resa pubblica la connessione esistente. Ignorando il fatto che l'omicidio era stato commesso da un oppositore della Chiesa, il Network di avvocati fece dell'assassino una vittima e attaccò la Chiesa, incolpandola del crimine e definendola un'organizzazione “criminale” e “antisociale”. La pressione mediatica e le accuse fecero precipitare la caduta della maggioranza di governo di Abe e la Chiesa divenne l'utile capro espiatorio della vicenda.
Dopo l'assassinio, il Primo Ministro Fumio Kishida, ancora una volta messo sotto pressione perché chiedesse lo scioglimento della Chiesa, ha sostenuto in un primo momento che era impossibile farlo poiché la Chiesa non era mai stata giudicata colpevole di alcun crimine. Tuttavia, a causa della crescente pressione esercitata sui media dal Network, Kishida ha fatto un'inversione di rotta nel giro di ventiquattro ore, annunciando di ritenere che le sentenze in materia di illeciti civili fossero sufficienti per presentare l'istanza di scioglimento.
L'istanza di scioglimento è stata depositata nell'ottobre 2023 dal MEXT, che supervisiona gli enti religiosi. È su questa richiesta che il Tribunale distrettuale di Tokyo ha dovuto pronunciarsi.
Dopo l'assassinio di Abe, il Network di avvocati ha mantenuto alta l'attenzione dei media, spingendo per l'adozione di misure sempre più repressive contro la Chiesa e i suoi membri. Il partito LDP al governo è stato costretto a tagliare ogni legame con la Chiesa. Tutti gli studiosi del Paese erano terrorizzati all'idea di pronunciarsi e di essere sospettati di fedeltà alla Chiesa, in particolare a causa dell'esperienza traumatica vissuta dopo l'attacco con il gas sarin dell'Aum Shinrikyo nella metropolitana di Tokyo nel 1995, quando chiunque aveva espresso simpatia per quel gruppo fu messo alle strette.
Quegli avvocati crearono quindi una paranoia totale per tenere a freno qualsiasi sostegno alla Chiesa, accusando i simpatizzanti di essere essi stessi dei criminali. Questa atmosfera tossica è perdurata fino ad oggi.
In questo contesto, non sorprende che il 25 marzo il Tribunale distrettuale di Tokyo abbia semplicemente convalidato gli sforzi decennali compiuti per conseguire l'obiettivo della dissoluzione della Chiesa, nel modo seguente:
- Raccogliendo i frutti della deprogrammazione (de-conversioni forzate): la corte si è basata su trentadue sentenze per illeciti civili, la maggior parte delle quali avviate da ex membri che hanno abiurato la loro fede sotto coercizione, per fatti che risalivano per la maggior parte a decenni prima, e di accordi in sede giudiziale e stragiudiziali, per avvalorare le conclusioni che la Chiesa aveva “causato danni di portata enorme e senza precedenti”.
- In assenza, o con una significativa diminuzione, delle richieste di risarcimento negli ultimi anni, il tribunale ha fatto ricorso alla “ragionevole deduzione” della continuità del nocumento, utilizzando una teoria nebulosa e del tutto fittizia di potenziali “vittime” che non avrebbero osato denunciare.
- Nonostante l’evidenza della buona volontà della Chiesa di rispettare le leggi e i regolamenti, e ignorando la fede dei credenti che sollecitavano le donazioni, il tribunale ha dichiarato che esisteva un intento doloso nel sollecitare le donazioni e ha ipotizzato che la perpetuazione della dottrina e della struttura religiosa della Chiesa avrebbe reso inevitabile la continuazione degli illeciti.
- In assenza di qualsiasi condotta criminale o violazione della legge, il tribunale ha stabilito lo scioglimento dell'ente religioso in quanto avrebbe violato norme sconosciute e indefinite di “accettabilità sociale” e danneggiato “il benessere pubblico” e “la vita pacifica” della maggioranza, in totale violazione degli impegni assunti dal Giappone nei trattati sui diritti umani.
Questa sentenza del tribunale è iniqua sotto molti aspetti e illegale ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani.
3. Disamina della sentenza ⬆︎
La Corte distrettuale si è basata non solo su cause civili, ma anche su transazioni e dichiarazioni, e ha ignorato la questione della deprogrammazione.
Nella sentenza del 25 marzo 2025 del Tribunale distrettuale di Tokyo, che ordina lo scioglimento della Chiesa dell'Unificazione, il tribunale affronta innanzitutto l'interpretazione di “violazione di leggi e regolamenti” (articolo 81.1 della Legge sugli Enti Religiosi).
