Che cosa ci insegna il massacro di Amburgo

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Steno Sari

di Steno Sari — Amoktat”, ovvero il gesto di un folle. Con questa semplice etichetta la polizia di Amburgo ha archiviato l'uccisione di sette Testimoni di Geova avvenuta il 9 marzo all'interno di una Sala del Regno. Un fatto difficile da comprendere e di cui non si conoscono molti dettagli e il movente.

Tuttavia alcuni elementi noti ci inducono ad alcune prime riflessioni.

Primo: Il luogo scelto. Un edificio dedicato al culto dove uomini, donne e bambini si erano riuniti per pregare insieme e condividere il messaggio di pace e amore cristiano della Sacra Bibbia. Un luogo di accoglienza su cui si è riversata la violenza irrefrenabile di Philipp F., determinato a cancellare quel luogo, simbolo della religiosità e del diritto di ciascuno di professare pacificamente il proprio credo. Un attacco alla libertà che ci spinge a considerarci tutti bersaglio di chi la pensa diversamente da noi e non conosce altro linguaggio che la sopraffazione e la violenza.

Secondo: l'assassino era un ex Testimone. Un giovane dall'apparenza innocua che ha ucciso con la pistola che deteneva regolarmente. Un folle autorizzato, dunque. Forse non esiste uno specifico codice rosso, per segnalare una malattia psichiatrica.

Ma ci si può interrogare se vi siano controlli efficaci e regolari sulle condizioni psichiche di chi è autorizzato a portare con sé un'arma su un autobus, per strada o in un ristorante, luoghi dove ci vorremmo sentire al sicuro. I recenti casi di cronaca italiana suscitano però il lecito timore che una banale incomprensione con un vicino o un ex fidanzato possa facilmente sfociare in una tragedia.

Terzo: il ruolo dei mass media. È doveroso interrogarsi su come si possa evitare che uno strumento di informazione possa rendersi complice della diffusione di sospetti e timori ingiustificati. Spesso le minoranze religiose sono i soggetti ideali per suscitare allarmi sociali perché sono poco conosciute. Questo innesca un meccanismo perverso dove la stampa a volte gioca un ruolo cinico e irresponsabile. L'ignoranza dell'altro genera sospetto, che a sua volta alimenta il pregiudizio che induce le persone a ritenere plausibili le notizie accusatorie e sensazionalistiche. Può accadere così che l'informazione, per “vendere” meglio la notizia, colori i fatti con stigmi allarmanti quali “sette” e “seguaci” anziché “religione” e “fedeli” parlando di vittime inermi di serie B per l'operato di un folle. Credo che non si possa aggredire verbalmente gli altri (specialmente se si tratta di soggetti deboli come una minoranza religiosa pacifica e degna di rispetto come i Testimoni di Geova) senza chiedersi se questa violenza sarà raccolta da qualcuno.

Non possiamo assolverci coprendo tutto con la semplice etichetta “Amoktat”. Non possiamo gettare il sasso e nascondere la mano, sapendo che intorno a noi qualcuno quel sasso prima o poi lo raccoglierà.

“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla” (Martin Luther King).