Coronavirus e Shincheonji: una caccia alle streghe da fermare

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Shincheonji e il coronavirus in Corea del Sud: separare i fatti dalla fantasia Un libro bianco

Siamo studiosi, attivisti per i diritti umani, reporter e avvocati, tutti con un’esperienza considerevole nel campo dei nuovi movimenti religiosi (spregiativamente chiamati «sette» dagli avversari). Alcuni di noi hanno studiato il nuovo movimento religioso cristiano coreano noto come Chiesa Shincheonji di Gesù, Tempio del Tabernacolo della Testimonianza (Shincheonji Church of Jesus, Temple of the Tabernacle of the Testimony, in breve, Shincheonji).

La grande quantità di informazioni inesatte che circolano su Shincheonji e il coinvolgimento di questa Chiesa nella crisi provocata dal coronavirus in Corea del Sud ci preoccupa. Per questo abbiamo intervistato fedeli di Shincheonji e studiosi coreani, ed esaminato documenti sia del governo sudcoreano sia di Shincheonji. Allo scopo di aiutare le organizzazioni internazionali, i media e altri soggetti interessati a comprendere meglio la situazione abbiamo quindi preparato questo “libro bianco”. Nessuno di noi appartiene a Shincheonji, né ci riconosciamo nella sua teologia. Ma le critiche teologiche non devono essere confuse con la discriminazione o con la violazione dei diritti umani.

Massimo Introvigne, Centro Studi sulle Nuove Religioni

Willy Fautré, Human Rights Without Frontiers

Rosita Šorytė, International Observatory of Human Rights of Refugees

Alessandro Amicarelli, avvocato, European Federation for Freedom of Belief

Marco Respinti, giornalista


Shincheonji e il coronavirus in Corea del Sud:
separare i fatti dalla fantasia
Un libro bianco

Massimo IntrovigneMassimo Introvigne è un sociologo delle religioni italiano. È il fondatore e il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi. Autore di una settantina di libri e di più di 100 articoli nel campo della sociologia della religione, dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto, nell’ambito dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), il ruolo di “Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Dal 2012 al 2015 è stato coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, istituito dal ministero italiano degli Esteri per monitorare lo stato della libertà religiosa a livello mondiale.

Willy FautréWilly Fautré, già capo missione nel gabinetto del ministero belga dell’Educazione e nel parlamento belga, è il direttore di Human Rights Without Frontiers, la ONG con sede a Bruxelles che ha fondato nel 1988. In questa veste ha svolto missioni di inchiesta sui diritti umani e sulla libertà religiosa in oltre 25 Paesi. Docente universitario nel campo della libertà religiosa e dei diritti umani, è autore di numerosi articoli sui rapporti fra Stato e religioni, pubblicati su periodici accademici. Organizza regolarmente convegni al Parlamento Europeo su diversi temi tra cui la libertà di religione e di credo, e per anni ha promosso la libertà religiosa nelle istituzioni europee, all’OSCE e all’ONU.

Rosita ŠorytėRosita Šorytė è entrata nel 1992 al ministero degli Esteri della Lituania e per 25 anni ha lavorato come diplomatico, fra l'altro all'UNESCO a Parigi e alle Nazioni Unite a New York. Nel 2011 è stata rappresentante della presidenza lituana dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) nell'Ufficio per le istituzioni democratiche e per i diritti umani di Varsavia. Nel biennio 2012-2013 ha presieduto il Gruppo di lavoro dell’Unione Europea (UE) sugli aiuti umanitari per conto della presidenza pro tempore lituana della UE. Attiva nel campo della libertà religiosa e in favore dei rifugiati costretti a lasciare i propri Paesi di origine a causa della persecuzione religiosa, è co-fondatrice e presidente dell'ORLIR, l’International Observatory of Religious Liberty of Refugees. È autrice di diversi articoli sulla libertà religiosa e su iniziative umanitarie di natura religiosa.

Alessandro AmicarelliAlessandro Amicarelli, socio e direttore della Obaseki Solicitors Law Firm di Londra, è avvocato (solicitor) delle Corti superiori di Inghilterra e Galles, nonché avvocato in Italia, specializzato sia in Diritto internazionale e diritti umani sia in Diritto dell’immigrazione e dei rifugiati. A lungo docente universitario in tema di diritti umani, ha insegnato, fra l’altro, nell’Università Carlo Bo di Urbino e nella Soochow University di Taipei, a Taiwan. È presidente e portavoce della European Federation for Freedom of Belief (FOB).

 

Marco RespintiMarco Respinti, italiano, è giornalista professionista, saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Uno dei suoi libri, pubblicato nel 2008, ha per oggetto i diritti umani in Cina. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal, un’organizzazione educativa statunitense apartitica e senza fini di lucro che ha sede a Mecosta, nel Michigan, è anche socio fondatore e membro del consiglio direttivo del Center for European Renewal, un’organizzazione educativa paneuropea apartitica e senza fini di lucro che ha sede a L’Aia, nei Paesi Bassi.

 

1. Introduzione: epidemie e religioni

Siamo studiosi, attivisti per i diritti umani, reporter e avvocati, tutti con un’esperienza considerevole nel campo dei nuovi movimenti religiosi (spregiativamente chiamati «sette» dagli avversari). Alcuni di noi hanno studiato il nuovo movimento religioso cristiano coreano noto come Chiesa Shincheonji di Gesù, Tempio del Tabernacolo della Testimonianza (Shincheonji Church of Jesus, Temple of the Tabernacle of the Testimony, in breve, Shincheonji).

La grande quantità di informazioni inesatte che circolano su Shincheonji e il coinvolgimento di questa Chiesa nella crisi provocata dal coronavirus in Corea del Sud ci preoccupa. Per questo abbiamo intervistato fedeli di Shincheonji e studiosi coreani, ed esaminato documenti sia del governo sudcoreano sia di Shincheonji. Allo scopo di aiutare le organizzazioni internazionali, i media e altri soggetti interessati a comprendere meglio la situazione abbiamo quindi preparato questo “libro bianco”. Nessuno di noi appartiene a Shincheonji, né ci riconosciamo nella sua teologia. Ma le critiche teologiche non devono essere confuse con la discriminazione o con la violazione dei diritti umani.

La storia mostra come, in tempi di epidemie, la ricerca di capri espiatori sia prassi ricorrente. Spesso questi capri espiatori vengono identificati con minoranze religiose impopolari. Durante l’epidemia della Peste nera, propagatasi nel secolo XIV in Europa, furono gli ebrei a essere accusati di diffondere intenzionalmente il morbo in ragione del loro presunto odio verso la maggioranza cristiana. Migliaia di persone furono quindi linciate o bruciate sul rogo. Nella sola città di Strasburgo, in Francia, il 14 febbraio 1349, 2mila ebrei vennero bruciati perché accusati di avere presumibilmente diffuso la peste (Gottlieb 1983, p. 74).

Nel 1545, quando Giovanni Calvino (1509-1564) guidava Ginevra, dissidenti religiosi furono accusati di avere provocato la peste e almeno 29 di loro furono giustiziati (Naphy 2003, pp. 90-101). Nei secoli XVI e XVII i cattolici nei Paesi protestanti e i protestanti nei Paesi cattolici venivano giustiziati sempre con l'accusa di diffondere la peste (Naphy 2002). Ancora nel 1630, a Milano, i praticanti di forme di religione popolare facilmente confuse con la stregoneria furono accusati di diffondere la peste e giustiziati (Nicolini 1937), una storia che in Italia è ben nota perché citata nel romanzo nazionale I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873).