Il tribunale afferma che: “Tuttavia, anche se non si può dire che l'articolo 709 del Codice Civile sia una norma che vieta determinati atti, gli atti che costituiscono un illecito in questo articolo sono atti valutati come illegali secondo la legge degli illeciti, cioè atti che violano determinate norme giuridiche, e l' autore è ritenuto responsabile per i danni in base alle disposizioni di questo articolo”.
L'articolo 709 del Codice civile stabilisce che: “Chi ha violato intenzionalmente o per negligenza un diritto altrui o un interesse giuridicamente protetto di altri, è tenuto a risarcire i danni che ne derivano”.
La Corte ha quindi equiparato la violazione della legge alla violazione dei diritti altrui, che è una questione privata. Come spiegato sopra, questa nuova inverosimile interpretazione, adottata per la prima volta dalla Corte Suprema tre settimane prima, è stata fatta ad hoc per la Chiesa dell'Unificazione e per giustificarne lo scioglimento.
Il tribunale ha ritenuto che le azioni dei membri della Chiesa “limitavano la libertà decisionale degli individui, costringendoli a fare donazioni e acquisizione di beni mentre la loro normale capacità di giudizio era compromessa”, sulla base della teoria non scientifica e sfatata della manipolazione mentale.
Ha aggiunto che questi "atti sono illegali in quanto si discostano da ciò che è considerato socialmente appropriato e costituiscono “violazioni di leggi e regolamenti” in quanto atti illeciti ai sensi del Codice civile".
Quindi il tribunale, basandosi su una presunta violazione del libero arbitrio delle persone, ha riscontrato una deviazione dall’“appropriatezza sociale” che costituirebbe una violazione delle leggi e dei regolamenti.
Tuttavia, questa interpretazione viola gli impegni sottoscritti dal Giappone di proteggere la libertà di religione o di credo ai sensi dell'articolo 18.3 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici ("ICCPR" o "Patto") ratificato nel 1979: "La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere soggetta soltanto alle limitazioni prescritte dalla legge e necessarie per proteggere la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico, la salute o la morale pubblica oppure i diritti e le libertà fondamentali altrui".
Il requisito di “prescritto dalla legge” non è soddisfatto se la legge non è sufficientemente precisa da prevederne l’applicazione e adattare di conseguenza il proprio comportamento. (Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani, “Commento generale n. 27 del CCPR: Articolo 12 [Libertà di movimento]”, 2 novembre 1999: “Le leggi che autorizzano l’applicazione di restrizioni dovrebbero utilizzare criteri precisi e non possono conferire discrezionalità illimitata a coloro incaricati della loro esecuzione”).
La deviazione dalla “appropriatezza sociale” non soddisfa certamente il requisito di precisione della legge che consentirebbe una tale restrizione alla manifestazione della propria religione come lo scioglimento di un ente religioso; né lo fa la presunta violazione di “norme sociali” sconosciute e indefinite. Ciò rende tale misura incoerente con gli impegni assunti dal Giappone nei confronti della comunità internazionale.
Il tribunale ha poi dovuto valutare se fosse soddisfatto il secondo requisito dell’articolo 81.1, vale a dire se il danno al benessere pubblico potesse essere definito “sostanziale”.
La corte ha stabilito che "gli atti illeciti di cui al punto (a) di cui sopra, commessi dai seguaci delle parti interessate, si sono ripetuti su scala nazionale per un periodo di circa 43 anni, dal 1980 circa al 2023 circa, e hanno causato almeno 1.559 vittime (140 vittime con sentenze definitive, 448 vittime con accordi transattivi e 971 vittime con accordi transattivi)". Questi dati saranno analizzati di seguito.
La corte ha concluso che "questi atti illegali hanno causato perdite significative a molte persone e che la pace di molte persone, compresi quella dei loro familiari, è stata turbata". Ha ritenuto che il danno al benessere pubblico fosse "sostanziale" e ha ordinato lo scioglimento dell'ente religioso.
Anche l'utilizzo della tutela del benessere pubblico per limitare la libertà di religione è discutibile, così come lo è la tutela della vita pacifica della maggioranza. Ciò viola l'articolo 18.3 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) sopra menzionato. Le uniche limitazioni consentite al diritto di manifestare le proprie convinzioni riguardano situazioni estreme che comportano, ad esempio, minacce all'ordine pubblico o alla sicurezza, ma le violazioni del benessere pubblico o della pace della maggioranza non rientrano tra le situazioni che giustificherebbero la restrizione di questo diritto fondamentale. In realtà, la protezione della libertà di religione o di credo significa protezione delle minoranze religiose “che potrebbero essere oggetto di ostilità da parte di una comunità predominante” (Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, “CPR General Comment No. 22: Article 18 [Freedom of Thought, Conscience or Religion)]”, 30 luglio 1993).
