La libertà religiosa tratto essenziale di una vera civiltà

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Steno Sari

La libertà di religione è così importante che senza di essa non può esistere la libertà di coscienza né la libertà pubblica.

di Steno Sari — A seguito della morte della ventiduenne Mahsa Arnin, deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa a Teheran perché non indossava correttamente il velo, ci sono state manifestazioni di protesta in alcune grandi città italiane ed europee. In Iran molte donne si sono tolte il velo islamico, lo hanno bruciato in piazza, inscenando la protesta del taglio dei capelli e rivendicando una maggiore libertà. Ciò ha portato a pestaggi ed arresti e causato 154 vittime uccise dalle forze di sicurezza.

La libertà di religione è così importante che senza di essa non può esistere la libertà di coscienza né la libertà pubblica. Non è cosa di poco conto perché, di solito, l'atteggiamento che in una nazione si ha verso la libertà influisce molto sulla sua credibilità a livello internazionale. Si può dire che la libertà religiosa è uno dei valori più alti in relazione alla dignità umana e violarla preclude ogni pretesa di stato di diritto. Essa sta alla base delle altre libertà: politica, economica, culturale e civile. Per questo si ritiene che il pluralismo ideologico e il diritto di pensarla diversamente siano il fondamento della società civile. Non è con la forza che si risolvono le divergenze di opinione, anzi questa è segno di debolezza in quanto chi è convinto delle proprie idee difficilmente si sente minacciato da chi la pensa diversamente. È vero però che, per quanto preziosa, la libertà non è assoluta. Persino alcune leggi promulgate con buone intenzioni possono interferire con la vita privata dei cittadini. Ma nei regimi chi detiene il potere decide spesso in maniera arbitraria a favore della "religione di Stato" e lo fa con il monopolio dei mezzi di informazione e condizionando il sistema giudiziario. Emblematico è quanto sta succedendo non solo in Iran ma anche in Russia dove vengono discriminate le minoranze religiose.

«È da ignoranti credere che la diversità di religione crei e fomenti tumulti nello Stato». Secondo Pierre de Belloy (1540-1613), che pronunciò queste parole, l'armonia dello Stato non si fonda sull'uniformità religiosa, a meno che il governo non sia asservito a ingerenze religiose. Invece, l'apertura mentale può portare a un confronto che arricchisce. È naturale che le persone siano sospettose verso chi ha un'idea diversa, ma tale atteggiamento si può superare con il rispetto reciproco, impartendo un'istruzione che miri a sviluppare la capacità di giudizio, di riflessione e di ragionamento etico. Bisogna ricordare che se è vero che "nessun uomo è un'isola", è anche vero che siamo interdipendenti e che non possiamo rimanere indifferenti: il dolore di uno è il disagio di tutti.

Una verità questa, che mi ricorda le parole di uno dei più grandi maestri della letteratura classica persiana, il poeta persiano Saadi Shirazi, vissuto nel XIII secolo, i cui versi sono tessuti su un tappeto sulla parete di una sala delle Nazioni Unite: «Son membra d'un corpo solo i figli di Adamo, da un'unica essenza quel giorno creati. E se uno tra essi a sventura conduca il destino, per le altre membra non resterà riparo. A te, che per l'altrui sciagura non provi dolore, non può esser dato nome di Uomo» (Bani Adam, traduzione italiana di Mario Casari).

Articolo apparso su Libero il 9 ottobre 2022 e ripubblicato con l'autorizzazione dell'autore