È certamente vero che raduni religiosi, pellegrinaggi e processioni possano essere pericolosi in periodi di epidemie, così come lo sono tutti gli altri eventi di massa, e che possano contribuire a diffondere virus. Tuttavia, le accuse secondo cui, in odio alle maggioranze, alcune minoranze religiose diffonderebbero di proposito le epidemie sono state unanimemente denunciate dagli storici come ipotesi complottiste, esempi di panico morale e pretesti per perseguitare gruppi impopolari

FATTI

  • I raduni religiosi in periodi di epidemie possono contribuire a diffondere i virus.

FANTASIE

  • Non è vero che, in odio alle maggioranze, le minoranze religiose diffondano virus e causino epidemie di proposito.

 

2. Cos'è Shincheonji?

Quando le notizie su Shincheonji e sul virus hanno iniziato a circolare fuori dalla Corea del Sud, la maggior parte dei media ha tratto informazioni su questo movimento coreano da fonti Internet di basso livello e dai media coreani, i quali, per le ragioni spiegate nel prossimo capitolo, vantano una lunga tradizione di ostilità verso Shincheonji. Di conseguenza, le false informazioni sono rimbalzate da un articolo all'altro.

In Corea vi sono centinaia di nuovi movimenti religiosi (NMR), sia cristiani sia non cristiani. Negli anni 1960 il NMR cristiano di maggior successo in Corea del Sud è stato la Chiesa dell'albero d’Ulivo, fondata da Park Tae-seon (1915-1990) cui sono stati attribuiti 1,5 milioni di seguaci. La pretesa di Park di essere Dio incarnato, superiore a Gesù Cristo, ha portato molti dei suoi a lasciare la Chiesa dell’Ulivo. Alcuni dei fuoriusciti si sono poi uniti a un diverso NRM noto come Tempio del Tabernacolo, nato nel 1966 dall'esperienza di otto persone (sette "messaggeri" e un anziano) radunatesi sul Monte Cheonggye. Rimasto per 100 giorni in quel luogo, il gruppo ebbe la sensazione di imparare la Bibbia sotto la guida dello Spirito Santo.

Lee Man-Hee, nato il 15 settembre 1931, nel villaggio di Punggak, nel distretto di Cheongdo, nella provincia del Gyeongsang Settentrionale, in Corea (ora Corea del Sud), predicatore autodidatta ed ex militare, si è unito alla Chiesa dell’Ulivo nel 1957 e al Tempio del Tabernacolo nel 1967. Quando nel Tempio del Tabernacolo dilagò la corruzione, giunta fino a provocare l'arresto del suo leader, Yoo Jae Yul (nato nel 1949), Lee, facendo proprie le richieste di molti seguaci, invocò la riforma. La leadership del Tempio reagì facendolo minacciare e picchiare, e quindi Lee se ne distaccò dando vita a una nuova Chiesa, la Chiesa Shincheonji (che significa «Nuovo Paradiso e nuova Terra») di Gesù, Tempio del Tabernacolo della Testimonianza, fondata il 14 marzo 1984. Nel frattempo, il Tempio del Tabernacolo aveva finito per collassare, fondendosi con un ramo della Chiesa presbiteriana. Shincheonji ritiene che il nuovo Tabernacolo della Testimonianza sia sorto al venire meno del vecchio.

Secondo Lee tutti questi eventi erano stati previsti nel libro dell'Apocalisse della Bibbia, le cui profezie si sono realizzate in Corea del Sud attraverso l'ascesa e la distruzione del Tempio del Tabernacolo, avvenimenti che hanno aperto la via alla venuta del «vincitore», il «pastore promesso» annunciato nel Nuovo Testamento.

Shincheonji ritiene che il pastore promesso sia Lee.

Contrariamente a quanto riportato da diversi media a fronte della crisi odierna, Shincheonji non considera Lee (che chiama presidente Lee) Dio o la seconda venuta di Gesù Cristo. In quanto pastore promesso, Lee è il centro dell'alleanza tra Dio e l'umanità, il Nuovo Israele spirituale dopo l'Israele fisico dell'Antico Testamento e l'Israele spirituale inaugurato da Gesù. Dopo che sia la Chiesa Cattolica sia le Chiese protestanti hanno progressivamente corrotto la vera dottrina cristiana, il pastore promesso, cioè Lee, è stato chiamato a ripristinarla nella sua purezza originale, portando a compimento l'alleanza stabilita da Gesù duemila anni fa. Ma per Shincheonji il presidente Lee è un essere umano, non un'incarnazione divina, sebbene Dio gli abbia affidato una missione molto speciale e molto importante.

Come altri movimenti millennaristi cristiani, Shincheonji crede che presto l’umanità entrerà nel Millennio annunciato nell'Apocalisse, un'era di pace che appunto durerà per mille anni. Il Millennio sarà popolato sia dai 144mila santi menzionati nell'Apocalisse sia da una «moltitudine immensa vestita di bianco» ancora più grande. Molti fedeli di Shincheonji credono che il presidente Lee vivrà fino a quando il Millennio non sarà inaugurato. All'obiezione che la cosa sembra improbabile, dato che Lee compirà 90 anni nel 2021, i fedeli del movimento rispondono di confidare nell'amore e nelle promesse di Dio.

Shincheonji è divisa in dodici tribù, che gestiscono sia la Chiesa in diverse zone della Corea sia le missioni all'estero. Le funzioni religiose vengono svolte due volte la settimana, il mercoledì e la domenica. Alle funzioni i fedeli si inginocchiano e pertanto nelle loro chiese non ci sono sedie (tranne che per anziani e infermi). Le chiese sono spesso ospitate in grandi edifici, i cui altri piani sono adibiti a scopi di altra natura. Questo sia perché è difficile ottenere dal governo il permesso di erigere luoghi di culto di Shincheonji, sia perché in alcune aree metropolitane i prezzi dei terreni sono molto elevati e superano le possibilità finanziarie delle comunità locali.

La crescita di Shincheonji è stata inizialmente lenta, ma, a partire dagli anni 1990, ha accelerato. Nel 2007 le adesioni erano arrivate a 45mila. Nel 2012 la Chiesa contava 120mila fedeli, 140mila nel 2014, 170mila nel 2016 e 200mila nel 2018 e una presenza in tutti i continenti, sebbene la più cospicua continui a essere quella in Corea del Sud.

A differenza, però, di altri movimenti millennaristi, che attendono semplicemente che Dio conduca gli uomini dentro al Millennio, Shincheonji crede che Dio voglia che gli uomini cooperino alla preparazione del Millennio, compiendo buone azioni umanitarie e promuovendo la pace. Il presidente Lee ha infatti promosso un numero impressionante di iniziative di educazione alla pace, di cooperazione internazionale, di aiuto umanitario e di beneficenza, la maggior parte delle quali condotte sotto l'egida della Heavenly Culture, World Peace, Restoration of Light (HWPL), ovvero «Cultura celeste, pace nel mondo, restaurazione della luce», un'organizzazione che Lee ha fondato nel 2013. Sembra del resto altamente improbabile che, come obiettano i suoi avversari, l’HWPL sia solo una copertura per reclutare nuovi fedeli. Alle iniziative dell’HWPL partecipano infatti presidenti e primi ministri, dignitari di organizzazioni internazionali e leader di diverse religioni. Laddove indubbiamente queste iniziative aumentano la visibilità del presidente Lee come leader religioso e umanitario mondiale, ovviamente Shincheonji non si aspetta che certi luminari di fama internazionale si convertano alla sua fede (per altre informazioni su Shincheonji, cfr. Introvigne 2019).