Il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha costantemente esortato il Giappone a smettere di usare il "bene pubblico" come eccezione alle libertà civili, e in particolare a quella di praticare la propria religione o credo. Ma il governo giapponese ha costantemente ignorato questa eccezione, lasciandola nella Costituzione e in diverse leggi, in particolare nel Codice civile (articolo 1.1: "I diritti privati devono conformarsi al bene pubblico") e nella legge sugli enti religiosi (articolo 81.1 sullo scioglimento, già citato).
Il tribunale distrettuale di Tokyo si è basato espressamente su queste due norme di legge per decidere di ordinare lo scioglimento di un'importante organizzazione religiosa che conta circa 600.000 fedeli, rendendo tale decisione illegale ai sensi del diritto internazionale in materia di diritti umani.
Le cifre fornite dal tribunale e sopra menzionate (1.559 vittime: 140 vittime con sentenze definitive, 448 vittime con accordi giudiziali e 971 vittime con accordi extragiudiziali) si basano innanzitutto su trentadue cause civili per illecito civile perse dalla Chiesa con decisioni presentate dal MEXT nella sua richiesta di scioglimento.
Tuttavia, la corte ha iniziato la sua argomentazione menzionando quattro casi penali del 2007 e del 2008 contro seguaci che gestivano privatamente attività di vendita di oggetti portafortuna. Questa pratica, risalente a molto tempo fa, non aveva nulla a che fare con la Chiesa, e la corte, di fatto, non si è basata su di essi per pronunciare lo scioglimento dell'ente religioso. Sembra che le quattro condanne penali per violazione della legge sulle vendite porta a porta, una pratica di vendita ambulante che la Chiesa aveva intimato ai suoi membri di interrompere da tempo, siano state menzionate dalla corte per dare un tocco di colore all'intera sentenza e presentare fin dall’inizio della causa un'immagine negativa della Chiesa. Seguendo la linea di attacco del Network di avvocati contro le "vendite spirituali" e del MEXT, la corte ha equiparato la vendita di oggetti portafortuna da parte di privati alla sollecitazione di donazioni religiose da parte della Chiesa.
Si è basata su trentadue cause civili perse dalla Chiesa nel corso degli anni e ha fatte proprie, come avevano fatto i tribunali di primo grado, la teoria del Network di avvocati, secondo cui la dottrina religiosa della Chiesa era un mezzo per violare il "libero arbitrio" dei donatori, che questi erano sotto l’indebita influenza della Chiesa e dovevano quindi essere rimborsati e risarciti. In quelle sentenze, i tribunali civili hanno riconosciuto l'illecito civile e condannato la Chiesa al rimborso delle donazioni e al risarcimento dei danni sulla base di una presunta violazione dei vaghi criteri di "norme sociali" o "norme socialmente accettabili". Tali sentenze non sono conformi ai requisiti previsti dal Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici, come sopra specificato, e costituiscono di per sé una violazione del diritto alla libertà di religione o di credo e del diritto a un giusto processo.
È interessante notare che il tribunale non ha nemmeno menzionato il fatto che la maggior parte dei ricorrenti fo.sse stata costretta a de-convertirsi e a intentare causa alla Chiesa. Non poteva tuttavia ignorare questo fatto, poiché l'avvocato della difesa lo aveva sviscerato nelle sue arringhe e poiché un deprogrammatore in uno dei casi, il pastore Mamoru Takazawa, fu controinterrogato durante le udienze presso il tribunale distrettuale di Kobe nel 1996 e aveva dichiarato di essere consapovole del fatto che questa pratica fosse di norma illegale.
Aveva dichiarato che avrebbe comunque continuato questa pratica poiché "Una volta che qualcuno ha abbracciato fermamente il credo della Chiesa dell'Unificazione, credo sia impossibile per lui abbandonaro spontaneamente". Questo, nella mente del deprogrammatore, giustificava l'uso della coercizione nei confronti dei fedeli della Chiesa. Il tribunale ignorò questo aspetto della vicenda e, di fronte all'affermazione dell'avvocato difensore secondo cui le richieste di risarcimento danni ottenute dai membri sotto coercizione erano inattendibili, il tribunale rimase in silenzio. Non si degnò di rispondere o addirittura di menzionarlo nella sua sentenza. Si trattava però di un'argomentazione valida e concreta, che avrebbe potuto mettere in discussione le cifre fornite al tribunale e offrire una nuova visione dei presunti danni causati dalla Chiesa e del suo perdurare tutt’oggi.
