Cercare di vietare la macellazione Halal causa un problema per i diritti umani?

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Alessandro Amicarelli, avvocato e presidente di FOB (Federazione Europea per la Libertà di Credo), ha chiesto al Prof. Vasco Fronzoni, membro del Comitato Scientifico di FOB, se il divieto di macellazione Halal potrebbe destare preoccupazione nel campo dei diritti umani. Ne è scaturita un'intervista pubblicata su The European Times, riportata di seguito.


Di Alessandro Amicarelli — La libertà di religione e di credo tutela il diritto dei credenti di vivere la propria vita in accordo con le proprie convinzioni, entro certi limiti, e questo include anche alcune pratiche relative alle tradizioni sociali e alimentari, come ad esempio le preparazioni Halal e Kosher.

Ci sono stati casi di proposte volte a vietare le procedure Halal e Kosher argomentando sui diritti degli animali che, secondo i detrattori di queste tradizioni, sono esposti a eccessive crudeltà.

Il Prof. Vasco Fronzoni è Professore Associato presso l'Università telematica Pegaso in Italia, è specialista in Diritto della Shari'a e Mercati Islamici, ed è anche Capo Revisore dei Sistemi di Gestione per la Qualità, specializzato nel settore Halal presso l'Halal Research Council di Lahore.

D: Prof. Fronzoni quali sono le principali motivazioni addotte da chi cerca di vietare le preparazioni Halal e in generale la macellazione secondo le tradizioni Halal?

R: Le ragioni principali del divieto di macellazione rituale secondo le norme Kosher, Shechita e Halal sono legate all'idea del benessere animale e ad alleviare il più possibile le sofferenze psicologiche e fisiche degli animali durante le procedure di uccisione.

In aggiunta a questo motivo principale e dichiarato, alcuni Ebrei e Musulmani ravvisano anche il desiderio di boicottare o discriminare le loro comunità, a causa di atteggiamenti laicisti o in alcuni casi motivati dal desiderio di proteggere altre religioni maggioritarie.

D: Secondo lei è una violazione dei diritti dei Musulmani e, nel caso del Kosher, dei diritti degli Ebrei, vietare le loro tradizioni di macellazione? Persone di tutte le fedi e di nessuna fede accedono al cibo Kosher e Halal e questo non si limita alle persone di fede Ebraica e Islamica. Le persone appartenenti alle fedi Ebraica e Islamica non dovrebbero essere autorizzate a macellare secondo le loro leggi e regolamenti religiosi che esistono da diversi secoli, in quanto ciò è garantito dai loro diritti umani? Vietare queste tradizioni non significherebbe anche violare il diritto delle persone della comunità più ampia di accedere a un mercato alimentare di loro scelta?

R: A mio parere sì, vietare un tipo di macellazione religiosa è una violazione della libertà religiosa, dei cittadini e anche dei soli residenti.

Il diritto all'alimentazione deve essere inquadrato come un diritto umano fondamentale e multidimensionale, e non è solo una componente essenziale della cittadinanza, ma anche una precondizione della stessa democrazia. È già stato formalizzato con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1948 e oggi è riconosciuto da numerose fonti internazionali di soft law ed è garantito anche da diverse carte costituzionali. Inoltre, nel 1999 il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Culturali e Sociali ha pubblicato un documento specifico sul diritto a un'alimentazione adeguata.

Seguendo questo approccio, il diritto a un'alimentazione adeguata deve essere inteso sia in termini di sicurezza che di protezione alimentare e abbraccia un criterio non solo quantitativo, ma soprattutto qualitativo, dove l'alimentazione non rappresenta solo il sostentamento, ma garantisce la dignità delle persone ed è tale solo se corrisponde ai dettami religiosi e alle tradizioni culturali della comunità a cui il soggetto appartiene.

A questo proposito, appare significativo che nell'Unione Europea la Corte di Strasburgo abbia riconosciuto fin dal 2010 (HUDOC - Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Ricorso n. 18429/06 Jakobski c. Polonia) il legame diretto tra l'osservanza di particolari prescrizioni alimentari e l'espressione della libertà di credo ai sensi dell'art. 9 della CEDU.