FATTI

  • Shincheonji ritiene di essere il Nuovo Israele spirituale che ripristina il messaggio originale di Gesù Cristo corrotto dai cattolici e dai protestanti.
  • Shincheonji ritiene che Lee Man Hee sia il "pastore promesso" scelto da Dio per guidare l'umanità nel Millennio.
  • Shincheonji ritiene che il Millennio, un regno di pace che durerà mille anni, sia imminente e che sia 144mila “santi” sia una
  • «moltitudine immensa vestita di bianco» ancora più grande
  • entreranno nel regno del Millennio.
  • La maggior parte dei fedeli di Shincheonji ritiene che il presidente Lee vivrà fino vedere l'avvento del Millennio.
  • Il presidente Lee insegna che gli uomini debbano cooperare attivamente con Dio per creare un regno di pace. Per questo promuove iniziative di educazione alla pace e iniziative umanitarie attraverso un'organizzazione chiamata HWPL (Heavenly Culture, World Peace, Restoration of Light, ovvero «Cultura celeste, pace nel mondo, restaurazione della luce»).

FANTASIE

  • Non è vero che Shincheonji consideri il presidente Lee come Dio o come una nuova incarnazione di Gesù Cristo.
  • Non è vero che Shincheonji insegni che solo 144mila suoi fedeli entreranno nel Millennio.
  • Non è vero che la funzione dell'HWPL sia quella di fungere da facciata per reclutare nuovi fedeli per Shincheonji.

 

3. Perché Shincheonji è fortemente osteggiata?

Mentre in altri Paesi, i gruppi fondamentalisti e ultra-conservatori hanno una porzione minoritaria del mondo protestante, per ragioni storiche legate alle prime missioni svolte in Corea e poi alla Guerra di Corea, in Corea del Sud i fondamentalisti «sono diventati predominanti e maggioritari, emarginando le Chiese moderate e progressiste» (Kim 2007, p. 175). Con l'aiuto di uomini politici autoritari, i fondamentalisti hanno acquistato influenza anche nella politica, nell'economia e nei media, un’influenza che, in gran parte, mantengono ancora oggi.

Tuttavia, per quanto grande sia stato il loro successo, i protestanti fondamentalisti si sono trovati di fronte a una sfida che non si aspettavano: i nuovi movimenti religiosi cristiani. Di questi movimenti Shincheonji, benché forse non il più grande, è diventato quello in crescita più rapida. I fondamentalisti hanno quindi reagito come tipicamente fanno le religioni maggioritarie quando si sentono minacciate dalle minoranze in crescita. Hanno accusato le minoranze di maggior successo, come appunto Shincheonji, di "rubare loro il gregge", per di più importando teorie anti-sette occidentali sconfessate decenni fa dai maggiori specialisti del settore, teorie attraverso cui sostengono che le “sette” non crescerebbero di numero attraverso conversioni spontanee, bensì perché userebbero con maestria sinistre e misteriose tecniche di "lavaggio del cervello".

Una spiegazione più semplice del successo ottenuto dai nuovi movimenti religiosi cristiani in Corea del Sud è invece che, pur apprezzando il cristianesimo, molti coreani da un lato non si sentono a proprio agio nell’atmosfera fredda e moralista delle Chiese fondamentaliste, dall’altro giudicano le congregazioni della minoranza progressista troppo intellettuali e non meno, seppur diversamente, fredde. Naturalmente i fondamentalisti non accettano questa spiegazione, poiché implicherebbe ammettere che nel loro modo di presentare il cristianesimo vi sia qualcosa di sbagliato. E così, per tutta risposta, creano e promuovono organizzazioni che combattono le "sette" e le "eresie".

Nel secolo XXI, anche grazie ai contatti che hanno con gruppi statunitensi di orientamento analogo, i protestanti coreani conservatori e fondamentalisti hanno imparato a utilizzare le strategie che vengono comunemente impiegate per ottenere successi elettorali a livello politico e formare coalizioni ampie. Gli ambienti in questione sono di orientamento sia antiprogressista sia anti-sette, e quegli stessi ambienti (spesso le stesse persone) organizzano raduni e occasionalmente ricorrono alla violenza contro i gruppi che definiscono "sette", contro gli omosessuali e pure contro i rifugiati musulmani che cercano asilo in Corea, dal momento che considerano l'islam una religione pagana e demoniaca, intrinsecamente incline al terrorismo.

Shincheonji è l’obiettivo principale delle campagne fondamentaliste per una ragione semplice. Cresce, e cresce spesso convertendo i fedeli delle Chiese fondamentaliste. Oltre che di “eresia”, un'accusa che i cristiani si scambiano disinvoltamente tra loro sin dai tempi degli Apostoli, Shincheonji viene accusata anche di dissimulazione. In effetti Shincheonji ammette che ai cristiani e ad altre persone che invita alle proprie riunioni non venga immediatamente detto chi ne sia l'organizzatore, e che i suoi fedeli a volte frequentino le funzioni religiose di altre Chiese dove incontrano persone che poi inviteranno alle riunioni di Shincheonji. Ma il movimento giustifica questi atteggiamenti spiegando che i propri oppositori diffondono informazioni dispregiative, generando così un circolo vizioso. Per via delle calunnie diffuse dai media e della propaganda ostile, se ne venisse menzionato il nome pochi insomma parteciperebbero agli eventi di Shincheonji, dal momento che il movimento viene descritto a tinte fosche come fosse un problema per la società. Dal canto proprio i critici additano il non rendere subito evidente il nome della Chiesa e pure l’uso, talvolta, di nomi alternativi come prova del fatto che Shincheonji sia una "setta" dedita alla "dissimulazione". Vale però la pena di notare che, in Corea del Sud, l’uso di presentare i movimenti religiosi nelle strade, in specie quando criticati sui media, senza palesarne il nome o illustrandone prima le attività culturali di quelle religiose, è relativamente comune e non esclusivo di Shincheonji.

Sia come sia, in tempi come gli attuali, in cui le informazioni corrono velocemente via Internet, è facile collegare a Shincheonji i nomi alternativi usati dalla Chiesa attraverso una semplice ricerca su Google che costa due minuti di tempo. È assurdo anche affermare che la maggior parte delle conversioni a Shincheonji vengano carpite con l’inganno. Anche chi avesse accettato di partecipare a una funzione religiosa o a una riunione senza rendersi conto che l'organizzatore fosse Shincheonji si renderebbe ovviamente conto di quale movimento religioso si tratti non appena iniziasse ad ascoltarne sermoni e messaggi. Oggi, comunque, Shincheonji adotta sempre più l’“evangelizzazione aperta”, esplicitando il proprio nome in tutti i propri inviti e in tutte le proprie attività.

Questo non ha peraltro diminuito la violenza delle campagne anti-Shincheonji. Utilizzando le capacità e i legami con la politica che hanno acquisito, i fondamentalisti ricorrono al braccio secolare e invocano azioni governative contro Shincheonji. Sentendosi pure in diritto di farsi giustizia da sé, ricorrono anche alla violenza. La deprogrammazione era una pratica popolare negli Stati Uniti d’America negli anni 1970. Lamentandosi perché le sette praticavano il “lavaggio del cervello” ai loro figli adulti, i genitori assumevano professionisti che li rapivano, li segregavano e li sottoponevano a un "contro-lavaggio del cervello" fino a quando non avessero rinunciato alla "setta". Alla fine del secolo, però, dopo che i tribunali americani ed europei hanno dichiarato illegale la deprogrammazione, la pratica si è ridotta a pochi incidenti isolati.