La difesa aveva inoltre fornito un grafico del numero di denunce che corrispondeva strettamente con il numero di episodi di deprogrammazione.

Cause legali ed episodi di deprogrammazione.
Nel grafico riportato sopra, la linea blu rappresenta il numero di cause legali intentate, mentre la linea rossa mostra il numero di casi di rapimento e sequestro di persone. Il numero di casi aumenta in proporzione all'aumento dei casi di sequestro di persona e diminuisce con il diminuire di tali casi.
Il numero di casi di deprogrammazione è diventato nullo dopo che il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha esortato il Giappone a porre fine a questa pratica nell'agosto 2014, e i tribunali giapponesi, per la prima volta hanno concesso un risarcimento danni sostanziale a un membro della Chiesa per una deprogrammazione durata 12 anni, dichiarando tale pratica illegale. Il tribunale ha ignorato questa argomentazione fattuale e ha preferito sottolineare che vi era stato un numero enorme di richieste di risarcimento a partire dagli anni '80, quando questo picco era stato in realtà causato da un picco nelle attività di violazione della fede.
Per corroborare la sua richiesta di scioglimento, che appariva debole poiché trentadue cause perse in un periodo di quarant'anni, la maggior parte delle quali risalente a diversi decenni prima, non era significativo, il MEXT ha presentato accordi transattivi sottoscritti in sede giudiziale e stragiudiziale al tribunale distrettuale di Tokyo, che li ha inclusi nelle sue conclusioni.
Per quanto riguarda gli accordi transattivi in sede giudiziale, questi riguardavano ex fedeli che avevano intentato cause civili per ottenere un risarcimento di danni per aver ricevuto insistenti richieste di donazioni, risoltesi con un accordo in cento casi, incluse sei delle trentadue sopra menzionate. In Giappone, la magistratura incoraggia la risoluzione delle controversie attraverso accordi transattivi per giungere a una rapida conclusione dei casi. In effetti, quasi tutte le transazioni giudiziali stipulate dalla Chiesa sono stati il risultato di raccomandazioni formulate dai tribunali. Per quanto riguarda gli accordi stragiudiziali, il numero di ricorrenti fornito da MEXT si riferisce a ex fedeli che hanno inviato una notifica alla Chiesa, affermando che le richieste di donazioni costituivano un illecito civile, ed era stato raggiunto un accordo extragiudiziale, che includeva anche un risarcimento monetario.
Includere gli accordi transattivi e il rimborso volontario delle donazioni nel numero di richieste di risarcimento danni e equipararli a una prova di condotta illecita, come ha fatto la corte, è di per sé discutibile, poiché una richiesta di rimborso delle donazioni non implica una sentenza di illecito civile e nessuna corte civile si è mai pronunciata in materia di illecito civile in questi casi.
Per ulteriori sviluppi su questo punto rimando all'approfondita analisi della sentenza a cura di Massimo Introvigne, noto sociologo delle religioni, avvocato ed ex rappresentante dell'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per la lotta al razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione religiosa.
La politica di transazione e rimborsi seguita dalla Chiesa a un certo punto è stata motivata dal desiderio di evitare procedimenti sistematici, lunghi e costosi avviati dal Network di avvocati nell'ambito della sua strategia per affossare la Chiesa. Persino il rimborso delle donazioni è stato interpretato come prova di colpevolezza.
Per dimostrare l’esistenza di illecito civile, il tribunale distrettuale ha incluso le cifre elative al rimborso delle donazioni e anche il numero delle dichiarazioni scritte raccolte dal MEXT in condizioni discutibili.
Nonostante questa artificiosa esagerazione dei numeri presentati, l'intera argomentazione alla fine è fallita. La montagna ha partorito un topolino, poiché il tribunale ha concluso che il numero complessivo di denunce era significativamente diminuito, fino ad arivare a zero negli anni precedenti, come chiaramente evidenziato nel grafico sopra riportato (numero di denunce rispetto al numero di episodi di deprogrammazione).
ll calo è dovuto anche all'estrema attenzione prestata dalla Chiesa alla richiesta di donazioni da parte dei suoi membri e all'adozione di misure interne a tutela della Chiesa stessa. In particolare, la Chiesa ha adottato la Dichiarazione di Conformità alle Leggi del 2009 e ai regolamenti vigenti, oggetto di un'ampia disamina da parte del tribunale nella sua decisione.
4. La Dichiarazione di Conformità del 2009 ⬆︎
Paradossalmente, lo scioglimento è stato pronunciato dopo che i metodi di richiesta di donazioni, ai quali il tribunale aveva obiettato, erano quasi scomparsi.
