Le fake news utilizzate per screditare le minoranze

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Steno Sari

di Steno Sari — Scriveva George Orwell: «In tempi di menzogna universale, dire la verilà è un atto rivoluzionario». Ultimamente mi capita spesso di citare la Treccani per approfondire un argomento, tratteggiare il significato nascosto o rivelato di un'espressione, svelarne la bellezza oppure la pericolosità. Oggi vorrei parlare di fake news, di questa inarrestabile marea di false notizie che sta annegando il nostro vivere civile.

Cos'è una fake news? La Treccani la definisce «un'informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digilali di comunicazione, e caratterizzata da un'apparenle plausibilità, quest'ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell'opinione pubblica e da un'amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti».

Insomma, le fake news sono false verità, il drammatico esito di un'informazione malata che troppo spesso considera l'analisi concreta e la verifica rigorosa dei fatti questione di secondaria importanza. Viviamo nel tempo della post-verità. Con questo fascinoso termine di recente conio si allude al fenomeno per cui una notizia, ancorché falsa, viene percepita come vera per effetto dell'amplificazione mediatica. Ma perché vengono diffuse queste notizie fuorvianti? «Per procurarsi un facile tornaconto», sottolinea una ricerca dell'Osservatorio Permanente Giovani-Editori. E questo «per ragioni politiche o culturali, per ragioni economiche, per destabilizzare un ambiente, prendersi gioco di determinati gruppi sociali».

Le fake news possono non solo far cadere i potenti, ma anche spingere a schiacciare i più deboli. Al riguardo, un recente rapporto dell'USCIRF, commissione indipendente e bipartisan del governo degli Stati Uniti, ha smascherato un fenomeno ancora generalmente sconosciuto all'opinione pubblica, quello dei cosiddetti "movimenti anti-sette". Associazioni che ingaggiano «una guerra d'informazione molto efficace contro le minoranze religiose», tale da influenzare in numerosi Paesi l'opinione pubblica. «Pur asserendo di essere esperti in campi accademici quali gli studi religiosi, la psicologia e la sociologia, raramente [gli esponenti di tali movimenti] sono qualificati per occuparsi di qualsiasi ambito di questo tipo, e spesso si basano su teorie e metodologie ormai screditate per portare avanti i loro disegni ideologici». Tali movimenti diffonderebbero fake news per indurre le autorità a limitare le libertà di certi gruppi religiosi.

Articolo apparso su Libero il 20 agosto 2020 e ripubblicato con l'autorizzazione dell'autore


L'articolo di Steno Sari è perfettamente in linea con quanto andiamo dicendo da tempo riguardo gli effetti deleteri delle fake news a danno delle libertà fondamentali. Gruppi di pressione – i cosiddetti “anti-sette” – fanno troppo spesso il paio con giornalisti compiacenti per conculcare la libertà di credere istigando politici e amministratori superficiali e incapaci di osservare oltre le fake news, sempre che lo vogliano fare. Mala tempora currunt (corrono tempi cattivi), con buona pace di chi ingenuamente crede ancora che questo sia un paese libero. Le voci come quella di Steno Sari vanno amplificate se si vuole evitare il sed peiora parantur (se ne preparano di peggiori).