Sempre alla fine del secolo, però, in Giappone, è stato sviluppato un tipo speciale di deprogrammazione. Invece che professionisti laici i deprogrammatori erano pastori protestanti fondamentalisti. Vennero così rapiti e segregati dai genitori, per essere poi "deprogrammati" dai pastori, alcuni fedeli della Chiesa dell'Unificazione e di altri gruppi "eretici". I tribunali giapponesi hanno impiegato diversi anni per condannare la deprogrammazione, ma alla fine lo hanno fatto nel 2014.

Tra i Paesi democratici la deprogrammazione sopravvive solo in Corea del Sud, con migliaia di casi. Le vittime vengono rapite e segregate dai genitori, e deprogrammate da pastori protestanti che lavorano come deprogrammatori professionisti. Vittime della deprogrammazione sono una decina di cosiddette sette, ma il più preso di mira, con oltre duemila casi, è Shincheonji. Nel 2018 una fedele di Shincheonji, Gu Ji-In (1992-2018), è morta in conseguenza del secondo tentativo di deprogrammarla, avendo il primo fallito. La donna aveva cercato di scappare, ma i genitori l’avevano legata e imbavagliata, finendo per soffocarla. I fedeli di Shincheonji e di altri gruppi scesero a quel punto per le strade, inscenando dimostrazioni di massa.

Nel Rapporto sulla libertà religiosa che ha pubblicato nel 2019, e che è relativo a fatti occorsi nel 2018, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti scrive: «In gennaio, alla notizia che due genitori avevano ucciso la propria figlia nel tentativo di costringerla a convertirsi alla propria denominazione cristiana da ciò che essi consideravano una setta, 120mila cittadini si sono radunati a Seoul e in altre città per protestare contro le conversioni forzate praticate da alcuni pastori cristiani. I manifestanti hanno criticato il governo e le Chiese per il silenzio mantenuto sulla vicenda, chiedendo loro d’intervenire» (Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America 2019).

Ciononostante, la deprogrammazione continua, facendo registrare numerosi episodi di violenza, oltre persino a tentativi di rapire e di segregare i fedeli di Shincheonji in ospedali psichiatrici. Nel solo 2019 Shincheonji ha documentato 116 casi di tentata deprogrammazione. Sebbene inclini a considerarli “affari di famiglia” con cui non si deve interferire, i tribunali coreani a volte condannano i genitori ‒ nonostante la riluttanza dei figli adulti di questi a denunciarli, nel contesto di una società in cui la famiglia è un’istituzione fondamentale ‒, ma mai i deprogrammatori, che di norma non partecipano ai rapimenti bensì li istigano, che intascano somme di denaro in alcuni casi esorbitanti rispetto ai servizi prestati, e che sono chiaramente complici della reclusione illegale e della violenza. Una linea di difesa frequentemente adottata dai deprogrammatori è il fatto che rapiti e reclusi firmino dichiarazioni di "consenso" alla deprogrammazione. È accaduto anche in altri Paesi, dove però i tribunali hanno rapidamente concluso che quei documenti fossero stati firmati sotto coercizione e quindi non avessero validità legale.

La deprogrammazione non è l'unica forma di violenza praticata contro Shincheonji. È la forma più drammatica, ma non quella più diffusa. I non coreani potrebbero avere difficoltà a rendersi conto di quanto sia difficile essere fedeli di Shincheonji in Corea del Sud. Abbiamo raccolto, prima della crisi del coronavirus, centinaia di storie di fedeli che, una volta che ne era stata scoperta l’appartenenza a Shincheonji, sono stati vittime di bullismo nelle scuole e nei college o sul posto di lavoro. Alcuni il lavoro lo hanno persino perso. Questo spiega perché i fedeli di Shincheonji tendano a non rivelare la propria appartenenza religiosa ad amici e a colleghi, e perché alcuni lo nascondano anche alle proprie famiglie. Sfortunatamente, però, in Corea del Sud gli oppositori fondamentalisti di Shincheonji sono riusciti a creare una diffusa ostilità sociale nei confronti di questo movimento, ostilità che hanno pure cercato di esportare in altri Paesi attraverso reti sia fondamentaliste sia anti-setta.

FATTI

  • Shincheonji cresce spesso convertendo fedeli di Chiese protestanti fondamentaliste.
  • A volte Shincheonji ha invitato persone alle proprie attività senza rivelare che l’organizzatore fosse Shincheonji o usando nomi alternativi, e i suoi fedeli hanno partecipato a funzioni religiose di altre Chiese dove hanno incontrato persone che poi avrebbero invitato alle attività di Shincheonji (anche se il movimento sta ora sostituendo queste modalità con l'"evangelizzazione aperta" dove il nome Shincheonji viene palesato).
  • Gli oppositori fondamentalisti di Shincheonji hanno usato le proprie connessioni politiche per chiedere interventi del governo contro Shincheonji molto prima della crisi provocata dal virus.
  • Migliaia di fedeli di Shincheonji sono stati rapiti e reclusi illegalmente per essere "deprogrammati".

FANTASIE

  • Non è vero che Shincheonji pratichi il "lavaggio del cervello". Di fatto la più autorevole letteratura specialistica sui nuovi movimenti religiosi ha da decenni sconfessato le teorie sul lavaggio del cervello, definendole pseudo-scientifiche.
  • Non è vero che i nuovi convertiti vengano "ingannati" per essere indotti a unirsi a Shincheonji. In alcuni casi potrebbero non avere saputo che l'organizzatore di incontri cui venivano invitati per la prima volta fosse Shincheonji, ma lo hanno scoperto subito iniziando ad ascoltarne messaggi e sermoni.
  • Non è vero che i fedeli di Shincheonji acconsentano a essere sottoposti alla deprogrammazione, benché, sotto costrizione, possano anche firmare "dichiarazioni di consenso".

 

4. Shincheonji, sofferenza e malattia

Quando è scoppiata la crisi del coronavirus si è letta ogni sorta di commenti sulle posizioni teologiche di Shincheonji in tema di sofferenza e di malattia, secondo una gamma che va dalla semplice inesattezza all’insulsaggine più completa. Uno dei problemi è stato che giornalisti non particolarmente avvezzi alla teologia cristiana hanno preso a scrivere come se fossero diventati teologi dilettanti nottetempo. Hanno per esempio considerato peculiari di Shincheonji teorie sul motivo della sofferenza umana e della morte che invece sono condivise da milioni di cristiani. Un periodico altrimenti autorevole ha definito «cattiva teologia» (Park 2020) il giudizio che Shincheonji dà della sofferenza. Anche il termine «ridicolo» è stato disinvoltamente adoperato a proposito di dichiarazioni di natura teologica di Shincheonji, dichiarazioni in cui invece i giornalisti, in particolare quelli statunitensi, avrebbero potuto facilmente imbattersi semplicemente partecipando a una funzione religiosa domenicale nella Chiesa evangelicale sotto casa, oltre che condivise da decine di senatori degli Stati Uniti e persino da uomini politici con cariche più elevate.

