Normativa “anti estremismo” e libertà religiosa nella Federazione Russa. Il caso dei Testimoni di Geova

Sezione:
Germana Carobene

di Germana Carobene — professore associato di Diritto ecclesiastico e canonico nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Dipartimento di Scienze Politiche; consigliere di FOB.

 

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

SOMMARIO:

1. Gli interventi contro i Testimoni di Geova nella Federazione Russa
2. La presenza storica dei Testimoni di Geova nel Paese
3. La libertà religiosa nella normativa dell’Unione Sovietica
4. Le leggi sulla libertà di coscienza degli anni ’90
5. La legislazione “anti estremismo” e antiterrorismo
6. Considerazioni conclusive

1- Gli interventi contro i Testimoni di Geova nella Federazione Russa [⬆︎]

L’applicazione della normativa “anti-estremismo” ai gruppi religiosi minoritari, definiti ostili agli schemi culturali e sovversivi dell’ordine politico, ha comportato nella Federazione Russa un progressivo irrigidimento istituzionale della persecuzione e una pesante discriminazione soprattutto verso i Testimoni di Geova[1]. Sebbene molti di questi strumenti legislativi esistano da oltre un decennio, il governo russo ha solo recentemente iniziato a utilizzarli in campagne sostenute e progettate per punire o escludere religioni e movimenti “non tradizionali”. Nello specifico caso dei TdG tali misure hanno assunto lo scopo di delegittimare un’intera comunità, solo in ragione della fede religiosa perseguita, con accuse che variano dall’attività missionaria all’offesa ai sentimenti religiosi dei credenti. Nel complesso, tali interventi si inseriscono in un più ampio processo di controllo ideologico sulla società, volto ad arginare, se non a soffocare, le forze del dissenso politico e religioso. Si tratta di un processo che ha caratterizzato la storia russa sin dalla sua trasformazione in dittatura sovietica e che offre una nuova prospettiva per analizzare, ancora oggi, le questioni dell’“identità” e del “dissenso” in questa area geografica.

Nel periodo stalinista la vita culturale e religiosa era stata fortemente limitata a vantaggio di politiche di così detta “russificazione”, che tendevano a soffocare le ideologie non omologate con gli obiettivi politici del costituendo Stato[2]. Il governo sovietico ha, infatti, perseguito una strategia in bilico tra regolamentazione e repressione. La fase della glasnost’ e della perestrojka aveva delineato un diverso schema giuridico, più aperto al pluralismo, anche religioso. Il riconoscimento dei Testimoni negli anni ’90 sembrava aver avvicinato il diritto russo agli schemi occidentali di tutela dei diritti umani ma, con l’inizio del XXI secolo, la fase politica di Putin, ha evidenziato un diverso processo evolutivo.

Il momento culminante di tale percorso giuridico è stato rappresentato dalla decisione della Corte suprema russa che, nel 2017, ha qualificato i Testimoni di Geova come un'organizzazione estremista e ne ha obbligato la liquidazione dei beni; si è così trasformata la comunità religiosa in una “rete criminale” e si sono resi i singoli fedeli vulnerabili all'arresto, semplicemente per aver parlato della loro fede con gli altri, quindi, nello svolgimento della normale attività di evangelizzazione[3]. Tale intervento ha rappresentato, tuttavia, il culmine di due decenni di crescente ostilità statale nei loro confronti. Alla fine degli anni '90, infatti, essi furono citati in giudizio, dal governo della città di Mosca, per negare la loro legittimità, in un lungo processo che ha, infine, vietato l'organizzazione tout court. Gli ultimi episodi, in ordine temporale, hanno interessato nel 2020 due cittadini russi TdG che sono stati privati della cittadinanza, a seguito di verdetti lesivi della libertà religiosa, così come denunciato anche dal Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria dell’ONU [4].

