Prime considerazioni sul ''Patto nazionale per un Islam Italiano"

Giuseppe Macrina

Prime considerazioni sul ''Patto nazionale per un Islam Italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell'ordinamento statale''

di Giuseppe Macrina

È ad un altro banco di prova il dialogo tra le istituzioni pubbliche e le comunità che, espressioni delle diverse identità religiose e culturali, animano il nostro Paese.

Ed è ancora una volta il Ministero dell’Interno – quale organismo deputato ad assicurare l’ordinato vivere sociale nel rispetto delle libertà civili fra cui, quella fondamentale di religione e di culto - ad essersi reso promotore di un’iniziativa volta al confronto con le rappresentanze delle maggiori comunità islamiche presenti nel nostro Paese.

Nasce così il Patto nazionale per un Islam italiano, con il compito di esaminare e approfondire le questioni che possono costituire ostacolo all'integrazione, all'esercizio dei diritti civili e alla convivenza sicura e pacifica nell'ambito della società italiana. Con la data del 1° febbraio scorso, il Patto reca le firme del ministro Minniti e dei rappresentanti di undici comunità islamiche, tra le quali spiccano l’UCOII, la COREIS e il Centro islamico culturale d’Italia, quello a cui fa capo la grande moschea di Roma, l’unico ad avere ottenuto il riconoscimento giuridico quale ente di culto a termini della l. n.1159/1929 e del relativo regolamento del 1930. Ma spicca anche la firma di una donna, dell’Associazione madri e bimbi somali di Milano.

Seppure laico, non ritengo che vi debba essere un netto discrimine tra la sfera politica e quella religiosa, in nome di quella laicità “positiva” e “accogliente” che negli anni si sta affermando. Ma devo rilevare che iniziative più o meno analoghe a quella di cui parliamo, che pure si sono susseguite presso il Ministero dell’Interno, dalla “Carta dei valori della cittadinanza e l’integrazione” del Governo Amato sino agli anni recenti, non sono approdati a grossi risultati.

Comunque, tornando al tema che qui interessa, con il Patto viene attivato un Tavolo di confronto che ha la finalità di “favorire la convivenza armoniosa e costruttiva … considerato il ruolo rilevante che le associazioni islamiche svolgono nell'azione di contrasto a ogni espressione di radicalismo religioso posta in essere attraverso propaganda, azioni e strategie contrarie all'ordinamento dello Stato”.

Accanto al Tavolo di confronto è stato istituito, inoltre, il Consiglio per le relazioni con l'Islam Italiano, che, composto da studiosi ed esperti, ha funzioni consultive e svolge un importante ruolo nell'ambito del processo di conoscenza dell'Islam in Italia.

Nel rinviare per una lettura completa del Patto al sito del Ministero dell’Interno, soffermiamoci su alcuni impegni che le Parti reciprocamente assumono.

Il Ministero si impegna a sostenere le iniziative volte a rafforzare il dialogo tra le istituzioni e la comunità islamica, valorizzando il contributo offerto dal patrimonio spirituale e culturale della Comunità stessa, favorendo percorsi di integrazione degli immigrati musulmani e contrastando l'estremismo violento.

Le associazioni si impegnano, invece, tra l’altro:

  • ad adoperarsi affinché si realizzino le condizioni necessarie all'avvio dei processi negoziali finalizzati al raggiungimento dell’ intesa ai sensi dell’art. 8 della Costituzione. Si rammenta che tale avvio è segnato dal parere che il Ministero dell’Interno fornisce alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine all’opportunità o meno di addivenire alla stipula dell’intesa, parere che - per prassi - è tra l’altro subordinato alla condizione che l’ente esponenziale della confessione richiedente l’intesa abbia già ottenuto il riconoscimento quale ente di culto a termini della già citata l. n.1159/1929 e del regolamento del 1930;
  • proseguire nell'azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso, anche attraverso forme di collaborazione che offrano alle autorità e alle istituzioni strumenti di interpretazione di un fenomeno che minaccia la sicurezza della collettività;
  • promuovere la formazione di imam e guide religiose che, in considerazione del ruolo specifico e delicato che rivestono nelle comunità di riferimento e delle funzioni che possono essere chiamati a svolgere in luoghi come ospedali, centri di accoglienza, istituti di pena ecc.., possano anche assumere il ruolo di efficaci· mediatori per assicurare la piena attuazione dei principi civili di convivenza;
  • adoperarsi concretamente affinché il sermone del venerdì sia svolto o tradotto in italiano;
  • rendere pubblici nomi e recapiti di imam, guide religiose e personalità in grado di svolgere efficacemente il uolo cli mediazione di cui sopra.

Su quest’ultimo punto mi sembra legittimo l’affiorare di perplessità, perché sa tanto di “schedatura” e ricorda la storia piuttosto recente di un altro Ministro dell’Interno che per i rom e anche per i loro bambini aveva richiesto le impronte digitali …

D’accordo invece su un altro punto del Patto: deve essere assicurata “la massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti, ricevuti, dall'Italia o dall'estero, da destinare alla costruzione e alla gestione di moschee e luoghi di preghiera”.

Ritornando agli impegni che il Ministero ha assunto, certamente prioritario è quello, al quale già si è accennato, di sostenere le iniziative volte a rafforzare il dialogo tra le istituzioni e la comunità islamica: un impegno che andrà anche dispiegato su tutto il territorio attraverso le Prefetture, in modo da offrire all'islam italiano uno spazio di confronto diretto anche con le Istituzioni locali.

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