Recentemente anche la Corte Costituzionale belga, pur sottolineando che il divieto di macellazione senza stordimento risponde a un'esigenza sociale ed è proporzionato all'obiettivo legittimo di promuovere il benessere degli animali, ha riconosciuto che vietare questo tipo di macellazione comporta una restrizione alla libertà religiosa di ebrei e musulmani, le cui norme religiose vietano il consumo di carne di animali storditi.

Pertanto, consentire un accesso mirato al cibo e alle giuste scelte alimentari è uno strumento efficace per proteggere il diritto alla libertà religiosa, in quanto aiuta i credenti a orientarsi nel mercato alimentare e a scegliere prodotti alimentari coerenti con le loro esigenze religiose.

Inoltre, occorre notare che gli standard qualitativi imposti dalle norme di accreditamento Halal e Kosher sono particolarmente severi e garantiscono un prodotto di alta qualità, con requisiti più rigorosi rispetto ai normali standard prescritti ad esempio per la certificazione BIO. È per questo motivo che molti consumatori, né musulmani né ebrei, acquistano questi prodotti perché danno priorità alla salute pubblica e lo considerano un passo essenziale per raggiungere la sicurezza alimentare, garantita dal controllo di qualità alimentare esistente in ambito ebraico e musulmano.

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Halal meat

Carne Halal al FreshCo (credits)


D: Gli organi amministrativi e i tribunali hanno dovuto occuparsi di casi relativi al cibo Halal e Kosher, oltre che delle richieste di vegetariani e vegani. Potrebbe citare quali sono le principali questioni legali in relazione alla macellazione Halal?

R: Ciò che accade in Europa è paradigmatico per rispondere a questa domanda.

Il Regolamento 1099/2009 / CE ha introdotto metodi e procedure di stordimento preliminare, che prevedono l'abbattimento degli animali solo dopo la perdita di coscienza, condizione che deve essere mantenuta fino alla morte. Tuttavia, queste norme sono in contrasto sia con la tradizione religiosa ebraica che con l'opinione della maggioranza degli studiosi musulmani, che richiedono uno stato vigile e cosciente dell'animale che deve essere integro al momento della macellazione, così come un completo dissanguamento della carne. Tuttavia, nel rispetto della libertà di religione, il regolamento del 2009 concede a ciascuno Stato membro un certo grado di sussidiarietà nelle procedure, prevedendo all'articolo 4 del regolamento una deroga per consentire alle comunità ebraiche e musulmane di effettuare la macellazione rituale.

Si cerca di trovare un equilibrio tra l'esigenza delle forme di macellazione rituale tipiche dell'Ebraismo e dell'Islam con quella delle principali norme orientate a un'idea di protezione e benessere degli animali durante l'uccisione. Pertanto, di volta in volta le legislazioni statali, guidate dall'indirizzo politico del momento e sollecitate dall'opinione pubblica locale, consentono o vietano alle comunità religiose di accedere al cibo in modo coerente con il loro credo. Accade così che in Europa ci siano Stati come la Svezia, la Norvegia, la Grecia, la Danimarca, la Slovenia, in pratica la Finlandia e in parte il Belgio che hanno applicato un divieto alla macellazione rituale, mentre altri Paesi la consentono.

A mio avviso, e lo dico da giurista e da amante degli animali, il parametro non deve ruotare solo intorno al concetto di benessere dell'animale durante l'uccisione, che può sembrare a prima vista un concetto contraddittorio e persino ipocrita e che non considera che anche i riti confessionali sono orientati in questo senso. Al contrario, il parametro deve essere orientato anche alla salute dei consumatori e nell'interesse dei mercati. Non ha senso vietare la macellazione rituale in un territorio ma poi permettere l'importazione di carne macellata ritualmente, è solo un cortocircuito che danneggia il consumatore e il mercato interno. Non mi sembra infatti un caso che in altri Paesi, dove le comunità religiose sono più numerose e soprattutto dove la filiera Halal e Kosher è più diffusa (produttori, macelli, industrie di trasformazione e di somministrazione), il concetto di benessere animale sia pensato in modo diverso. Infatti, in queste realtà dove la domanda dei consumatori è più significativa, dove ci sono molti lavoratori del settore e dove esiste un mercato radicato e strutturato anche per le esportazioni, la macellazione rituale è consentita.