La messa al bando dei Testimoni di Geova, la confisca di tutte le loro proprietà nel Paese e l’imprigionamento dei fedeli – per la prima volta dal crollo dell’Unione Sovietica – ha evidenziato, dunque, una pericolosa tendenza dittatoriale e xenofoba, a detrimento del diritto di libertà religiosa, costituzionalmente sancito. Un’analisi corretta delle attuali problematiche russe non può, tuttavia, prescindere da due ordini ulteriori di considerazioni: lo spazio della libertà religiosa nello Stato e la posizione particolare dei TdG all’interno di tale compagine sociale. Fondamentale in tal senso è il riferimento alla legge russa sulla libertà di coscienza e le associazioni religiose del 1997 che, letta congiuntamente con le norme successivamente adottate, sembra attualmente ispirata dal desiderio di garantire la “sicurezza spirituale” della Russia, secondo un concetto che inquadra il ruolo della Chiesa ortodossa a salvaguardia dei “valori nazionali”. Nel Decreto presidenziale n. 24 del 2000 l’amministrazione ha dichiarato che garantire la sicurezza nazionale della Federazione Russa comprende anche la protezione del retaggio culturale, spirituale e morale delle tradizioni storiche e delle norme della vita sociale, la preservazione della ricchezza culturale di tutti i popoli della Russia, oltre a contrastare l’influenza negativa delle organizzazioni religiose e dei missionari stranieri[5].

Occorre anche considerare che nella logica dell’assolutismo la persistenza di gruppi endogeni, che professano l’eguaglianza come standard morale e che praticano condotte non conformi, né omologabili, alle aspettative del regime, costituisce una pericolosa e implosiva minaccia dell’ordine sociale che si tende a costruire, di compattezza del popolo sulla base degli ideali definiti dalla leadership[6]. Nella particolare situazione sovietica l'istituzione di un sistema confessionista e ierocratico, pur se non diretto a favorire una sola religione, e di un correlato regime giurisdizionalista, nel quale alcune religioni cercano di assumere status privilegiati (Chiesa Ortodossa Russa in primis), ha la propria ragion di essere nella necessità dello Stato post-comunista di trovare una legittimazione superiore e storicamente fondata della propria sovranità, al fine di garantire la stabilità politica, cui si somma l'aspirazione delle religioni privilegiate a ricevere, in cambio dell'appoggio al sistema politico, uno speciale ius protectionis.

La vicenda dei TdG presenta, dunque, implicazioni che trascendono le problematiche del singolo gruppo religioso; in questo caso, le persecuzioni e le condanne di cui sono stati, e sono tuttora vittime, la loro messa al bando, assumono i caratteri di un elemento paradigmatico del diritto all’esercizio della libertà religiosa in sistemi dittatoriali. Molte volte la strada immediatamente perseguita per le sentenze di condanna è, infatti, basata sul riferimento al carattere “politico” del gruppo e non religioso, per sottrarlo alla tutela altrimenti garantita a livello costituzionale. Questo è stato il trattamento nei confronti dei Bibelforscher nella Germania nazista[7] e, per motivi diametralmente opposti, nella dittatura stalinista e nella fase attuale di Putin. Le accuse erano (e sono) legate essenzialmente al concetto giuridico di “tradimento della Patria”, di complotto con potenze straniere, di volontà di indebolire le forze armate e lo sforzo di unità nazionale: in sintesi, sono stati sempre valutati come pericolosi elementi sovversivi, una setta “cospirazionista”[8]. Occorre, ancora, considerare che la realtà multinazionale e multireligiosa del territorio e della società russa, ha costituito una componente fondamentale di questo universo culturale, religioso e politico all’interno del quale la Chiesa russa si è posta come il baricentro di questo complesso sistema. Inoltre, tale legame esclusivo, da sfociare nella vera e propria identificazione, evidenzia il timore ad affrontare la diversità religiosa, potenzialmente in grado di porsi come fattore disgregante del tessuto sociale: ciò si traduce in una posizione di difesa delle proprie tradizioni e di ostacolo verso le religioni “straniere”, non solo per la tutela di un monoteismo religioso ma anche in funzione di garanzia della “sicurezza nazionale”.

2 - La presenza storica dei Testimoni di Geova nel Paese [⬆︎]

Come è noto, il movimento dei TdG è di recente istituzione, spesso definito come una “setta”, collegata al protestantesimo, più correttamente agli Avventisti con i quali presenta molti tratti in comune. Esso si inserisce nei percorsi religiosi di rinnovamento del cristianesimo, soprattutto di matrice protestante, tipici della storia Nord americana della fine del XIX secolo, che si sono rapidamente diffusi anche nel nostro continente. Erano presenti in Russia sin dal 1891 ma, come tutte le confessioni religiose, sono stati messi al bando dopo la Rivoluzione del 1917 e perseguitati nell’Unione Sovietica. La storia del movimento nel Paese è stata, quindi, contraddistinta sin dagli anni ’50 dall’avversione, tanto dei governi quanto della collettività. Il dettato della loro predicazione fu ritenuto una minaccia per il potere politico. I concetti di pace e di uguaglianza, che erano stati considerati dai nazisti come una minaccia “bolscevica” furono, all’opposto, giudicati dagli stalinisti, come pericolosi per la stabilità del potere comunista.