Di fatto ciò che contraddistingue la teologia di Shincheonji sulla sofferenza umana è che in essa non vi è nulla che la contraddistingua. Certamente altre idee teologiche di Shincheonji sono peculiari e molte lontane dagli insegnamenti del cristianesimo maggioritario, fra cui per esempio l’affermazione secondo cui il presidente Lee sarebbe il pastore promesso che guiderà l'umanità nel Millennio e che alcuni degli eventi annunciati nell'Apocalisse si siano già verificati in Corea del Sud. Ma questo non è vero per gli insegnamenti del presidente Lee sulla sofferenza. Quegli insegnamenti sono infatti patrimonio comune alla maggior parte delle Chiese protestanti conservatrici di tutto il mondo.

Il presidente Lee insegna infatti che, come si legge nella Bibbia, Dio non desiderava che gli uomini soffrissero, si ammalassero e morissero. L’origine di questi mali si scopre leggendo il racconto dell'Albero della conoscenza del Bene e del Male nel libro della Genesi, il primo libro della Bibbia. Dio disse ad Adamo e a Eva di non mangiare i frutti di quell’albero nel Giardino dell'Eden. Sedotti dal diavolo, i primi progenitori invece ne mangiarono. La sofferenza, la malattia e la morte sono entrate nel mondo come conseguenza di questo fatto. Mentre alcuni

cristiani conservatori e fondamentalisti insistono nel dire che questo racconto debba essere inteso letteralmente, il presidente Lee insegna che «i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male non sono ovviamente veri frutti», e «mangiarli» significa «ascoltare e accettare gli insegnamenti di Satana», cosa che porta a compiere le azioni malvagie che Dio considera peccati (Lee 2014, pp. 94-5).

Quanto accaduto nel Giardino dell'Eden, insegna il presidente Lee, ha avuto conseguenze drammatiche su tutta la storia umana. Fino alla completa restaurazione del patto originale di Dio con l'umanità si continuerà a soffrire e a morire. C'è però speranza. L'Apocalisse annuncia il Millennio, un mondo in cui non vi saranno né malattie, né sofferenze, né morte. Chi entrerà nel Millennio verrà finalmente liberato da questi mali. Sono insegnamenti comuni anche a un gran numero di Chiese protestanti conservatrici.

Gli eventi che portano a questa conclusione gloriosa hanno già iniziato a svolgersi (Lee 2004, p. 251), ma chiaramente non si è ancora entrati nel Millennio. Fino all’avvento del Millennio ‒ il movimento insegna ‒ gli uomini continuano e continueranno ad ammalarsi e a morire, e questo vale anche per i fedeli di Shincheonji. Laddove nel Millennio non vi saranno malattie, per il momento invece ci si ammala ancora e si ha bisogno di aiuto sotto forma di assistenza, di ospedali e di medici. Alcuni media hanno confuso la speranza di Shincheonji in un Millennio venturo, in cui la malattia scomparirà, con l’atteggiamento che i suoi fedeli tengono oggi nei confronti della malattia.

Chi tra noi ha studiato Shincheonji ha fatto esperienza di incontri rinviati a causa di visite mediche o di appuntamenti con il dentista. L’HWPL dona denaro per aiuti di carattere umanitario che sostengano ospedali e forniscano assistenza medica in caso di catastrofi quali terremoti e inondazioni nei Paesi in via di sviluppo. Come tutti i cristiani, e in effetti come la maggior parte dei credenti di ogni religione, i fedeli di Shincheonji ritengono che la preghiera aiuti durante la malattia, se non guarendo, almeno aiutando i malati a vivere l’esperienza del dolore con calma, pazienza e speranza. In alcune circostanze la malattia può pure essere un'opportunità di crescita spirituale. Ma in Shincheonji nessuno si è mai imbattuto nell'idea che i cristiani in salute debbano cercarsi malattie e procurarsi sofferenze per favorire il proprio cammino spirituale, un'idea che all'interno del cristianesimo è rara e che fu promossa da alcuni ambienti del cattolicesimo barocco del secolo XVII secolo per essere subito condannata dalla Chiesa Cattolica (de Certeau 1982). Shincheonji proviene comunque da una matrice protestante, lontana da un certo misticismo cattolico sulla sofferenza e dai suoi eccessi non ortodossi.

Si è addirittura affermato che, sedendosi i fedeli sul pavimento, uno accanto all'altro, piuttosto che su sedie o su banchi, le condizioni delle funzioni religiose di Shincheonji siano particolarmente antigieniche, vale a dire più favorevoli alla diffusione di batteri e di virus. Ma questo avviene anche in diverse altre religioni. La maggior parte delle moschee islamiche e dei templi buddhisti o indù non hanno né sedie né banchi.

FATTI

  • Come milioni di altri cristiani, Shincheonji crede che l'origine della malattia e della morte risieda nel peccato, e questo basandosi sulla simbologia del racconto di Adamo e di Eva che mangiano i frutti proibiti nel Giardino dell'Eden.
  • Come molti altri cristiani millenaristi, i fedeli di Shincheonji si aspettano che nel Millennio venturo la malattia e la morte scompaiano.
  • Tuttavia, Shincheonji crede che, fino a quando non si entrerà nel Millennio, tutti sperimentano e sperimenteranno la malattia, compresi i propri fedeli, e che laddove la preghiera sicuramente aiuta, pure si consiglia di cercare l'aiuto di medici e di ospedali.

FANTASIE

  • Non è vero che i fedeli di Shincheonji credano di essere immuni dalle malattie.
  • Non è vero che i fedeli di Shincheonji non cerchino aiuto medico quando necessario.
  • Non è vero che le funzioni religiose di Shincheonji siano particolarmente antigieniche perché i partecipanti siedono sul pavimento invece che su sedie o su banchi; di fatto questo è un tratto comune a molte religioni.

 

5. Shincheonji e il virus: la Paziente 31

Il primo caso di coronavirus è stato individuato in Corea del Sud il 20 gennaio 2020, allorché una donna cinese arrivata in volo da Wuhan a Seoul è risultata positiva al controllo effettuato all’arrivo all'aeroporto di Incheon e quindi posta in quarantena (Reuters 2020). Shincheonji è stata coinvolta nella crisi nelle prime ore del mattino del 18 febbraio, quando una fedele della comunità di Daegu è stata identificata come il paziente positivo numero 31.

La Paziente 31 è stata in seguito biasimata per non essersi sottoposta prima al test. Alcuni media coreani hanno riferito che la donna si sarebbe negata all’esame per ben due volte, ma lei dà una versione diversa. Il 7 febbraio è stata ricoverata al Saeronan Korean Medicine Hospital per un piccolo incidente d'auto e lì ha sviluppato un raffreddore che è stato attribuito a una finestra aperta dello stesso nosocomio. La Paziente 31 insiste nel dire che nessuno le ha mai parlato della possibilità di avere contratto il coronavirus né le ha suggerito un test. Solo la settimana successiva, dopo che i sintomi sono peggiorati, le è stata diagnosticata la polmonite ed è quindi stata testata per il COVID-19. Che una volta messa in quarantena abbia iniziato a urlare e abbia aggredito l'infermiera di turno dell’ospedale è una notizia riportata da alcune fonti, ma negata sia dalla Paziente 31 sia dall'infermiera.

