Per capire il mondo gli stereotipi vanno superati

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Steno Sari

di Steno Sari — Da sempre gli stereotipi ci aiutano a catalogare il mondo intorno a noi. Come delle bussole ci orientano in una realtà altrimenti troppo grande per noi, che viene così addomesticata e suddivisa, con poche sottigliezze, in schieramenti manichei, netti, tra buoni e cattivi, civili e incivili, dentro e fuori, vicini e lontani. Ci affezioniamo facilmente agli stereotipi ed abbiamo difficoltà ad abbandonarli, perché riescono ad esercitare su di noi un'azione calmante, tranquillizzante; ci rassicurano dandoci la conferma che la realtà che ci troviamo ad affrontare è chiara, proprio come ce la si doveva aspettare, senza nessuna inquietante anomalia.

Ma il mondo, lo sappiamo, è ben più complesso e sconosciuto di quanto osiamo pensare. Quando ce ne accorgiamo possiamo sentirci disorientati o addirittura spaventati perché i personaggi da collocare nelle caselle non sempre vanno nel posto che avremmo pensato. Ma non necessariamente questo è un male. Anzi, potrebbe significare per noi una scoperta illuminante.

Ce lo ha ricordato il film di Giorgio Treves, "La Croce e la Svastica", un viaggio-inchiesta presentato venerdì sera alla Festa del Cinema di Roma. Nell'immensa tragedia umana dell'Olocausto scopriamo che nei lager nazisti furono rinchiusi e uccisi, oltre ai milioni di ebrei, anche chi non ci aspetteremmo di trovare. Cosa ci facevano molti di fede cristiana nei lager, accomunati alle vittime dello sterminio voluto per gli ebrei? Per Hitler questi cristiani, a differenza degli altri prigionieri, potevano pure appartenere alla sua vantata razza ariana, ma la loro scelta di appartenere a una particolare fede cristiana li rendeva comunque indegni di vivere. In mezzo a dissidenti cattolici, protestanti e ortodossi, singolare è il caso dei Testimoni di Geova. I nazisti non li tolleravano e Hitler stesso giurò di spazzarli via. Per alcuni questa può essere una scoperta che infrange qualche vecchio stereotipo.

Per non rinunciare ai loro ideali di fede, come ad esempio quello di non uccidere, i Testimoni scelsero di essere uccisi e condivisero la sorte di chi per motivi diversi dai loro – etnia, scelta politica o orientamento sessuale – fu rinchiuso nei lager. Simone Arnold-Liebster, la cui storia è narrata nel film di Treves, scrive nel suo libro autobiografico "Sola di fronte al leone": «Le persone animate da un ideale possiedono una forza inaspettata. La speranza è il solo bene a disposizione di tutti gli uomini. Perfino i diseredati la possiedono ancora».

E tuttora stereotipi e pregiudizi condizionano il nostro sguardo verso chi consideriamo diverso, o anche solo fastidioso per definizione, proprio come il Testimone di Geova che ci ferma per strada. Scoprire che anche noi siamo portatori di stereotipi e pregiudizi ci può disorientare. Ma allo stesso tempo la scoperta può allargare i nostri orizzonti. A noi la scelta se accontentarci di polverosi stereotipi preconcetti, con cui assegnare con disinvoltura un ruolo e un valore alle persone intorno a noi, o invece accettare la sfida di confrontarsi con il mondo con il rischio di scoprirlo diverso e capire di dover cambiare prospettiva per imparare a vivere nel modo più pieno possibile.

Articolo apparso su Libero il 23 ottobre 2022 e ripubblicato, con l'autorizzazione dell'autore, in occasione della messa in onda su RAI 3 del film "La Croce e la Svastica" di Giorgio Treves