A ciò si sono sommate, sia in Germania che in URSS, le ostilità delle Chiese dominanti (in un caso cattoliche e protestanti, nell’altro del Patriarcato di Mosca) nei confronti di tali predicazioni. Estremismo della fede: così potremmo riassumere la motivazione che ha permesso alle autorità, prima sovietiche e poi russe, di sistematizzare l’ostilità diffusa nei confronti del gruppo. L’accusa di costituire un’organizzazione politica, addirittura “camuffata”, con intenti rivoluzionari o comunque sovversivi dell’ordine statale costituito, si saldava all’altra imputazione, forse ancora più grave, di collegamento a una potenza straniera, nemica, e quindi di essere parte di un complotto internazionale.

Ancora, il proclamato pacifismo del gruppo, spinto fino all’estremo, era considerato indicativo di un tentativo di destabilizzazione, all’interno di Stati totalitari che utilizzavano la forza e l’esercito per detenere il potere. Le loro opinioni risultavano, quindi, in contrapposizione agli interessi della dittatura e ciò spingeva a considerare l’aspetto religioso della loro organizzazione come secondario, quasi una copertura “di comodo”, rispetto ai legami internazionali con il vertice del movimento. È ormai nota la particolare storia dei “triangoli viola”, simbolo visibile dei TdG, condotti nei campi di concentramento da parte della Germania nazista[9]. Nelle sentenze emesse contro la Denominazione era sempre fatto riferimento allo spirito antipatriottico, al neutralismo e al pacifismo conclamati, recepiti come un’offesa deliberata all’onore del popolo tedesco. In tal modo venivano percepiti come un elemento di estraneità rispetto alla costituenda “comunità nazionale di popolo” e, quindi, pericolosi. La loro tragedia si inserisce comunque, e in pieno, dentro il corpus europeo della storia delle deportazioni. Essi sono stati, tuttavia, anche vittime (ancora poco note) della dittatura stalinista, caratterizzata da una sistematizzazione della violenza, con migliaia di arresti, incarcerazioni e deportazioni, accusati di non aderire al “sistema sovietico”. Come nella Germania hitleriana, più che sulle motivazioni religiose, le accuse furono centrate sulla loro mancanza di fedeltà agli ideali dello Stato, negazione della leadership politica[10], rifiuto categorico di partecipare alle cerimonie patriottiche e di servire lo Stato, attraverso l’uso delle armi, attività di stampa clandestina e diniego di iscrivere i figli alle organizzazioni giovanili comuniste[11]. Un lieve miglioramento per la vita dei credenti si è registrato solo dopo gli anni ’60 del secolo scorso ma fino all’implosione dell’URSS, diversi sono stati i casi di processi, all’interno però di un quadro di segregazione comune a tutte le comunità.

A seguito dell’entrata in vigore, nel 1990, della legge sulla “libertà di coscienza e sulle organizzazioni religiose”, il Ministero della Giustizia aveva potuto registrarne lo Statuto e così il 28 febbraio 1991 l’organizzazione religiosa dei Testimoni di Geova era stata ufficialmente registrata in Ucraina. Tuttavia, a partire dal 1995 il Comitato per la Salvezza dei Giovani dai Culti Totalitari, un’organizzazione non governativa allineata con la Chiesa Ortodossa Russa, ha cominciato a denunciare i dirigenti della comunità, sostenendo, in particolare che opprimessero gli adepti con esorbitanti richieste, mettendo le loro famiglie in una situazione economicamente precaria, e che fomentassero l'odio verso le religioni “tradizionali”. Tali richieste, rigettate per cinque volte, sono state, infine, accolte nel 1998 e si sono concluse rilevando che, se pure la comunità agiva in violazione delle leggi russe e internazionali, non si configurava un’ipotesi di reato. Ciò ha determinato, tuttavia, l'inizio di un’azione civile nei confronti della Congregazione, con la richiesta del suo scioglimento e il divieto delle attività. Nel 2001 sono iniziati una nuova serie di procedimenti e tre anni più tardi, nel 2004, la Corte Distrettuale di Mosca ha deciso di accogliere le richieste dell’accusa, di sciogliere la comunità ricorrente e vietarne in modo permanente l’attività[12]. Dopo il 2009, e il primo riconoscimento ufficiale sono cominciati, tuttavia, a registrarsi nuovi e pericolosi episodi di violenza[13].