In seguito alla condanna penale di quattro singoli membri nel 2007 e nel 2008, la Chiesa ha fornito ai suoi membri delle precise linee guida, ambiguamente denominate "Dichiarazione".
Il Tribunale Distrettuale di Tokyo, nella sua sentenza del 25 marzo 2025 che ordinava lo scioglimento della Chiesa dell'Unificazione, ha descritto tali linee guida come segue: "Nel contesto dei casi penali sopra menzionati, la Parte Interessata ha rilasciato una dichiarazione di conformità nel 2009 e, oltre ai fattori ripetutamente evidenziati nelle sentenze civili emesse fino a quel momento per l’esistenza o meno dell’illecito, ha emesso una dichiarazione ufficiale in cui richiedeva ai leader della Chiesa di supervisionare e guidare i fedeli nel rispetto delle leggi e dei regolamenti, facendo anche riferimento alle specifiche violazioni delle leggi relative alle transazioni commerciali (intimidazione e molestia) che erano state oggetto dei casi penali sopra menzionati. Inoltre, le parti interessate hanno continuato a pubblicare avvertimenti pubblici e altri documenti che costituiscono un'estensione della dichiarazione e mirano ad ampliarla".
Pertanto, la Dichiarazione di Conformità del 2009 era più una serie di istruzioni impartite dalla Chiesa che un singolo documento. La Corte ha riconosciuto che la Chiesa aveva effettivamente implementato un'intera politica "per ampliare" la Dichiarazione e garantire il rispetto delle leggi e dei regolamenti.
Con questo la corte ha ammesso due cose:
- che la Chiesa aveva ampiamente diffuso istruzioni a tutto il suo staff per monitorare le attività private dei suoi fedeli in merito al rispetto della legislazione commerciale; e
- che la Chiesa aveva inoltre fornito indicazioni specifiche al suo staff in merito alla richiesta di donazioni religiose, in modo da non poter essere accusata di violazione del libero arbitrio dei donatori, come era accaduto nei casi di illecito civile che aveva perso.
Quest'ultimo punto includeva informazioni complete sui donatori e la sottoscrizione dei documenti necessari per proteggere la Chiesa. Ovviamente, il dipartimento disciplinare della Chiesa ha svolto un lavoro efficace, poiché la corte ha stabilito i seguenti fatti: "Dei 169 ricorrenti nelle 32 sentenze civili, solo 3 ricorrenti (Sentenza n. 31, Vittima n. 166; Sentenza n. 32, Vittime n. 168 e 169) sono stati giudicati danneggiati dal pagamento di donazioni, ecc. nel 2010 e successivamente, anno successivo alla Dichiarazione di Conformità, e sono stati oggetto di illecito civile. Inoltre, per i tre ricorrenti nei due casi di cui sopra, l'importo totale delle donazioni, ecc. che sono state riconosciute come effettuate nel 2010 o successivamente, rispetto all'importo totale concesso, era di 17.611.600 yen, e l'ultimo pagamento, ecc. di donazioni, ecc. basato sull'azione di sollecitare donazioni, ecc. che è stato ritenuto illegale nella sentenza, è stato effettuato nel 2014”.
Ciò corrisponde anche alla cessazione delle operazioni di deprogrammazione. Tuttavia, il tribunale ha ignorato questo fattore, mettendolo esclusivamente in relazione alla Dichiarazione di Conformità del 2009.
Inoltre, la corte ha rilevato: "Un'analoga tendenza in calo si osserva anche nel numero di accordi transattivi basati sulla presentazione di cause legali". Per quanto riguarda gli accordi transattivi extragiudiziali, ovvero il numero di persone che hanno presentato richieste di risarcimento danni per lettera in merito al pagamento di donazioni, la corte ha affermato che: "il numero ha continuato a diminuire e, dal 2019, si è attestato su numeri a una sola cifra (7 persone nel 2019 e 2020, 2021 e 2022 erano 3 ciascuna)". Ciò può sembrare straordinario considerando la persistente e ostile copertura mediatica e il costante incitamento a presentare richieste di risarcimento da parte del National Network of Lawyers Against Spiritual Sales.
Tutti i dati sopra riportati avrebbero dovuto essere sufficienti per concludere che la Dichiarazione di Conformità era stata rispettata. Tuttavia, al fine di mitigare il valore delle sue conclusioni, il tribunale ha affermato che tali fatti, da soli, non erano sufficienti e che la Chiesa non aveva adottato "misure fondamentali" per impedire il ripetersi di atti illeciti. In particolare, ha accusato la Chiesa di non aver svolto indagini approfondite al ricevimento di notifiche di episodi relativi alle donazioni e di non aver espulso i membri responsabili di aver promosso la raccolta fondi. Tale critica è particolarmente irrilevante alla luce dei risultati forniti dal tribunale.
