Violenza e discriminazione contro membri di Shincheonji in Corea del Sud

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Rapporto all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione dell'intolleranza e della discriminazione basata sulla religione o credo e sul raggiungimento dell'obiettivo di sviluppo sostenibile 16 (SDG 16)

Parere: violenza e discriminazione contro membri di Shincheonji in Corea del Sud

Ill.mo Relatore Generale:
Siamo ONG specializzate nella difesa della libertà religiosa e organizzazioni accademiche che promuovono la ricerca sui nuovi movimenti religiosi. Siamo preoccupati per la discriminazione contro un nuovo movimento religioso cristiano noto come Shincheonji in Corea del Sud (su Shincheonji, vedi Introvigne 2019, Introvigne 2020). Ci sono due ambiti specifici di preoccupazione: il primo, la violenza e la conversione forzata ("deprogrammazione") dei membri di Shincheonji; l'altro, la discriminazione dei membri di Shincheonji nel contesto dell'epidemia di COVID-19.

1. Violenza tramite conversione forzata (deprogrammazione)

In Corea del Sud esiste una forte opposizione a Shincheonji, alimentata dalle chiese cristiane fondamentaliste e conservatrici, che accusano il movimento di “eresia” e “furto di pecorelle”, e che spesso hanno fatto ricorso alla violenza contro di esso. Shincheonji ha, infatti, una teologia peculiare e identifica il suo leader con il “pastore promesso” del Libro dell'Apocalisse cristiano che traghetterà gli uomini nel Millennio, un imminente regno di pace senza sofferenza e morte. Tali movimenti millenaristi sono spesso impopolari presso altri cristiani, in particolare quando, come nel caso di Shincheonji, crescono rapidamente convertendo membri di altre chiese cristiane.

La critica teologica, tuttavia, non dovrebbe portare alla discriminazione e alla violenza. In Corea del Sud, giovani donne e uomini vengono rapiti dai genitori, detenuti e sottoposti a pressioni e violenze perché abbandonino la loro religione e si riconvertano con l’uso della forza alla fede dei loro genitori, in generale una forma conservatrice del protestantesimo.

La deprogrammazione era una pratica popolare negli Stati Uniti negli anni '70. I genitori si lamentavano del fatto che i loro figli adulti avevano subito il "lavaggio del cervello" da sette e avevano quindi assunto professionisti per rapirli e tenerli confinati e sottoposti a un "contro il lavaggio del cervello", fino a quando non rinunciavano alla "setta". Negli anni '90, la pratica era ridotta a pochi incidenti isolati dopo che gli studiosi avevano respinto la teoria del lavaggio del cervello come pseudo-scientifica e i tribunali americani avevano deciso che la deprogrammazione era illegale. Ci è voluto più tempo perché i tribunali europei e giapponesi arrivassero alla stessa conclusione, ma alla fine sono intervenute la Corte europea dei Diritti dell'Uomo e la Corte Suprema giapponese, che hanno effettivamente messo fuori legge la pratica della deprogrammazione anche in Europa e in Giappone.

Nei paesi democratici, la deprogrammazione attualmente sopravvive solo in Corea del Sud, con migliaia di casi. Le vittime vengono rapite e relegate dai genitori e deprogrammate da pastori protestanti che lavorano come deprogrammatori professionisti.

Una decina di gruppi etichettati dai loro oppositori come "sette" sono vittime della de programmazione, ma il più preso di mira, con più di 2.000 casi, è Shincheonji. Nel 2018, una donna membro di Shincheonji, Gu J-In, è morta a causa del secondo tentativo di deprogrammazione, dopo che il primo era fallito. Mentre cercava di fuggire, suo padre l'ha legata e imbavagliata, provocandone il soffocamento. Come risultato, i membri di Shincheonji e altri gruppi sono scesi in strada per manifestare in massa.

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha riferito nel suo Rapporto sulla Libertà Religiosa pubblicato nel 2019, riguardante gli eventi del 2018, che, "A gennaio, a seguito delle notizie secondo cui i genitori hanno ucciso la figlia mentre cercavano di costringerla a convertirsi da ciò che i genitori consideravano una setta alla propria denominazione cristiana.  120.000 cittadini si sono riuniti a Seul e altrove per protestare contro la conversione coercitiva, secondo quanto riferito, condotta da alcuni pastori cristiani. I manifestanti hanno criticato il governo e le chiese per aver taciuto sulla questione e hanno chiesto di intervenire” (Dipartimento di Stato USA 2019).