Investita del caso la Corte EDU è intervenuta con una sentenza del 2010[14]. Accusati di ingerenza sulle coscienze, violazione della vita privata, settarismo, estremismo religioso, incitamento all’isolamento sociale e comportamenti che minano l’armonia della società, i Testimoni di Geova, secondo le autorità russe, rappresenterebbero una “minaccia alla difesa dei diritti e degli interessi della società e della sicurezza pubblica”. La Corte EDU ha, tuttavia, sottolineato che il rifiuto di concedere il riconoscimento, ai sensi della legge del 1997, rivelava un’ingerenza nel diritto dell’organizzazione religiosa alla libertà di associazione e anche nel suo diritto alla libertà di religione, in quanto la “legge sulle religioni” limitava la facoltà di un’associazione religiosa, priva di personalità giuridica, di svolgere tutta una serie di attività e di modificare gli articoli del proprio Statuto[15]. Di conseguenza, ha ravvisato un’ingerenza nei diritti della comunità ricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 9- 11 Conv. Nel 2015 la Federazione Russa ha anche bloccato www.jw.org, il sito ufficiale dei Testimoni di Geova, rendendo un reato la sua pubblicizzazione all’interno dello Stato.

Il culmine di tali procedimenti giudiziari è stato raggiunto con il già citato intervento della Corte suprema che, su richiesta del Ministero della Giustizia, nel 2017 ha definito tale gruppo religioso come una “organizzazione estremista”. Ai suoi membri sono state così vietate le attività ed è stato previsto il sequestro dei beni. Già nei mesi successivi a tale decisione i luoghi di preghiera erano stati perquisiti dalla polizia e molti fedeli arrestati. Nel 2019 il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha condannato categoricamente gli arresti ai danni dei Testimoni di Geova e chiesto alla Federazione Russa l’immediato rilascio dei fedeli illegittimamente detenuti. Nel 2020 anche l’Unione Europea ha espresso preoccupazione per i recenti rapporti relativi alle torture e altri maltrattamenti subiti dai molti testimoni di Geova. Quale membro OSCE, l’UE ha ribadito che la Russia è tenuta a interrompere la persecuzione in atto e proteggere le vittime, garantendo a tutti – anche ai Testimoni di Geova – di godere pacificamente dei diritti umani, incluso il diritto alla libertà di religione e di credo. È importante, inoltre, ricordare che essi sono, finora, l’unica religione cui sia stata applicata la legislazione russa sull’estremismo.

3 - La libertà religiosa nella normativa dell’Unione Sovietica [⬆︎]

La storia russa evidenzia un approccio particolare al fenomeno religioso, in senso profondamente diverso rispetto ai contesti dei vari Paesi europei[16]. È noto che la conversione al cristianesimo, prima dell'anno Mille, rappresentò per il primo Stato russo, la così detta Rus' di Kiev, una svolta storica fondamentale poiché significò l'ingresso nell'ecumene cristiano-orientale e, più in generale, nel gruppo degli Stati europei. Il modello che si delineava era legato a quello teocratico di Costantinopoli e, in tal senso, la fede cristiana ortodossa ha modellato l'ideologia russa più tradizionalista su un diverso rapporto tra religione, Stato e Nazione, sviluppando geopolitiche parallele. Le idee dei così detti slavofili, ancora in epoca attuale, percepiscono, infatti, “la Chiesa, la società e lo Stato come un tutt'uno e ritengono che la Chiesa, in quanto corpo mistico di Cristo, comprenda in sé la nazione, il popolo e la cultura, aventi al loro centro la missione cristiana”[17].

