La Cassazione concede il riesame delle richieste di asilo della Chiesa di Dio Onnipotente

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Fin dalla sua nascita FOB sostiene i diritti dei rifugiati portando la questione anche all’attenzione dell’OSCE HDIM, della Settimana per la Libertà Religiosa presso il Senato USA e dell'ONU. L’attività di sensibilizzazione promossa da FOB e da organizzazioni amiche inizia a dare i frutti sperati, come riportato nel seguente articolo del prof. Massimo Introvigne pubblicato sulla rivissta telematica Bitter Winter.


La Cassazione ha cancellato il diniego di asilo emesso dal tribunale di Milano, con richiesta di riesaminare le richieste.

Rifugiati della Chiesa di Dio Onnipotente: speranza dalla Corte di Cassazione italiana

di Massimo Introvigne, 10 ottobre 2020 — In Italia, sono state presentate più di mille richieste di asilo da rifugiati cinesi perseguitati a causa della loro appartenenza religiosa. La maggior parte di loro appartiene alla Chiesa di Dio Onnipotente. Man mano che questa chiesa diventa più conosciuta grazie al lavoro di studiosi e documenti ufficiali del Ministero degli Interni italiano, viene accolto un maggior numero di richieste di asilo. Tuttavia, c’è ancora un numero significativo di richieste che viene rigettato e, qualunque ne sia motivo, le autorità di Milano sono state più riluttanti che in altre città italiane a concedere la protezione richiesta ai membri della Chiesa di Dio Onnipotente.

Alcune delle sentenze di diniego a Milano sono state impugnate dinanzi alla Corte di Cassazione; a volte la Corte Costituzionale italiana, che ha solo il compito di verificare se le leggi sono conformi alla Costituzione, è talvolta chiamata anche "Corte Suprema" nei media stranieri. Due sentenze della Corte di Cassazione, i cui motivi sono appena diventati pubblici, offrono ora qualche speranza ai rifugiati.

La prima sentenza (n. 30962/2019, formalmente datata 25 settembre 2019 - si noti che in Italia le motivazioni di una sentenza vengono rese pubbliche diversi mesi dopo il verdetto) riguarda un rifugiato della Chiesa di Dio Onnipotente, rappresentato dall'avvocato Francesco Curto, che era stato intervistato dalla commissione amministrativa che aveva respinto la sua richiesta. La sentenza del Tribunale di Milano si è basata sul colloquio amministrativo, anche se il rifugiato ha affermato che la trascrizione fatta non era accurata e che l'intervista non era stata registrata. La Cassazione ha ora deciso che il Tribunale di Milano avrebbe dovuto interrogare nuovamente il rifugiato e ha rinviato il caso a Milano per un nuovo processo.

La seconda decisione (n. 7546/2020, formalmente datata 3 dicembre 2019), che l'avvocato Laura Furno ha gentilmente fornito a Bitter Winter, entra più nel merito della richiesta presentata da un donna affiliata alla Chiesa di Dio Onnipotente. La donna aveva riferito alle autorità milanesi di essersi convertita alla Chiesa tramite la madre, già membro di quella chiesa, durante un periodo difficile della sua vita. Aveva brillantemente superato un esame scolastico, ma un altro candidato le fu preferito, a causa di corruzione e connessioni politiche. Il marito di una correligionaria aveva denunciato alla polizia sia sua moglie che la rifugiata come membri di un movimento religioso vietato. La donna era stata trovata in possesso del testo principale della Chiesa di Dio Onnipotente, La Parola appare nella carne, e arrestata. È stata quindi rilasciata, ma licenziata e tenuta sotto sorveglianza, senza possibilità di trovare un altro lavoro. Ha deciso di scappare in Italia, dove è arrivata il 19 ottobre 2015 con un visto turistico, e ha chiesto asilo.

La commissione amministrativa ha trovato contraddizioni nella sua storia, sostenendo che non era chiaro se la sua conversione fosse un'autentica esperienza religiosa o semplicemente derivata dall'ingiustizia subita a scuola. Il Tribunale di Milano ha confermato la sentenza negativa, sebbene la rifugiata abbia affermato che le presunte contraddizioni provenivano da una trascrizione imprecisa della sua intervista. La Corte ha anche osservato che il fatto che la rifugiata avesse ottenuto un passaporto dimostrava che non era stata perseguitata e che non c'era una situazione generale di rischio per i credenti in Cina.

La Corte di Cassazione ha osservato che la sentenza di Milano è sbagliata sotto diversi aspetti. In primo luogo, la Corte di Cassazione ha esaminato in dettaglio la pertinente giurisprudenza italiana ed europea su come dovrebbero essere condotte e valutate le interviste ai rifugiati. Le interviste con le commissioni amministrative sono spesso condotte senza avvocati, le trascrizioni includono errori frequenti e non dovrebbero essere utilizzate contro i rifugiati in cause legali. I tribunali dovrebbero piuttosto condurre una nuova intervista. Lo scopo di questa intervista non è cercare contraddizioni. Se i giudici trovano una potenziale contraddizione, dovrebbero richiamare l'attenzione su di essa e dare al rifugiato la possibilità di spiegare. Nel valutare l'intervista, i giudici non dovrebbero dividerla in segmenti e affermare che uno o più di questi non sono credibili, ma valutarli globalmente. Spesso, la verità fondamentale della storia emergerà al di là di piccole contraddizioni in dettagli non essenziali. In questo caso, ha sostenuto la Corte di Cassazione, l'impressione è che quella della rifugiata sia stata una vera e propria conversione religiosa, il che non è incompatibile con il fatto che ciò sia avvenuto quando era sconvolta per l'ingiustizia subita a scuola. La Corte di Cassazione ha anche osservato che la rifugiata aveva un certificato medico credibile che provava i maltrattamenti da lei subiti dalla polizia in Cina.

La Corte di Cassazione ha anche chiesto al Tribunale di Milano di interpretare la storia individuale della rifugiata mettendola a confronto con informazioni disponibili affidabili, anche da fonti governative in Italia e in altri Paesi, che dimostrano che la Chiesa di Dio Onnipotente è duramente perseguitata in Cina.

Infine, il fatto che la rifugiata abbia ottenuto un passaporto può essere davvero problematico, ha detto la Corte di Cassazione, ma può essere spiegato con il fatto che le autorità cinesi "sono felici di mandare via dalla Cina persone che considerano pericolose per la stabilità interna". Personalmente credo che, su questo punto, possano valere anche altre interpretazioni, come il fatto che la banca dati della polizia non funziona perfettamente e la corruzione è diffusa in Cina. Ma, a parte la questione del passaporto, la decisione offre un'ottima discussione sul soggetto dei colloqui con i rifugiati, che non dovrebbe essere un tentativo di trovare pretesti per non concedere l'asilo, ma un modo per comprendere e valutare l'esperienza di chi sfugge alle persecuzioni.

Fonte: Bitter Winter

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