Tuttavia, la deprogrammazione continua, con numerosi casi di violenza e persino tentativi di confinare i membri di Shincheonji rapiti negli ospedali psichiatrici. Solo nel 2019, Shincheonji ha documentato 72 casi di tentata deprogrammazione.

Sebbene inclini a considerarli come "affari di famiglia" con cui non dovrebbero interferire, i tribunali coreani a volte condannano i genitori, nonostante la riluttanza dei loro figli adulti a denunciarli nel contesto di una società in cui la famiglia è fondamentale, ma mai i deprogrammatori, che normalmente non partecipano ai rapimenti ma che li istigano, intascando somme per i loro servizi che in alcuni casi sono esorbitanti e che sono chiaramente complici della detenzione illegale.

Vorremmo rispettosamente far notare che la deprogrammazione dei membri delle minoranze religiose, inclusa quella di Shincheonji in Corea del Sud, è un esempio eclatante di intolleranza e discriminazione e che si dovrebbe chiedere alle autorità sudcoreane di porre fine a questa pratica (per maggiori dettagli, vedere Fautré 2020a , Fautré 2020b).

2. Discriminazione nel contesto della crisi COVID-19

Il 7 febbraio 2020, una donna appartenente a Shincheonji di Daegu, Corea del Sud, è stata ricoverata in ospedale dopo un incidente stradale. Mentre era in ospedale, mostrava sintomi di quello che è stato identificato come un comune raffreddore. Lei sostiene che nessuno la ha menzionato la possibilità di essere positiva al coronavirus, né le hanno suggerito di sottoporsi a un test. Solo il 18 febbraio, dopo che i suoi sintomi eran peggiorati, le è stata diagnosticata una polmonite, quindi è stata sottoposta a test per COVID-19 ed è stata trovata positiva. È stata designata come Paziente 31 e, prima della diagnosi, aveva partecipato a diverse funzioni di Shincheonji. Di conseguenza, è diventata l'origine di centinaia di nuovi casi di infezione, la maggior parte dei quali coinvolgeva altri membri di Shincheonji. Alcuni media coreani hanno affermato che si era già rifiutata di sottoporsi al test, ma non ci sono prove di ciò e il Paziente 18 nega fermamente che fosse così (per maggiori dettagli, vedere Introvigne et al.2020).

I leader di Shincheonji a Daegu hanno appreso che la paziente 31 era infetta alle 9 del mattino del 18 febbraio. Lo stesso giorno, Shincheonji ha chiuso tutti i suoi centri a Daegu e ha raccomandato a tutti i suoi membri di evitare anche incontri e riunioni private e di entrare in quarantena. Più tardi, nel corso della giornata, è stato emesso l'ordine di chiudere tutte le chiese e i centri missionari in tutta la Corea del Sud e i servizi sono continuati solo tramite Internet. Shincheonji ha anche sospeso servizi ed eventi all'estero il 22 febbraio e tutte le forme di riunioni, attività o raduni in tutti i paesi il 26 febbraio.

Il 19 febbraio, il presidente sudcoreano Moon Jae-In ha dichiarato che il governo aveva bisogno di un elenco completo dei membri di Shincheonji. Le liste nazionali sono state consegnate dopo sei giorni dalla richiesta, il 25 febbraio. A causa della diffusa opposizione al movimento, essere identificato come membro di Shincheonji può portare a essere ridicolizzato, picchiato e a perdere il lavoro. Non sorprende quindi che i singoli membri fossero riluttanti a rivelare ai loro colleghi o datori di lavoro la loro appartenenza a Shincheonji. Il movimento, tuttavia, ha incaricato tutti i membri di cooperare con l'autorità e di sottoporsi ai test per il COVID-19.

Il governo ha obiettato che l'elenco del 25 febbraio includeva meno membri di quelli menzionati nelle statistiche ufficiali di Shincheonji. Ma in quelle statistiche sono contati anche membri stranieri e Shincheonji aveva capito che il governo aveva bisogno solo di dati sui membri presenti in Corea del Sud. L’esatto motivo per cui le autorità coreane debbano conoscere i nomi dei membri di Shincheonji in Europa o in Nord America non è chiaro ma, quando hanno chiesto gli elenchi dei membri stranieri, li hanno ricevuti.