Nella tradizione bizantina e in quella delle origini era dunque già strutturata la visione “orientale” di una nazione cristiana come una singola comunità. Ciò ha connotato il pensiero teologico-filosofico russo, dando origine al concetto di Chiesa-Nazione e sviluppando la dottrina di Mosca come “Terza Roma”, che ha condotto all'elevazione del seggio metropolitano al rango di Patriarcato, rinforzando il prestigio della Chiesa[18]. Se tale connubio ha conservato una sua importanza nel corso del tempo, ha tuttavia subito un lungo periodo di “cattività” dal 1721, con la sua abolizione da parte di Pietro il grande. È solo con l’inizio del XX secolo che la Chiesa Ortodossa ha avvertito la necessità di uscire da tale impasse e di ristabilire il “rapporto di collaborazione armonica, quella sinfonia tra Imperium e Sacerdotium, che la Russia aveva ereditato dal mondo bizantino”[19]. A seguito degli avvenimenti rivoluzionari del 1905, si sono registrate ulteriori e importanti conseguenze per la struttura interna della Chiesa sinodale e ha iniziato a farsi strada l'idea che la Chiesa russa dovesse definitivamente staccarsi dall'amministrazione statale[20]; la caduta della Russia zarista ha comportato la fine del modello di Stato ortodosso, erede dell’Impero bizantino e della sua tradizione teocratica. Paradossalmente solo nel pieno della Rivoluzione di ottobre la Chiesa ottenne ciò che Pietro I le aveva negato due secoli prima, con la restaurazione del Patriarcato.

L'ascesa al potere dei bolscevichi ha mutato, tuttavia, radicalmente il corso degli eventi storici dal momento che l'ideologia marxista, su cui si fondava il nuovo potere politico, era assolutamente convinta della necessità di sradicare completamente il sentimento religioso nell'uomo[21]. Secondo tale impostazione la scomparsa della religione si inquadrava perfettamente all'interno di un programma di radicale rinnovamento della società e di ristrutturazione delle coscienze. La Chiesa Ortodossa, completamente privata dei suoi beni, fu asservita al governo, anche in forza di un “raggiro lessicale”: l’affermazione, infatti, che la chiesa e la religione sono affari privati non aveva lo stesso significato semantico attribuito dagli occidentali, posto che nell’ideologia comunista non era previso il concetto di “privato” e tutto era nazionalizzato, statalizzato. Il comunismo russo ha successivamente sviluppato fino alle estreme conseguenze tale visione e ha imposto un concetto di lotta di classe rivoluzionario, degenerato fatalmente nella vera e propria persecuzione. La pratica religiosa era consentita solo nell'ambito delle associazioni religiose, limitata di fatto ai soli cittadini maggiorenni, riuniti in collettività, sorvegliate dallo Stato[22].

La costituzione del potere sovietico ha portato, nel 1918, alla promulgazione di un decreto sulla separazione della Chiesa dallo Stato che riconosceva a tutti i cittadini la libertà di coscienza, intesa sia come facoltà di professare una fede religiosa ma soprattutto di non professarne affatto e di fare propaganda ateistica. Lo Stato socialista non fu, dunque, semplicemente separatista, quindi neutrale o indifferente, ma adottò un'esplicita politica discriminatoria e repressiva verso tutti i culti religiosi, compresi gli ortodossi[23]. Se durante il periodo del secondo conflitto mondiale il governo aveva fatto riferimento al patriottismo della Chiesa ortodossa russa, nella fase postbellica degli anni ‘50-‘60 sono ricominciate le persecuzioni nei loro confronti sino ad arrivare a un totale controllo statale sulla vita religiosa del Paese. Ha avuto così inizio un periodo particolarmente difficile, che ha portato a molteplici tentativi di separazione delle varie chiese, favoriti dal governo del Soviet che, nella divisione delle Chiese ortodosse, intravedeva la possibilità di annientare quella Patriarcale. La Costituzione del 1977, inoltre, stabilendo l’obbligo del rispetto delle ‘norme di convivenza socialista’, aveva trasformato il diritto all’ateismo in un dovere del bonus civis sovietico, nel senso che questo deve attivamente contribuire a curare i credenti dalla malattia della fede religiosa.

