Video e testo dell'intervento dell'avvocato Fabrizio d'Agostini, Consigliere di FOB, alla presentazione degli Atti del convegno internazionale di FOB, Diritto e libertà di credo in Europa, un cammino difficile.
Il diritto alla "verità"
Il Convegno "Diritto e libertà di credo in Europa – un cammino difficile" si fondava su alcuni diritti dati come impliciti. In particolare, tutti gli interventi e tutte le relazioni che lamentavano la violazione del diritto di credenza e religione o rivendicavano il diritto alla libertà di credenza e di religione o descrivevano fatti, eventi o situazioni, lamentavano e rivendicavano insieme anche un'altro diritto senza il quale ogni diritto civile e umano appare vano e cioè il diritto alla "verità"[1].
Erano sottintesi anche altri diritti, come il diritto alla "resistenza"[2] o quello allo "Stato di diritto"[3], ma quello alla verità mi sembra in certo modo precederli e fondarli tutti.
1. Il diritto alla verità come diritto autonomo
Crediamo che sia ormai indilazionabile considerare la "verità" come un bene giuridicamente protetto in sé e per sé[4].
La violazione della verità produce danni all'individuo, ma il danno sociale è assai più profondo.
Esistono nell'ordinamento italiano specifiche fattispecie penali e alcune anche civili che sanzionano il suo opposto, il "falso" come reato, ma il "bene protetto" non è la verità in sé e per sé, ma l'"affidamento", la "fiducia" che il codice traduce in "fede pubblica" e che attraverso norme sanzionatorie stabilisce per implicito l'obbligatorietà della corrispondenza alla realtà della condotta[5].
Invece non c'è nell'ordinamento italiano una norma che tuteli la verità in sé e per sé come diritto autonomo. Il "diritto alla verità" del resto non è presente in nessuna costituzione o legge fondamentale. Anche nei trenta articoli della Dichiarazione Universale il diritto alla "verità" non è dichiarato essere un diritto dell'uomo.
Ma a ben vedere, l'intero sistema dei diritti, in tutte le costituzioni, atti, documenti riconosce il diritto alla verità come suo presupposto implicito e lo lega allo Stato di diritto e alla forma di governo democratica liberale.
Nessun diritto civile del resto può sopravvivere all'assenza di verità e tutti svaniscono nella menzogna.
Il diritto alla verità è il diritto a conoscere come realmente stanno le cose.
2. Dalla morale all'azione giusta
Parlare del diritto alla verità vuol anche dire parlare della falsità e dell'inganno.
Kant, "consapevole del diverso status del sapere e dell'agire", ritenne che la causa della diversità "andasse ricercata in quella "putrida piaga" della natura umana" che è la "facoltà di mentire". Kant pensava - purtroppo illudendosi - che l'argine a quella "putrida piaga" non fosse una difficile legge positiva e dovesse essere piuttosto la "legge morale" nel cuore dell'uomo[6].
La questione della verità, dunque attiene all'azione morale nell'uomo come individuo. Nel rapporto dell'individuo con gli altri diviene "politico" nel senso alto e nobile che il termine aveva nella "politeia" e senza soluzioni di continuità si traduce nell'azione giusta, quella basata sulla realtà, sul "così stanno le cose" (il termine greco "aletheia" che indica la verità, indica anche la "sincerità" e infine "la realtà stessa") ed è così che la verità che precede ogni menzogna sui diritti civili si traduce in giustizia sociale. "La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero"[7].
3. La comunicazione
Dunque il diritto alla verità dovrebbe essere un diritto autonomo e la verità dovrebbe essere norma di condotta dell'azione sociale giusta.
Emerge in primo piano la questione dell'esame e commento della "comunicazione", sia quando si tratta dell'affermazione della verità sui diritti civili e in particolare sul diritto alla libertà di credenza e religione e sia quando si tratta della sua negazione o mistificazione.
Qual è dunque l'attuale situazione della comunicazione sui diritti di credenza e religione in Europa e più in generale nelle società tardo moderne occidentali formalmente governate da democrazie liberali?
La risposta non è particolarmente rassicurante.
Anche se i diritti dell'uomo e prima di tutti gli altri, quello di credenza e religione, sono intimamente legati alle democrazie liberali e sono nati all'interno dello stesso percorso storico, queste stesse democrazie liberali nelle quali si è affermato lo Stato di diritto, troppo spesso non sono governate dalla "verità" e dunque dalla "giustizia", ma dalla maggioranza e, quando in un'epoca si spegne la cultura della "verità", la maggioranza da storica manifestazione della democrazia, si riduce solo all'attribuzione del "potere di ... " e la "vita" dei diritti civili diviene allora faticosa quando non impossibile.
La questione per quanto riguarda i diritti di libertà di credenza e religione è una questione risalente, ma è divenuta particolarmente attuale in relazione all'aumento straordinario dei mezzi di comunicazione di massa e alla moltiplicazione incontrollata e incontrollabile delle fonti.
Al posto della legge morale nel cuore degli uomini sembra aver preso ben più vigore quella facoltà di mentire di cui si lamentava Kant.
È l'esplosione di internet e la potenza dei social media.
Questo ha trasformato dall'interno la qualità stessa della comunicazione facendo in modo che sempre più raramente potesse essere comunicazione della "verità" e veicolo di giustizia sociale (recenti questioni sulla manipolazione dei messaggi; sulle notizie false; sull'appropriazione di profili personali e distorsione della verità e delle intenzioni commerciali o peggio elettorali) e questa è spesso e sempre più diventata la comunicazione brutale della bugia, della notizia falsa, della propaganda, delle mezze verità.