Ogni episodio di illecito legato alle donazioni è stato ovviamente gestito in modo appropriato e con successo. Non è stata ordinata alcuna espulsione poiché, si può dedurre, non vi sono state recidive con gli gli stessi membri coinvolti. Invece di riconoscere la buona volontà della Chiesa, il tribunale ha ritenuto che gli atti illeciti commessi fossero di natura dolosa e ha concluso che "esiste un'alta probabilità che si ripetano atti illeciti dello stesso tipo e natura riscontrati nelle pertinenti sentenze civili".
Come già affermato in questa serie di articoli, il tribunale ha ignorato il fatto che la richiesta di donazioni fosse stata effettuata in buona fede da membri che erano essi stessi credenti. Il MEXT ha depositato informazioni sull'uso delle donazioni, dalle quali risulta evidente che sono state utilizzate per il mantenimento delle istituzioni della Chiesa, per l'opera educativa e missionaria in tutto il mondo e per gli aiuti umanitari. Nessun somma di denaro è stata utilizzata per arricchimento personale, né è stata destinata al reverendo Moon.
Il tribunale non poteva ignorare tali fatti, parte della richiesta di scioglimento, ma ha invece scelto di seguire una serie di sentenze pregiudizievoli in materia di illecito civile, basate su una presunta violazione del libero arbitrio e su un'influenza indebita, e ha deciso che dietro tali atti vi fosse un intento doloso e che ciò avrebbe reso probabile il perpetrarsi del danno. Il tribunale non può, da un lato, dichiarare che i membri hanno una fede salda perché sotto un'influenza indebita e, allo stesso tempo, ritenere che abbiano agito con intento doloso sollecitando donazioni per la loro Chiesa.
Logicamente il tribunale avrebbe dovuto stabilire che gli imputati avevano agito in buona fede. In totale contraddizione, il tribunale ha presunto un intento doloso, come avevano stabilito i tribunali civili nelle loro decisioni pregiudizievoli in materia di illecito civile basate su "norme sociali". Allo stesso modo, non potendo dimostrare alcun danno attuale con le cifre sopra indicate, il tribunale ha quindi fornito una spiegazione nebulosa del perché vi sarebbe stato un danno occulto non ancora emerso.
La corte ha affermato: "Va detto che non si può negare che ci siano altri danni non dichiarati causati dalla sollecitazione illegale di donazioni, ecc., oltre a quelli inidicati nelle suddette sentenze civili, negli accordi transattivi successivi a una causa e negli accordi stragiudiziali".
Utilizzando l'argomentazione "non si può negare", il tribunale inverte l'onere della prova e suggerisce che il convenuto non neghi la possibilità di "altri danni non dichiarati". Spetta al ricorrente provare la propria tesi.
La corte va oltre nelle sue ipotesi: “il fatto è che è difficile supporre che tutti coloro che hanno subito danni a causa di sollecitazioni illegali di donazioni cercheranno una soluzione consultando un avvocato, ecc., a causa di barriere psicologiche come le relazioni interpersonali con i fedeli nelle loro vicinanze, ecc.”.
E tenendo conto di tutte quelle "vittime" che non hanno formulato reclami, la corte ha dedotto che "sebbene la tendenza del danno abbia avuto una tendenza alla diminuzione, è comunque di una portata tale da non poter essere ignorata". Si tratta in realtà di preconcetti e di pure speculazioni, che violano tutte le norme del giusto processo e il diritto a un giusto processo.
Questa interpretazione è permeata dal concetto di controllo mentale, che i tribunali occidentali hanno ritenuto non scientifico e privo di valore legale.
Sulla base di questa teoria, i trentadue tribunali civili, nelle sentenze su cui si basa l'ordinanza di scioglimento, hanno riscontrato una violazione del libero arbitrio dei donatori e hanno ritenuto la Chiesa responsabile di illecito civile.
Nonostante tutte le prove fornite dalla Chiesa sulla forte fede dei fedeli al momento delle donazioni, i tribunali hanno affermato che i donatori non disponevano di libero arbitrio, poiché sotto un’indebita influenza. I tribunali hanno stabilito il rimborso e il risarcimento dei danni.
Allo stesso modo, sebbene i fatti in questione fossero molto vecchi (risalenti a venti - quarant'anni prima), hanno respinto l'eccezione di prescrizione avanzata dalla difesa (erano passato oltre tre anni). I giudici hanno rifiutato di applicare la prescrizione in vigore per le cause civili, rilevando che le "vittime" non erano a conoscenza di esserlo fino al momento in cui hanno incontrato il Network Nazionale degli Avvocati anti-Chiesa dell’Unificazione Contro le Vendite Spirituali.