4 - Le leggi sulla libertà di coscienza degli anni ’90 [⬆︎]

L’adesione a nuovi modelli legislativi in tema di libertà di coscienza, si è avviata soltanto con l'apertura politica voluta da Gorbaciov, sin dal processo di distensione iniziato nel 1985, con sua la nomina a segretario del partito e, in particolare, nella fase della perestrojka, con l’approvazione di una legge, quella del 1990, che garantiva la perfetta uguaglianza di tutte le confessioni e il pieno esercizio del diritto di libertà di coscienza[24]. Essa ha, inotre, imposto un completo stravolgimento semantico, che ha portato a definirla come la vera libertà dell’uomo, svincolata da qualsiasi influenza mistica o ideologica, esemplificazione di una concreta separazione politico-religiosa. Tale norma definiva, dunque, la libertà come un diritto esercitabile individualmente o insieme ad altri; ampio spazio era dato alle organizzazioni religiose alle quali si concedeva legalmente il diritto di ottenere la personalità giuridica, in una posizione di parità.

Tuttavia, la fase successiva del così detto ‘risveglio religioso’ non ha portato grandi stravolgimenti nella disciplina e garanzia di tale fenomeno, soprattutto per il particolare equilibrio dato dalla Chiesa ortodossa, all’interno della compagine politica e sociale. Le tendenze liberali della legge hanno determinato, infatti, un aumento dell’attività missionaria straniera e la nascita di nuovi e dinamici movimenti religiosi, tra cui i TdG, destando fin da subito una certa preoccupazione all’interno della Chiesa ortodossa russa che ha iniziato a far pressione esigendo una legge più severa[25]. La debolezza del “rule of law” è progressivamente diventata una caratteristica endemica del sistema, trasformatasi attualmente nella così detta “dittatura della legge”. L’approccio legislativo russo fa, infatti, leva su principi e idee che non sono solo quelli propri della tradizione europea liberale della tutela dei diritti umani, ma resta ancora oggi ancorata culturalmente al passato zarista e socialista, pur se, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ha dovuto stabilire nuovi standard di tutela dei diritti umani.

Il testo costituzionale del 1993 e le successive adesioni alle organizzazioni internazionali, come il Consiglio d’Europa, hanno introdotto un noyau di diritti concettualmente nuovo rispetto al passato, almeno a livello teorico e ciò ha permesso al Paese di uniformarsi ai requisiti di libertà di religione, opinione e informazione propri dell’Occidente liberale. Il dettato costituzionale ha dichiarato, agli artt. 14 e 28, che la Federazione Russa è uno Stato laico che garantisce la libertà religiosa e di credo[26], così come l’ideale della separazione Stato-Chiesa[27]. Si dichiara, inoltre, che è il popolo e non il partito, il Soviet, il collettivo a essere titolare della sovranità e unica fonte del potere. L’implosione dell’ideologia comunista degli stessi anni non ha più consentito di identificare la laicità nell’esclusione dei fenomeni religiosi dalla vita sociale del Paese ma ha imposto, almeno a livello tendenziale, di qualificarla come un principio di neutralità/indifferenza del potere politico.

Nel 1996, con l'adesione al Consiglio di Europa la Russia si era impegnata, inter alia, a adeguare la legge sulla libertà religiosa del 1990 agli standard europei. La riforma è stata così approvata dalla Duma, il Parlamento russo, nel 1997, ma al contrario, è sembrata voler riportare la tutela della libertà religiosa al periodo della sottomissione della Chiesa al potere temporale[28]. Appare subito evidente da una prima lettura del Preambolo il riconoscimento del “particolare ruolo dell’ortodossia nella storia della Russia, nella formazione e nello sviluppo della sua spiritualità e cultura” e si chiarisce che rispetta “il cristianesimo, l’islam, il buddismo, il giudaismo e le altre religioni che costituiscono parte integrante dell’eredità storica dei popoli della Russia”[29]. Con tale legge la tradizione al centro della teologia ortodossa diviene, dunque, una categoria politica anche attraverso il rinvio al simbiotico rapporto tra “russo” e “ortodosso”[30].