Sebbene le speculazioni abbondino, nel momento in cui scriviamo non vi sono prove chiare relative al modo in cui la Paziente 31 sia stata contagiata. Alcuni sostengono che la donna sia stata infettata da altri fedeli cinesi di Shincheonji o addirittura proprio di Wuhan. È però improbabile che questa ipotesi sia vera: a causa dei divieti imposti dalle autorità cinesi, dal 2018 Shincheonji non organizza a Wuhan né raduni né attività cultuali, anche se alcuni fedeli locali restano in contatto via Internet con gli altri. È vero, però, che, dal 1° dicembre 2019, 88 fedeli cinesi di Shincheonji (nessuno dei quali proveniente comunque da Wuhan) sono entrati in Corea del Sud. Il 21 febbraio 2020 Shincheonji ha presentato al Centro coreano per il controllo e la prevenzione delle malattie un elenco di questi fedeli cinesi e dei loro movimenti. Nessuno di loro aveva visitato Daegu. D'altra parte, non vigeva alcun divieto, per i visitatori cinesi in generale, di entrare a

Daegu. Shincheonji sottolinea che un folto gruppo di studenti cinesi in gita scolastica avesse visitato Daegu prima del primo ricovero della Paziente 31.

Non ci sono prove che la Paziente 31 fosse a conoscenza di essere stata contagiata dal virus prima di essere sottoposta al test il 18 febbraio. Le accuse secondo cui alla donna fosse stata offerta la possibilità di effettuare un test prima, ma che ella si sia rifiutata di farlo, potrebbero essere il tentativo del personale del Saeronan Korean Medicine Hospital di difendersi, una volta divenuto evidente che il loro era stato un tragico errore. Se i sintomi della donna fossero stati riconosciuti prima come determinati da COVID-19 piuttosto che da un raffreddore comune, la Paziente 31 sarebbe stata messa in quarantena in tempo. Invece la donna ha continuato la propria vita normale, prendendo parte a eventi e a funzioni religiose di Shincheonji, e dando così il via a una catena di accadimenti che alla fine hanno contagiato migliaia di fedeli di Shincheonji.

Un evento a cui la Paziente 31 non ha partecipato è stato però il funerale del fratello maggiore del presidente Lee, deceduto nell'ospedale Cheongdo Daenam il 31 gennaio 2019. Le voci che sostenevano che vi avesse invece preso parte sono state smentite sia da lei sia da Shincheonji, e anche i media ostili hanno ammesso che non vi sia alcuna prova del contrario. In realtà il problema del funerale non è cruciale, giacché Shincheonji non nega che la Paziente 31 abbia contagiato altri fedeli della Chiesa. L'unica questione controversa è se la Paziente 31 abbia accettato di essere sottoposta al test per il virus la prima volta che le è stato proposto, come lei sostiene, o solo quando la richiesta è stata ribadita per la terza volta, come affermano i medici del Saeronan Korean Medicine Hospital, i quali avrebbero comunque potuto metterla in quarantena forzata prima del 18 febbraio, ma che al contrario non lo hanno fatto.

Ancora più importante è il modo in cui Shincheonji ha reagito alla crisi. Non è infatti vero che la Chiesa non fosse preoccupata per l’epidemia. Il 25 gennaio, e di nuovo il 28 gennaio, la dirigenza di Shincheonji ha ordinato che nessun fedele, arrivato di recente dalla Cina in Corea del Sud, potesse essere autorizzato a partecipare alle sue funzioni religiose.

I leader di Shincheonji a Daegu hanno appreso del contagio della Paziente 31 alle 9 del mattino del 18 febbraio. Lo stesso giorno Shincheonji ha chiuso tutti i propri centri di Daegu e ha raccomandato a tutti i fedeli di evitare anche incontri e riunioni private, e si è messa in quarantena volontaria. Nel corso della giornata ha poi ordinato la chiusura di tutte le proprie chiese e di tutti i propri centri missionari in tutta la Corea del Sud, e le funzioni religiose sono proseguite solo via Internet. Shincheonji ha anche sospeso le funzioni religiose e gli eventi all'estero il 22 febbraio, così come ogni altra forma di incontro, di attività o di riunione in qualsiasi Paese il 26.

Quando, il 19 febbraio, il presidente sudcoreano Moon Jae-In ha dichiarato che il governo aveva bisogno di un elenco completo dei fedeli di Shincheonji, è iniziata la fase più controversa della crisi.

FATTI

  • Una fedele di Shincheonji di Daegu, la Paziente 31, è risultata positiva al coronavirus il 18 febbraio 2020.
  • Era stata ricoverata in ospedale per un piccolo incidente d'auto il 7 febbraio, ma non era stata sottoposta al test per il virus. Prima di essere ricoverata in ospedale aveva frequentato le funzioni religiose di Shincheonji e presumibilmente ha infettato altri correligionari, mettendo in moto una catena di eventi che alla fine ha portato il contagio a migliaia di fedeli di Shincheonji.
  • Lo stesso giorno in cui la Paziente 31 è risultata positiva, Shincheonji ha sospeso tutte le attività nelle proprie chiese e nei propri centri missionari, prima a Daegu e, dopo alcune ore, in tutta la Corea del Sud.

FANTASIE

  • Non è vero che alcuni fedeli cinesi di Shincheonji provenienti da Wuhan siano entrati in Corea del Sud e abbiano contagiato la Paziente 31.
  • Non ci sono prove del fatto che la Paziente 31 sia stata contagiata da fedeli cinesi di Shincheonji (ma non di Wuhan) entrati in Corea del Sud: alcuni di loro sono entrati in Corea del Sud, ma nessuno di loro ha visitato Daegu.
  • Non ci sono prove del fatto che alla Paziente 31 sia stato suggerito due volte di sottoporsi al test prima del 18 febbraio e che la donna si sia rifiutata. Lo hanno affermato i medici dell'ospedale dopo il 18 febbraio, quando sono stati criticati per non averla posta in quarantena prima. Ma la donna nega.
  • Non è vero che la Paziente 31 abbia aggredito un'infermiera e si sia rifiutata di essere posta in quarantena dopo essere risultata positiva al virus.

 

6. Le liste: Shincheonji ha collaborato con le autorità?

Non sorprende che i fondamentalisti, che da anni gestiscono gruppi anti- Shincheonji come la cosiddetta National Association of the Victims of Shincheonji Church, ovvero Associazione nazionale delle vittime della Chiesa di Shincheonji, abbiano raccolto firme e sporto denunce per chiedere lo scioglimento di Shincheonji dopo la crisi indotta dal virus. Di fatto sperano semplicemente che il virus possa riuscire là dove essi costantemente invece falliscono, vale a dire nel fermare la crescita di Shincheonji e la fastidiosa (per loro) abitudine del movimento di convertirne i fedeli. Non sorprende, inoltre, che leader delle Chiese cristiane non fondamentaliste si siano uniti agli attacchi contro Shincheonji. Anch’essi, infatti, hanno visto i propri fedeli convertirsi negli anni a Shincheonji, e questo tipo di competizione non è mai il benvenuto.

Ciò che sorprende, tuttavia, è che uomini politici di vario livello, da sindaci cittadini a ministri nazionali, si siano fatti promotori anche loro di iniziative volte ad annullare la registrazione di Shincheonji come religione, a fare irruzione nelle sue chiese e ad avviare azioni penali contro i suoi leader, incluso il presidente Lee. La Corea del Sud è alla vigilia delle elezioni generali, che si svolgeranno nell'aprile 2020, e per alcuni politici il capro espiatorio rappresentato da un gruppo già impopolare potrebbe essere un modo facile per distrarre l'attenzione dai propri errori nella gestione della crisi del virus. I fondamentalisti, che odiano Shincheonji, sono un blocco consistente di elettori e, come già accennato, sono riusciti a creare un diffuso clima di ostilità contro il movimento. Candidamente, il ministro della Giustizia coreano ha ammesso che non esiste precedente giuridico per introdurre misure contro Shincheonji, ma che ne prenderebbe in considerazione l'adozione dal momento che i sondaggi mostrano come il l'86% dei cittadini sudcoreani vi sia favorevole (Shim 2020). Agire contro una minoranza basandosi sui sondaggi sembra strano in democrazia, ma questo incidente illustra il livello di panico morale anti-Shincheonji che permea la Corea del Sud.