Il problema principale riguardava gli "studenti", che è il nome che Shincheonji usa per le persone che non sono membri della chiesa ma frequentano corsi e altre attività nei centri missionari e potrebbero (o meno) un giorno unirsi alla chiesa. Shincheonji aveva registrazioni di 54.176 di questi “studenti” in Corea del Sud e di 10.951 all'estero. Aveva anche seri problemi di privacy nei loro confronti. Nonostante le promesse delle autorità, alcune identità dei membri erano state rese note. Questo era già abbastanza grave, ma se una persona diventa un membro di Shincheonji in Corea del Sud, è consapevole dei rischi che ciò comporta. Lo stesso non vale per gli "studenti". In effetti, questi possono valutare i rischi e decidere di non aderire e ovviamente i rischi sono ora più alti dopo che l'ostilità anti Shincheonji ha raggiunto il picco con la crisi del virus.

Era quindi comprensibile l'esitazione di Shincheonji nel rivelare i nomi degli "studenti". È anche comprensibile che le autorità sanitarie credessero che coloro che frequentavano i centri Shincheonji fossero tutti ugualmente a rischio di essere infettati, sia che fossero membri o "studenti". Il 27 febbraio, il KCDC ha formalmente richiesto l'elenco degli "studenti" e si è impegnato ad assumersi la responsabilità legale per ogni possibile violazione della privacy e le relative conseguenze. L'elenco è stato consegnato lo stesso giorno.

Tutto questo lavoro ha comportato la comunicazione al governo di elenchi di circa 300.000 nomi e indirizzi. Che l'adempimento potesse essere stato completamente privo di errori era al di là delle possibilità umane. Le autorità locali hanno fatto irruzione nei locali di Shincheonji con grande clamore, sostenendo che stavano cercando le liste "vere". Quando hanno confrontato le liste sequestrate nelle incursioni e quelle che avevano ricevuto da Shincheonji, tuttavia, hanno trovato solo piccole discrepanze e hanno ammesso pubblicamente che il movimento non aveva cercato di ingannarli. Problemi paralleli riguardavano la richiesta del governo di un elenco completo degli immobili di proprietà o affittati da Shincheonji. Shincheonji ha fornito inizialmente un elenco di 1.100 proprietà, che le autorità hanno contestato come incomplete. Hanno anche lamentato che alcuni indirizzi erano sbagliati e in effetti ulteriori indagini di Shincheonji hanno rivelato che 23 delle proprietà elencate erano state chiuse. Successivamente, Shincheonji riferì che il numero totale di proprietà possedute o affittate era 1.903, comprese le 23 chiuse, ma questo numero includeva appezzamenti di terra, magazzini e case private, negozi di proprietà e affittati che non erano usati dai membri di Shincheonji per alcun raduno o incontro.

Il 2 marzo 2020, il leader di Shincheonji, il presidente Lee Man-hee, ha tenuto una conferenza stampa, in cui si è scusato per gli errori che Shincheonji potrebbe aver commesso. Gli errori, tuttavia, non devono essere confusi con i reati. Shincheonji avrebbe potuto rispondere ad alcune richieste delle autorità in modo più rapido e migliore, ma ha operato sotto pressione estrema e in circostanze molto difficili.

Alcuni singoli membri di Shincheonji non avevano volontariamente voluto svelare la loro affiliazione al movimento, fino a quando le autorità non le hanno ricevute tramite grazie alla lista:  hanno cercato di nasconderlo ad oltranza nonostante le istruzioni del movimento richiedessero cooperazione.  Prima di giudicare il loro comportamento, si dovrebbe tenere in considerazione che stavano rischiando il lavoro.

E forse le loro vite. A Ulsan, il 26 febbraio, una donna, membro di Shincheonji è morta dopo essere caduta da una finestra del 7° piano dell'edificio dove viveva. L'incidente è avvenuto dove suo marito, con trascorsi di violenza domestica, la stava attaccando cercando di costringerla a lasciare Shincheonji. La polizia sta ancora indagando su un possibile illecito.

Questo incidente letale è solo la punta di un iceberg. Dopo il caso della Paziente 31, in Corea del Sud si sono verificati più di 6.000 casi di discriminazione nei confronti dei membri di Shincheonji e il numero continua a crescere. Essere identificato come un membro di Shincheonji porta al serio rischio di essere molestato, vittima di bullismo, picchiato o licenziato dal proprio lavoro.