L’approvazione di questa legge, e l’avallo da parte delle più alte gerarchie della Chiesa ortodossa, ha evidenziato, dunque, la volontà della stessa di porsi in posizione di supremazia rispetto a tutte le altre confessioni esistenti nel Paese che, dopo il crollo del regime, avevano acquistato maggiore forza di penetrazione, senza preoccuparsi, tuttavia, della situazione di asservimento al potere temporale che ne derivava e che portava il ruolo della Chiesa indietro di secoli nella storia[31]. Risultano così fortemente limitati i diritti degli “altri” ortodossi, dei cristiani non ortodossi e degli appartenenti alle ‘nuove confessioni religiose’. Detta legge ha dunque assicurato, in forma evidente, innumerevoli vantaggi al Patriarcato di Mosca, desideroso di rinsaldare i legami con il potere politico, rafforzando la propria posizione di predominio ed evitando un’apertura verso le minoranze religiose, diversamente da quanto previsto nel precedente documento legislativo. Ha favorito, inoltre, i rappresentanti del potere che vagheggiavano un’ideologia nazionale unica di tipo “slavofilo”, in grado di riunire insieme ‘ortodossia’, ‘spirito nazionale’, e ‘autocrazia’, compiendo un pericoloso passo indietro nel tempo. Sono stati previsti limiti alla libertà di religione quando necessari, tra l'altro, al fine di “garantire la difesa e la sicurezza dello Stato”, in evidente contrasto con la specifica dizione dell'art.9.2 della CEDU. Occorre, inoltre considerare che accanto a tale normativa si registra la coesistenza di una pluralità di norme poiché vi sono più di ottanta leggi federali e trenta nazionali che disciplinano le attività delle associazioni religiose[32].

La Corte costituzionale ha sancito nel 1999 che lo Stato ha il diritto di prevedere limitazioni al fine di non attribuire automaticamente lo status di organizzazioni religiose e di non permettere la legalizzazione di “sette” che violano i diritti umani o commettono azioni illegali e delittuose, oltre al potere di ostacolare l'attività missionaria[33].

Dal punto di vista formale, dunque, in Russia la libertà religiosa è ancora attualmente in vigore. Vale per le quattro religioni “rispettate/tradizionali” (Cristianesimo non ortodosso, Islam, Buddismo ed Ebraismo)[34] e per le altre “organizzazioni religiose” che si registrano presso le autorità. Ciò che si evidenzia è l’attuazione di un processo inverso a quello di secolarizzazione e un chiaro orientamento governativo per l’Ortodossia come religione dello Stato che si riflette in una vasta gamma di possibilità riconosciute alla stessa all’interno dell’esercito, del sistema di istruzione e in occasione della partecipazione alle manifestazioni pubbliche. Essa rivendica il ruolo di nuova ideologia, una sorta di pensiero speciale ortodosso. Tuttavia, tale legame di unione tra Chiesa e Nazione, tra religione ortodossa e valori nazionali tradizionali, sembra porsi in manifesto contrasto con il regime laico e separatista delineato dal legislatore costituzionale[35].

Questa legge, negli anni successivi alla sua approvazione, è stata continuamente oggetto di discussioni e di modifiche. Nel 2004, al fine di apportarvi alcuni miglioramenti e di fornire una precisa definizione giuridica dell’attività missionaria, il Dipartimento del Parlamento russo, che si occupa delle organizzazioni religiose e sociali ha preso in considerazione quattro proposte di modifiche alla stessa[36], che non sono però state accolte, data la stabilità religiosa di cui il Paese godeva in quegli anni. Un successivo tentativo di modifica è stato avanzato nel 2007, con il dichiarato intento di tutelare l’ateismo, anch’esso naufragato[37]. Gli emendamenti a tale norma, introdotti con una serie di leggi federali susseguitesi fino al 2016, hanno stabilito, inoltre, numerose ipotesi in cui, attraverso una procedura giudiziaria, sia possibile disporre il divieto di attività religiose, se non addirittura lo scioglimento delle organizzazioni stesse e ampliato l’ambito delle restrizioni, cui devono sottostare i gruppi religiosi. Nel 2013 è stata prevista l'indisponibilità del soggiorno e residenza nella Federazione Russa per cittadini o stranieri impegnati in attività sovversive[38], non definite, tuttavia, con sufficiente chiarezza e quindi tale da consentire facili arbitri e discriminazioni.

Attualmente tutte le comunità religiose, prive di uno status giuridico, hanno dovuto informare lo Stato circa la loro esistenza e le loro attività. Ancora, un altro emendamento ha imposto alle organizzazioni religiose, che ricevono finanziamenti esteri, di riferire al Ministero della Giustizia informazioni circa i loro piani di bilancio, attività e leadership. Il governo ha così il diritto di ispezionare, senza alcun preavviso, le attività finanziarie di queste ultime o se vi è un sospetto di attività illecite o legate all’estremismo[39].