Ma di cosa è esattamente accusata Shincheonji? Sui media coreani e internazionali regna una confusione notevole. Si ripete una vecchia lista di accuse contro le “sette” ‒ il lavaggio del cervello, la distruzione delle famiglie e persino l'interpretazione erronea della Bibbia ‒ e la si mescola all’accusa secondo cui Shincheonji «non ha collaborato» con le autorità.

Qualunque sia la verità sulla Paziente 31 e sui suoi test, Shincheonji non può chiaramente essere ritenuta responsabile delle relazioni intercorse tra quella donna e le autorità ospedaliere. Alcuni fedeli di Shincheonji sono stati accusati di nascondere la propria affiliazione al movimento quando scuole e posti di lavoro lo hanno chiesto, e alcuni media hanno pubblicato un "Manuale di risposte ingannevoli" che istruirebbe i fedeli di Daegu sui modi utili a negare in maniera credibile di appartenere a Shincheonji. Secondo Shincheonji, però, il "Manuale" è stato compilato da un singolo fedele, che, quando il testo è venuto all’attenzione dei dirigenti della Chiesa locale di Daegu, è stato rimproverato e rinviato a un comitato disciplinare per avere violato le istruzioni della Chiesa sulla cooperazione con le autorità. Come visto, in Corea del Sud rivelare di appartenere a Shincheonji può comunque avere conseguenze catastrofiche. Tuttavia, nel contesto della crisi prodotta dal virus, le istruzioni che Shincheonji dà ai fedeli sono di accettare tutte le richieste delle autorità.

La base dell'accusa secondo cui Shincheonji non avrebbe collaborato pienamente con il Centro coreano per il controllo e la prevenzione delle malattie (KCDC) dopo il 18 febbraio è il fatto che la Chiesa non avrebbe rispettato del tutto la richiesta dello stesso KCDC di ottenere un elenco completo dei fedeli del movimento. Stabilire cosa sia successo esattamente è quindi importante.

Sebbene alcune organizzazioni religiose tengano registri dei propri fedeli meglio di altre non è nota alcuna organizzazione che possegga elenchi completi di tutti i propri seguaci con indirizzi aggiornati e scevri da omissioni o errori. Enormi computer in Vaticano con nomi e indirizzi di tutti i cattolici nel mondo esistono solo nei romanzi. I fedeli possono diventare inattivi e spostarsi senza comunicare alla Chiesa gli indirizzi nuovi. In Shincheonji si può anche essere fedeli di una chiesa in una città pur risiedendo in un'altra, forse magari perché in quel luogo si hanno degli amici.

Quando il presidente Moon in persona ha dichiarato che il governo aveva bisogno di un elenco di tutti i fedeli di Shincheonji, il movimento ha iniziato a compilare gli elenchi, partendo da Daegu. Le liste nazionali sono state consegnate sei giorni dopo la richiesta, il 25 febbraio. Le controversie, però, erano iniziate già prima.

In una provincia è stato detto che vi fossero due elenchi con numeri di fedeli diversi e questo fatto è stato preso come prova della mancanza di collaborazione da parte di Shincheonji. Ma presto si è appurato che un elenco includeva anche i figli dei fedeli e l'altro no.

Il governo ha obiettato che la lista del 25 febbraio includeva meno fedeli di quanti fossero elencati nelle statistiche ufficiali di Shincheonji. Ma queste comprendono anche i fedeli stranieri e Shincheonji aveva capito che il KCDC avesse bisogno solo dei dati relativi ai fedeli della Corea del Sud. Perché mai le autorità coreane debbano conoscere i nomi dei fedeli di Shincheonji in Europa o in America Settentrionale non è chiaro, ma, quando hanno richiesto gli elenchi dei fedeli stranieri, hanno ricevuto anche quelli.

Il problema principale riguardava gli «studenti», che è il termine che Shincheonji usa per indicare chi non appartiene alla Chiesa eppure frequenta corsi e altre attività nei centri missionari, e che un giorno potrebbe (oppure no) unirsi al movimento. I registri di Shincheonji contenevano i nominativi di 54.176 «studenti» in Corea del Sud e di 10.951 all'estero. La Chiesa nutriva però anche alcune preoccupazioni relative alla privacy. Nonostante le promesse delle autorità, infatti, alcuni elenchi di fedeli erano arrivati ai media. Un fatto già piuttosto grave in sé, ma chi aderisce a Shincheonji in Corea del Sud (non necessariamente è così all'estero) sa dei rischi che ciò comporta. Lo stesso non vale però per gli «studenti». Valutati i rischi, costoro potrebbero infatti finire per non aderire, e ovviamente, dopo che l'ostilità anti-Shincheonji ha raggiunto il picco con la crisi scatenata dal virus, ora quei rischi sono più alti. L'esitazione di Shincheonji nel rivelare i nomi degli «studenti» era quindi comprensibile. Come lo è il fatto che le autorità sanitarie ritenessero ugualmente a rischio di contagio chiunque frequentasse i centri di Shincheonji, si trattasse di fedeli o di «studenti». Il 27 febbraio il KCDC ha richiesto formalmente l'elenco degli «studenti» e si è assunto la responsabilità giuridica di ogni possibile violazione della privacy e di quanto ne consegue. L'elenco è stato consegnato lo stesso giorno.

Tutto questo ha comportato la trasmissione al governo di liste composte da circa 300mila nomi e indirizzi. Che questo lavoro potesse essere del tutto esente da errori stava al di là delle possibilità umane, ma gli sbagli rilevati dalle autorità non indicano la malafede di Shincheonji.

Gli oppositori hanno colto l'occasione per dire ai media che da qualche parte ci sarebbero gli elenchi con i nomi dei fedeli di Shincheonji che frequentano altre Chiese cristiane senza rivelare di appartenere a Shincheonji, e che fanno questo per stringere amicizie e per fare proseliti. Questo modo di fare è già stato discusso in precedenza, ma la posizione di Shincheonji è che, indipendentemente da quanto facciano oggi, se sono fedeli di Shincheonji, quei fedeli debbono essere registrati come tali in una delle tribù.

Problemi paralleli hanno riguardato la richiesta, avanzata dal governo, di ricevere un elenco completo dei beni immobili che Shincheonji ha in proprietà o in affitto. La cosa, ancora una volta, era meno semplice da realizzare di quanto potesse sembrare. Gli immobili sono posseduti o affittati da una varietà di persone giuridiche diverse, alcune delle quali collegate al quartier generale di Shincheonji e altre a una delle dodici tribù. Shincheonji ha inizialmente fornito un elenco di proprietà, che le autorità hanno detto essere però incompleto. Il governo si è pure lamentato del fatto che alcuni indirizzi fossero sbagliati, e in effetti indagini ulteriori condotte da Shincheonji hanno rilevato che 23 delle proprietà elencate erano state chiuse. In un secondo tempo, dunque, Shincheonji ha indicato in 1.903 il numero totale di proprietà possedute o affittate, incluse le 23 chiuse, ma questo numero comprendeva lotti di terreno, magazzini e case private, nonché negozi di proprietà e in affitto che non venivano utilizzati dai fedeli di Shincheonji per nessun raduno o incontro.