Inoltre, i politici locali e i media ostili (a volte facendo affidamento su false informazioni fornite da ex membri scontenti del movimento) sono andati anche oltre, minacciando o avviando azioni legali volte a spogliare Shincheonji e le organizzazioni caritatevoli e culturali ad esso collegate (ma indipendenti) del loro status legale, chiudendo i suoi luoghi di culto e ottenendo ciò che gli oppositori non hanno raggiunto in anni di discriminazione e violenza, cioè fermare la crescita di Shincheonji in Corea del Sud.

In un documento pubblicato nel marzo 2020, la Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale, un organismo bipartisan i cui membri sono nominati dal Presidente degli Stati Uniti e dai leader del Congresso di entrambi i partiti politici, ha osservato che, "Shincheonji stava subendo molestie dal Governo e società della Corea del Sud. Sebbene alcune misure governative sembrassero essere guidate da legittime preoccupazioni per la salute pubblica, altre sembravano esagerare il ruolo della chiesa nell'epidemia. Il governo di Seoul ha bloccato le chiese di Shincheonji nella capitale e alcuni gruppi protestanti maggioritari hanno accusato la chiesa di diffondere deliberatamente la malattia. I pubblici ministeri locali stanno indagando penalmente Lee Man-hee per omicidio dovuto a "negligenza intenzionale". L'USCIRF ha ricevuto segnalazioni di individui che hanno subito discriminazioni sul lavoro e abusi coniugali a causa della loro affiliazione con la chiesa. Nel frattempo, una petizione per vietare la chiesa ha ricevuto più di 1,2 milioni di firme.  Nonostante ciò, il vice ministro della Salute Kim Kang-lip ha pubblicamente dichiarato che la chiesa di Shincheonji ha collaborato con le autorità ”(Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale 2020b, 3).

Il 6 febbraio, la stessa USCIRF aveva rilasciato una dichiarazione affermando che "USCIRF è preoccupata per i rapporti ricevuti secondo cui i membri della chiesa di Shincheonji sono stati accusati della diffusione del virus. Esortiamo le autorità sudcoreane a condannare la pratica di voler trovare il “capro espiatorio” e a rispettare la libertà religiosa mentre fa fronte all’epidemia”(Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale 2020a).

Sottoscriviamo con tutto il cuore questa conclusione e appello. Il virus non può essere una scusa per violare i diritti umani e la libertà religiosa di centinaia di migliaia di credenti. Si dovrebbe mettere fine all'intolleranza, alla violenza e alla discriminazione nei confronti di Shincheonji.

CESNUR – Center for Studies on New Religions
CAP-LC – Coordination des Associations et des Particuliers pour la Liberté de Conscience
EIFRF – European Inter-Religious Forum for Religious Freedom
Fedinsieme
FOB – European Federation for Freedom of Belief
FOREF – Forum for Religious Freedom Europe
HRWF – Human Rights Without Frontiers
LIREC – Center for Studies on Freedom of Belief, Religion and Conscience
ORLIR – International Observatory of Religious Liberty of Refugees
Osservatorio sul Pluralismo Religioso
Soteria International

Riferimenti
Fautré, Willy. 2020a. Coercive Change of Religion in South Korea. Brussels: Human Rights Without Frontiers. Accessed April 5, 2020. https://bit.ly/2W0ZOnb.
Fautré, Willy. 2020b. “Coercive Change of Religion in South Korea: The Case of the Shincheonji Church.” The Journal of CESNUR 4(3): 35–56. DOI: 10.26338/tjoc.2020.4.3.3.
Introvigne, Massimo. 2019. “Shincheonji.” World Religions and Spirituality Report, August 30. https://wrldrels.org/2019/08/29/shincheonji.
Introvigne, Massimo. 2020. “Shincheonji: An Introduction.” The Journal of CESNUR 4(3): 3–20. DOI: 10.26338/tjoc.2020.4.3.1.
Introvigne, Massimo, Willy Fautré, Rosita Šorytė, Alessandro Amicarelli, and Marco Respinti. 2020. Shincheonji and Coronavirus in South Korea: Sorting Fact from Fiction. A White Paper. Brussels: Human Rights Without Frontiers, and Torino: CESNUR. Accessed April 4, 2020. https://bit.ly/2W0jqI9.
U.S. Commission on International Religious Freedom. 2020a. Tweet, March 5. https://bit.ly/2SfPxCA.
U.S. Commission on International Religious Freedom. 2020b. “The Global Response to the Coronavirus: Impact on Religious Practice and Religious Freedom.” https://bit.ly/2Ye9zB2.
U.S. Department of State. 2019. “Republic of Korea 2018 International Religious Freedom Report.https://bit.ly/2yiRUNW.

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