Prendiamo in considerazione il Regno Unito. Qui la popolazione musulmana rappresenta meno del 5% ma consuma oltre il 20% della carne macellata sul territorio nazionale, e la carne macellata Halal rappresenta il 71% di tutti gli animali macellati in Inghilterra. Pertanto, meno del 5% della popolazione consuma oltre il 70% degli animali macellati. Questi numeri costituiscono un elemento significativo e non trascurabile per l'economia nazionale, e la liberalità dimostrata dal legislatore inglese nel consentire la macellazione rituale va inscritta nel rispetto della libertà religiosa, ma certamente in termini di economia di mercato e di tutela dei consumatori.

D: Prof. Fronzoni, lei è un Accademico che consiglia istituzioni nazionali e che conosce a fondo le comunità religiose esistenti in Europa e in particolare in Italia. Mangiare Halal è diventato la norma per molte persone, non necessariamente musulmane, ma quando si sente parlare di "shari'a" molte persone in Occidente sono ancora dubbiose e sospettose, anche se la shari'a è l'equivalente musulmano delle leggi canoniche cristiane. Le persone e le istituzioni statali devono imparare di più sull'Halal e sulla shari'a in generale? Anche le scuole e il mondo accademico in Occidente devono fare di più in questo senso? Quello che viene fatto in termini di educazione del pubblico e di consulenza ai governi è sufficiente?

R: Certo, in generale è necessario saperne di più, perché la conoscenza dell'altro porta alla consapevolezza e alla comprensione, il passo che precede l'inclusione, mentre l'ignoranza porta alla diffidenza, che costituisce il passo immediatamente precedente alla paura, che può portare a reazioni disordinate e irrazionali (radicalizzazione da un lato e islamofobia e xenofobia dall'altro).

Le associazioni religiose, soprattutto quelle islamiche, fanno ben poco per far conoscere le loro tradizioni e le loro esigenze all'opinione pubblica e ai governi, e questo è certamente un elemento critico e una loro pecca. Certo, per essere ascoltati bisogna avere orecchie disposte a farlo, ma è anche vero che molti musulmani che vivono nella diaspora devono sforzarsi di partecipare di più alla vita nazionale e di comportarsi come cittadini, non come stranieri.

L'attaccamento alle proprie origini è lodevole e utile, ma dobbiamo prendere atto che le differenze di lingua, abitudini e religione non sono un ostacolo all'inclusione e che non c'è antinomia tra vivere in Occidente ed essere musulmani. È possibile e anche opportuno favorire il processo di inclusione, e questo può avvenire con la condivisione del senso di identità, con l'educazione e con il rispetto delle regole. Chi è istruito capisce che bisogna accettare gli altri, nonostante le loro differenze.

Penso anche che le istituzioni nazionali e i politici dovrebbero chiedere più consulenza tecnica a chi conosce entrambi i mondi.

D: Ha qualche suggerimento e consiglio da dare a chi cerca di vietare le produzioni Halal in Occidente?

R: Il mio suggerimento va sempre nella direzione della conoscenza.

Da un lato, i pregiudizi fondamentalisti di certe idee di animalismo dovrebbero essere confrontati con gli atteggiamenti sul benessere degli animali esistenti nelle tradizioni ebraica e musulmana, che vengono regolarmente ignorati ma che esistono.

D'altra parte, operando un bilanciamento di interessi non sempre facile, va rilevato che è emersa una nuova accezione del principio di libertà religiosa, come diritto ad accedere ad un'alimentazione adeguata in modo confessionale. Si deve quindi attuare una nuova configurazione del principio di libertà di credo, che emerge come diritto ad accedere a un'alimentazione adeguata in linea con i dettami confessionali della macellazione rituale, secondo una particolare declinazione finalizzata alla sostenibilità economica di produttori e consumatori, e anche in termini di sicurezza alimentare.

Fonte: The European Times

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