FATTI

  • Shincheonji ha fornito l'elenco dei propri fedeli in Corea del Sud sei giorni dopo che ne era stata fatta richiesta. Vi ha aggiunto gli elenchi dei fedeli stranieri e degli «studenti» quando anche queste liste sono state richieste e dopo che il governo si è assunto la responsabilità legale per eventuali violazioni della privacy.
  • È stato necessario compilare e verificare rapidamente elenchi che comprendevano centinaia di migliaia di nomi e di indirizzi, e nel farlo sono stati compiuti alcuni errori.
  • Quando il governo ha chiesto gli elenchi degli immobili posseduti o affittati da Shincheonji, inizialmente non era chiaro se includere anche le strutture chiuse e le proprietà non utilizzate dai fedeli per incontri.

FANTASIE

  • Non ci sono prove del fatto che gli errori negli elenchi siano stati intenzionali; statisticamente gli errori sono invece comuni quando si compilano elenchi massivi come questi.
  • Non ci sono prove del fatto che Shincheonji abbia ritardato intenzionalmente la compilazione e la consegna degli elenchi.
  • Non ci sono prove del fatto che elenchi segreti di fedeli di Shincheonji operanti sotto copertura in altre Chiese esistano oltre che nell'immaginazione degli avversari di Shincheonji.

 

7. Conclusione: negligenza criminale o tecnica del capro espiatorio?

Il 2 marzo 2020 il presidente Lee ha tenuto una conferenza stampa per scusarsi di ogni errore che Shincheonji abbia potuto commettere e addirittura si è inginocchiato davanti ai giornalisti. Per chi tra noi lo ha intervistato, e senza dubbio molto di più per i fedeli del suo movimento, la vista di un leader religioso di 89 anni inginocchiato di fronte a una folla tra cui vi erano anche persone che lo avevano diffamato e calunniato per anni è stato motivo di profonda commozione. Il gesto potrebbe però venire anche male interpretato. In Occidente i leader si scusano raramente e, se lo fanno, si tende a credere che sia la conferma della loro colpevolezza. Ma la tradizione dell'Asia orientale è diversa. I leader si assumono la responsabilità dei propri subordinati e un leader viene apprezzato se mostra umiltà.

Shincheonji ha commesso errori? La risposta del presidente Lee è stata «sì». La retorica della sua conferenza stampa deve essere tuttavia bene compresa. Per tutti i problemi pratici citati nel capitolo precedente, è possibile che Shincheonji sia stata lenta nel rendersi conto dell'entità della crisi, spintasi ben oltre la Paziente 31 e in grado di minacciarne fortemente la sua esistenza e il suo futuro, così come la salute pubblica di milioni di coreani. Probabilmente alcuni errori e alcuni ritardi nella compilazione degli elenchi e nella collaborazione con le autorità non si sarebbero mai potuti evitare, ma altri sì.

Gli errori, però, non devono essere confusi con i crimini. Shincheonji avrebbe potuto rispondere ad alcune richieste delle autorità in modo più rapido e migliore, ma ha operato sotto pressione estrema e in circostanze molto difficili. Il viceministro della Sanità sudcoreano, Kim Kang-lip, ha dichiarato ai media che «non è stata trovata alcuna prova del fatto che Shincheonji abbia fornito elenchi lacunosi o alterati» e che tra l'elenco raccolto e controllato dal governo e quelli forniti da Shincheonji «c'erano solo differenze minori», spiegabili con i diversi metodi utilizzati per contare i fedeli e con l’interrogativo sui figli minorenni dei fedeli: da includere o no? (Lee 2020).

Quella di uno più illustri sociologi delle religioni dell'Asia orientale, il professor Yang Fenggang, è stata una delle rare voci di buon senso levatasi in questo frangente. Al quotidiano South China Morning Post il sociologo cinese ha infatti detto: «Penso che non esista alcun legame stringente tra Shincheonji e il coronavirus diffusosi in Corea del Sud. È casuale che questo grande gruppo religioso abbia annoverato alcuni contagiati, che a propria volta hanno poi contagiato altri attraverso raduni religiosi e interazioni individuali. In Corea del Sud vi sono numerose mega-Chiese, alcune enormi, con centinaia di migliaia di fedeli. A una qualsiasi di queste mega-Chiese evangelicali o pentecostali sarebbe potuto accadere un incidente simile» (Lau 2020).

Quanto ai singoli fedeli di Shincheonji che non hanno volontariamente rivelato di appartenere al movimento fino a quando le autorità non sono arrivate a loro attraverso l'elenco, e che hanno cercato di nascondere la propria affiliazione fino alla fine, e questo nonostante le istruzioni del movimento invitassero alla cooperazione, prima di giudicarne il comportamento va considerato che rischiavano il posto di lavoro.

E forse persino la vita. A Ulsan, il 26 febbraio, una fedele di Shincheonji è morta dopo essere caduta da una finestra al settimo piano dell'edificio in cui viveva. L'incidente è avvenuto quando il marito, già con precedenti di violenza domestica, l’ha aggredita per cercare di costringerla a lasciare Shincheonji (Luna 2020). Al momento della stesura di questo documento, la polizia sta indagando per verificare l’ipotesi di reato.

Questo incidente mortale è solo la punta di un iceberg. Shincheonji afferma che, dopo il caso della Paziente 31, in Corea del Sud si sono verificati più di 4mila casi di discriminazione nei confronti dei propri fedeli e il numero continua a crescere. Essere identificati come fedeli di Shincheonji comporta il grave rischio di venire importunati, maltrattati, picchiati o licenziati dal lavoro. Per gli avversari il virus è l'occasione per una "soluzione finale" del "problema" Shincheonji.

Il 6 febbraio 2020 la Commissione statunitense per la libertà religiosa nel mondo (U.S. Commission for International Religious Freedom, USCIRF), una commissione del governo federale degli Stati Uniti i cui membri sono nominati dal presidente americano e dai capigruppo di entrambi i partiti politici al Senato e alla Camera dei deputati, ha reso pubblica una dichiarazione in cui si afferma che «l’USCIRF è preoccupata dalle notizie di fedeli della Chiesa di Shincheonji accusati di avere diffuso il #coronavirus. Esortiamo il governo sudcoreano, impegnato a far fonte all’epidemia, a condannare la tecnica del capro espiatorio e a rispettare la libertà religiosa». Con tutto il cuore sottoscriviamo questa conclusione e questo appello. Il virus non può essere la scusa per violare i diritti umani e la libertà religiosa di centinaia di migliaia di credenti.

FATTI

  • Nel cooperare con le autorità Shincheonji ha commesso errori per i quali il presidente Lee si è scusato durante una conferenza stampa.
  • Dopo l'inizio della crisi provocata dal coronavirus, in Corea del Sud si sono verificati migliaia di casi di discriminazione nei confronti di fedeli innocenti di Shincheonji.

FANTASIE

  • Non è vero che i ritardi e gli errori di Shincheonji siano negligenze criminali o tentativi deliberati di boicottare gli sforzi delle autorità.
  • Non è vero che gli avversari cerchino interventi contro Shincheonji per proteggere meglio i coreani dal virus; perseguono invece l'obiettivo di distruggere Shincheonji, cosa che i fondamentalisti cristiani cercano di fare da decenni.

 

Riferimenti

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