Hanno stabilito che i donatori erano sotto l'indebita influenza della Chiesa e hanno fatto sì che la prescrizione decorresse dal giorno in cui hanno incontrato questi avvocati e si sono "risvegliati" e hanno quindi presentato le loro denunce. Si tratta di un'applicazione della legge palesemente parziale e discriminatoria.
Queste accuse di indebita influenza nei confronti della Chiesa sono anche alla base della nuova legge emanata il 30 dicembre 2023 sul soccorso alle vittime. Questa legge organizza l'assistenza alle vittime di un ente religioso in fase di scioglimento, consentendo loro di presentare istanza di risarcimento danni e di monitoraggio dei loro beni. È stata concepita per la Chiesa dell'Unificazione, in quanto unica confessione religiosa a quel tempo soggetta a scioglimento.
Le autorità hanno fornito alcune Linee Guida per l'applicazione della legge, e una definizione specifica di "vittima". Per "vittima" si intende una persona che ha o potrebbe avere un diritto legale a richiedere un risarcimento danni. Le vittime non si limitano alle vittime riconosciute dall'autorità al momento della richiesta di uno specifico provvedimento di scioglimento, ma anche alle vittime dello stesso tipo di atto che non era noto al momento della richiesta.
Includono anche persone "la cui intenzione di presentare una richiesta di risarcimento non è ancora chiara". Si tratta di potenziali vittime che si faranno avanti successivamente, nel momento in cui saranno informate di esserlo. Questo avviene attraverso la manipolazione dell'opinione pubblica, in particolare attraverso l'attività di lobbying svolta da quegli "avvocati contro le vendite spirituali" finanziati dal governo per presentare richieste di risarcimento. Con lo stesso ragionamento, ora abbiamo un tribunale che include le potenziali vittime per stabilire il danno in una sentenza di scioglimento dell'ente religioso.
ll Giappone ha il dovere di neutralità in materia religiosa, in virtù del diritto alla libertà di religione o di credo, che si è impegnato a rispettare con la comunità internazionale In realtà sta facendo l'opposto.
5. Libertà di religione o di credo ⬆︎
Il Tribunale distrettuale di Tokyo ha sostenuto che la sua decisione non violava i principi internazionali e costituzionali della libertà religiosa. Aveva torto.
La Chiesa non aveva alcuna possibilità di sfuggire alla sua esecuzione programmata. Dopo la de-conversione forzata di migliaia di suoi membri, sono stati imposti requisiti sempre più stringenti in materia di donazioni, rendendo tali requisiti quasi impossibili da soddisfare, come il rispetto del libero arbitrio, un criterio così vago che i tribunali hanno la libera facoltà di decidere in modo discriminatorio, e che viene sempre applicato quando si tratta della Chiesa dell'Unificazione.
Di fatto, questo concetto di "libero arbitrio" è stato incluso nella nuova legge sulla sollecitazione illecita di donazioni, entrata in vigore il 16 dicembre 2022. Indipendentemente da ciò che la Chiesa ha fatto per conformarsi alla legge, il tribunale ha riscontrato un intento doloso nella raccolta di donazioni risalente a venti o quarant'anni prima, il che renderebbe inevitabile il ripetersi di illeciti.
I membri della Chiesa sono stati messi con le spalle al muro, pronti per essere giustiziati. È proprio la propaganda della dottrina, il proselitismo, ad essere in realtà preso di mira, in violazione del diritto alla libertà di religione o di credo. Il tribunale ha stabilito: "I seguaci della parte interessata erano impegnati in atti di sollecitazione di donazioni, ecc. come parte del loro processo di predicazione delle dottrine, con l'obiettivo di acquisire tali seguaci e indurli a fare donazioni, ecc. a favore della parte interessata". l contenuto di tale sollecitazione di donazioni da parte dei seguaci della parte interessata era strettamente correlato alla dottrina della parte interessata, e la sollecitazione di donazioni stessa era considerata la pratica di tale dottrina".
Con questa affermazione, la corte ha stabilito che i membri della Chiesa erano motivati dalla fede e stavano esercitando il loro diritto di fare proselitismo e di sollecitare donazioni per il mantenimento delle loro istituzioni religiose. Questo è esattamente il significato del diritto alla libertà di manifestare le proprie convinzioni e di praticare la propria religione. Il fatto che la decisione non sia solo una questione associativa è trattato nella decisione stessa, quando la corte suggerisce che le future sollecitazioni di donazioni costituiranno inevitabilmente degli illeciti e che qualsiasi nuova “struttura” sarà soggetta a decisioni di scioglimento simili.