Contemporaneamente con riguardo specifico ai social media la comunicazione è sempre più anonima, astratta, eterea, senza soggetto, quasi sorta dal nulla, moltiplicata all'infinito, spesso infame, spesso distruttiva.
Si tratta di temi attualissimi molto discussi ed è questa oggi la difficoltà più drammatica della ricerca della "verità".
È cambiata profondamente la qualità della comunicazione.
I Nuovi Movimenti Religiosi, i movimenti spirituali e le credenze minoritarie, sono e devono essere nella tarda modernità un elemento essenziale e costitutivo dell'identità democratica europea. Una identità che si è fatta faticosamente strada fra storici falsi, tesi prive di fondamenti scientifici, propaganda e disinformazione. Ed è tutta questa "non verità" che ha dato luogo ad alcune delle più grandi catastrofi del secolo scorso. Il tragico è che l'identità democratica in questi tempi nuovi ancora deve farsi strada nonostante autorità indipendenti e direttive sulla comunicazione radio televisiva.
Come recente conseguenza della trasformazione epocale dei mezzi e delle forme di comunicazione, le linee di flusso del potere politico, un tempo sempre dall'alto verso il basso, sono ormai e spesso dal basso verso l’alto e i disastri dei mezzi di comunicazione di massa quando disonesti incidono dunque direttamente senza mediazioni sulla costituzione di una democrazia matura e sui diritti civili e fondano invece le persecuzioni e le discriminazioni. Si tratta di una "disonestà" risalente. Nata insieme alla stampa e ai sistemi di propaganda. È solo la quantità e l'estensione divenuta enorme e lo spazio occupato dalla comunicazione attraverso internet, i social media, i cellulari, gli iPad, i Tablet, in tutte le sue forme, costituisce oggi la differenza rispetto a ieri, ma attualissimo rimane il monito di Simone Weil secondo la quale le pubblicazioni destinate "... a influire su ciò che si chiama opinione, cioè in realtà sulla condotta della vita, sono atti veri e propri e debbono essere sottoposti alle medesime restrizioni cui vengono sottoposti tutti gli atti. In altre parole, esse non devono recare nessun danno illegittimo a qualsiasi essere umano, e sopratutto non devono contenere alcuna negazione, esplicita o implicita, degli obblighi esterni verso l'essere umano ..."[8] o il monito altrettanto duro di Popper secondo il quale "occorre indurre i media a riconoscere e a dire la verità, a vedere i pericoli che loro stessi nascondono, a sviluppare, come tutte le istituzioni sane, un’autocritica e infine a correggersi. È un compito nuovo per loro. Il danno che provocano attualmente è grande”[9].
4. Il programma di FOB
È anche sulla base di questo quadro e dell'urgenza di cercare di riaffermare il valore della verità e della sua comunicazione che FOB ha promosso a gennaio dello scorso anno il Convegno su Diritto e libertà di credo in Europa e propone ora una riflessione e insieme un'intenzione sul "diritto alla verità".
Il progetto di FOB è un progetto scientifico e laico ed è quello di raccogliere la storia europea contemporanea della discriminazione delle minoranze di credenza e religiose, delle associazioni, delle chiese, dei movimenti spirituali e quella dei singoli membri e porre a confronto la "loro" verità.
Parallelamente, creare un archivio europeo della Cattiva Letteratura, Misleading Literature, raccogliendo monografie, articoli, scritti, registrazioni, interviste e programmi che dovessero essere giudicati una comunicazione contraria in tutto o in parte al "vero".
È questo in certo modo un progetto che vorrebbe essere per FOB la prosecuzione del Convegno del quale oggi vengono presentati gli atti.
Infine la conclusione di questa presentazione è nel dialogo con cui Platone ricorda che la rinuncia a ricercare la verità da parte degli uomini saggi, la lascia in balia delle menti feroci e selvagge e segna la fine della civiltà.
Non poteva essere detto più semplicemente e meglio.
Note
[1] La nozione di verità utilizzata è quella realistica. Nel dialogo Cratilo, il grande dialogo sull’origine dei nomi, Socrate, rispondendo a Ermogene, sostiene che la cosa vera è "come stanno le cose". La nozione realistica dal dialogo platonico di allora ad ora è quella usata in logica, filosofia, politica e nella comunicazione di tutti i giorni (Franca D'Agostini, 2017).
[2] Il diritto di resistenza non è presente nella Costituzione italiana. Era stato inserito nell'art. 50 (poi art. 54) del progetto di costituzione nella commissione dei 75 su proposta dell'on. Giuseppe Dossetti. Il testo era: "Quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza all'oppressione è diritto e dovere del cittadino". La proposta non fu approvata.
[3] Lo Stato di diritto è un modello politico e si contrappone allo Stato di polizia. Ne ha precisato la portata il Kelsen e la scuola di diritto pubblico fiorentina. La convinzione che in uno Stato di diritto non ci fosse l'esigenza di prevedere espressamente il diritto di resistenza, è stata la ragione per la quale non è stata approvata la proposta di Dossetti.
[4] La questione è oggi discussa non senza difficoltà dalla filosofia, sociologia e politologia trattando dei diritti c.d. aletici (Franca D'Agostini, 2017).
[5] Codice penale, libro II, "Dei delitti contro la fede pubblica" ... artt. 453 - 498, falsificazione monete, valori bollati, stati, atti, etc.
[6] Z. Bauman, Stranieri alle porte, Laterza, 2018 p. 83.
[7] John Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, 2010, p. 25.
[8] Simone Weil, La prima radice, SE, 31.
[9] Karl Popper, Lezioni di questo secolo, Marsiglio/Saggi, 1994, p. 80.