I pericoli dell'intolleranza religiosa

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Steno Sari

di Steno Sari — In certe circostanze essere intolleranti non è poi così fuori luogo. Assassinio, furto, stupro, abuso su minori e sequestro di persona sono tutte cose considerate intollerabili nella maggioranza delle società, e con ragione. Però nel corso dei secoli nella cristianità si sono giustificate forme di intolleranza deprecabili nei confronti degli eretici e degli scismatici, vere e proprie persecuzioni per nulla giustificabili.

La storia ci insegna che le Chiese si sono servite del braccio secolare per sfogare la loro intolleranza verso ebrei e musulmani, catari e albigesi, eretici e protestanti europei. La Chiesa cattolica non ha avuto però il monopolio dell'intolleranza religiosa; anche i protestanti hanno fatto la loro parte. Calvino mandò Michele Serveto al rogo e Lutero è divenuto tristemente noto per il suo antisemitismo e non solo: fece bruciare quattro "streghe" a Wìttenberg.

Certo le Chiese hanno imparato dai loro errori, ma forse non del tutto. È di questi giorni l'appello accorato al presidente Putin, e alla sua amministrazione, fatto da 50 studiosi di religioni tra i più noti al mondo perché si ponga fine all'accanita persecuzione nei confronti dei testimoni di Geova che in Russia vengono arrestati, torturati e condannati a pene detentive.

Secondo le parole di Massimo Introvigne, uno dei più autorevoli sociologi delle religioni a livello internazionale, sembra che le loro attività di culto siano punite "a causa della loro crescita che è sgradita alla potente Chiesa ortodossa russa".

LA STORIA SI RIPETE

Ogni confessione religiosa, ritenendosi portatrice esclusiva di salvezza, può in effetti assumere un atteggiamento molto fermo nei confronti di chi considera nell'errore, ma questo non giustifica in alcun modo il rivolgersi al potere secolare per contrastare ed eliminare chi la pensa diversamente.

Le religioni, quando aggiungono alle loro convinzioni l'uso strumentale del potere politico, diventano intolleranti nel senso più becero e deprecabile del termine. Del resto lo Stato, per la sua laicità, non dovrebbe entrare nel merito delle dottrine religiose e discriminare un gruppo per la sua diversità cultuale.

Per quanto riguarda i testimoni di Geova, possano piacere o no, risultare simpatici o no, il loro punto di vista deve essere rispettato. A prescindere dal divario dottrinale, la maggioranza con­viene che non sono certamente sostenitori di idee pericolose. Ha scritto Paolo Piccioli: "I testimoni di Geova sono ciò che credono e fanno e non quel che di loro dicono gli oppositori prevenuti. L'etichetta di 'setta' appiccicata alle loro spalle ha valore pari al pregiudizio di chi li definisce così non avendo altri strumenti che la diffamazione, come awenne per i primi cristiani, chiamati la 'setta dei nazareni' dai capi religiosi" (Il prezzo della diversità, Jovene editore, p. 602).

Non sorprende che in Russia si sia scatenata una vera e propria persecuzione nei confronti di alcune minoranze mal tollera te. È una storia che si ripe­te. Troppo spesso le religioni dominanti hanno diffuso voci infondate e discriminatorie nei confronti di chi la pensa diversamente.

Articolo apparso su Libero il 4 ottobre 2020 e ripubblicato con l'autorizzazione dell'autore