A dispetto delle evidenze, la corte dedica le sue conclusioni finali alla tesi secondo cui lo scioglimento non ostacolerà il diritto dei fedeli di praticare la religione individualmente. Tuttavia, la libertà di religione implica il diritto di praticare insieme ad altri e di fondare istituzioni religiose.
In particolare, il diritto di manifestare la propria religione in comunione con altri deve essere letto alla luce del diritto di associazione previsto dagli standard internazionali sui diritti umani (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo “Hasan e Chaush c. Bulgaria,” 26 ottobre 2000, e successiva consolidata giurisprudenza): “Quando è in gioco l’organizzazione della comunità religiosa, l’articolo 9 della Convenzione deve essere interpretato alla luce dell’articolo 11, che tutela la vita associativa da ingerenze ingiustificate da parte dello Stato. In questa prospettiva, il diritto dei credenti alla libertà di religione comprende l'aspettativa che alla comunità sia consentito di funzionare pacificamente, libera dall'intervento arbitrario dello Stato. In effetti, l'esistenza autonoma delle comunità religiose è indispensabile per il pluralismo in una società democratica e costituisce quindi una questione al centro della tutela garantita dall'articolo 9.
La Corte Europea ha ulteriormente spiegato: "Essa riguarda direttamente non solo l'organizzazione della comunità in quanto tale, ma anche l'effettivo godimento del diritto alla libertà di religione da parte di tutti i suoi membri attivi. Se la vita organizzativa della comunità non fosse tutelata dall'articolo 9 della Convenzione, tutti gli altri aspetti della libertà di religione dell'individuo diventerebbero vulnerabili".
Il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che monitora il rispetto del Patto da parte degli Stati membri, ha una giurisprudenza simile (vedi Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani, “Malakhovsky e Pikul c. Bielorussia,” 1207/03, 26 luglio 2005).
Ciò contraddice direttamente la sentenza del 3 marzo della Corte Suprema giapponese: "Inoltre, un ordine di scioglimento comporta semplicemente la perdita dello status di ente religioso e non proibisce né limita in alcun modo le attività religiose dei suoi membri (vedere la suddetta sentenza della Corte Suprema del 30 gennaio 1996)".
La Corte Suprema del Giappone ha emesso una sentenza in palese violazione degli standard internazionali sui diritti umani, i quali stabiliscono che il diritto di una confessione a esistere come entità giuridica "riguarda direttamente non solo l'organizzazione della comunità in quanto tale, ma anche l'effettivo godimento del diritto alla libertà di religione da parte di tutti i suoi membri attivi".
Le uniche limitazioni consentite al diritto di manifestare la propria religione ai sensi dell’articolo 18.3 del Patto sono quelle prescritte dalla legge e necessarie per proteggere la sicurezza, l’ordine pubblico, ecc., e anche proporzionate all’obiettivo perseguito secondo la giurisprudenza internazionale sui diritti umani.
La sentenza di scioglimento nel caso in esame non è prevista dalla legge, come precedentemente accennato, non tutela uno degli interessi elencati nel Trattato e non soddisfa i requisiti di necessità e proporzionalità, come dimostrato dall'analisi delle conclusioni su cui si basa. Pertanto, la sentenza del Tribunale Distrettuale – e quella della Corte Suprema che l'ha preceduta – violano il diritto alla libertà di religione o di credo di tutti i seguaci della Chiesa dell'Unificazione in Giappone.
Il Giappone ha una lunga storia di mancato rispetto degli impegni internazionali in materia di diritti umani. Questa sentenza ne è un esempio lampante. Rientra nell'obiettivo dichiarato del governo giapponese di sradicare con ogni mezzo la Chiesa dell'Unificazione dal suo panorama religioso.
Il Network Nazionale degli Avvocati contro le Vendite Spirituali sta attualmente sollecitando nuove "vittime" a presentare cause per danni, sfruttando le nuove leggi per depredare la Chiesa dai suoi beni. Parallelamente, lo Stato ha avviato nel gennaio dello scorso anno un piano di rieducazione nelle scuole pubbliche per i figli dei membri della Chiesa dell'Unificazione per metterli in contrasto con le convinzioni dei genitori e garantire che non diventino a loro volta seguaci della fede.
Ci troviamo di fronte a un'opera di epurazione religiosa del Giappone, e l'ordinanza di scioglimento è solo la punta dell'iceberg.
Fonte: Bitter Winter: Articolo 1 – Articolo 2 – Articolo 3 – Articolo 4 – Articolo 5