5 - La legislazione “anti estremismo” e antiterrorismo [⬆︎]

Dall’inizio del nuovo secolo la normativa sulle organizzazioni religiose si è innestata a quella sul contrasto dell’attività estremista che ha garantito alle autorità il potere di censurare la libertà religiosa e di espressione e di perseguire penalmente un ampio spettro di attività religiose, definendo inter alia, un elenco federale di materiali estremisti vietati[40]. Dal 2012 l’intensificarsi in Russia della lotta all'estremismo si è dunque manifestata attraverso una serie di interventi, volti a sopprimere le opposizioni politiche e, in misura progressiva, anche i gruppi religiosi non tradizionali[41]. Tale situazione è stata avvertita anche in Europa e, infatti, nello stesso anno l'Assemblea Parlamentare del Consiglio europeo ha adottato un'ulteriore Risoluzione per violazione dei diritti umani fondamentali in Russia sottolineando gli impedimenti al normale sviluppo della società civile[42] ; tale documento è stato, tuttavia, assolutamente ignorato[43].

Nel 2013 una legge ha introdotto modifiche sostanziali all'art. 148 del Codice penale e all'art. 5.26 del codice dei reati amministrativi che, sia pure con formulazioni leggermente diverse, includono la responsabilità e la punibilità fino a sei anni, per azioni pubbliche che esprimano evidente mancanza di rispetto per la società e attuate con l'intenzione di offendere i sentimenti religiosi dei credenti. Si evidenzia, tuttavia, l'ambiguità di tali formulazioni normative, indubbiamente anomale in uno Stato secolare. Anche la legislazione anti-estremistica del 2014, pur essendo stata formalmente dettata per l'esigenza di contrastare il fenomeno del terrorismo, ha consentito pericolose ingerenze nella sfera delle pratiche religiose[44]. Essa ha, infatti, introdotto agli artt. 282.1 e 282.2 la responsabilità penale per aver indotto, reclutato o in altro modo aver coinvolto una persona in organizzazioni estremistiche. Si è inserito così il concetto, assolutamente indefinibile a livello giuridico, dell'induttore alla partecipazione, distinto dal semplice membro/adepto[45]. La legge inquadra come attività estremistica la propaganda dell'esclusività, superiorità o inferiorità di una persona, sulla base della sua affiliazione religiosa o la sua attitudine rispetto alla religione. Si osserva, inoltre, che le autorità governative guardano con estremo sospetto pratiche religiose che possano sembrare incompatibili con l'ordinamento: basti pensare al rifiuto di prestare servizio militare. Talvolta la natura sconosciuta di alcune confessioni o i loro legami con ordinamenti stranieri potrebbero essere arbitrariamente collegati a presunte attività terroristiche o sovversive: paradigmatico è il rifermento ai Testimoni di Geova. L'ambigua nozione di “estremista”, usata dal legislatore russo, consente alle autorità il diritto di interferire nell'osservanza delle regole religiose e perseguire i credenti. La politica del governo nella sfera religiosa è perfettamente inserita in un processo di controllo ideologico della società, anche se in senso diverso rispetto a quello esercitato durante il periodo comunista.

La più recente legge antiterrorismo, approvata nel 2016, ha ulteriormente aggravato la situazione delle Chiese cristiane non ortodosse e delle altre fedi. In essa, infatti, si è proibita qualsiasi attività pastorale o missionaria per chi possiede solo un visto turistico, per le organizzazioni non registrate, per le fondazioni che non abbiano uno scopo immediatamente religioso. Inoltre, si è vietata l’attività di propaganda (catechesi, formazione, celebrazioni liturgiche) svolta in appartamenti privati. Le confessioni religiose sono obbligate a firmare un contratto di lavoro per poter invitare una persona in Russia per attività religiose. Hanno, inoltre, il divieto di svolgere attività missionarie in luoghi pubblici (poichè potrebbero violare la sicurezza e l’ordine pubblico, mettere in pratica attività estremiste, separare una famiglia, violare la persona o i diritti e le libertà dei cittadini, danneggiare la moralità e la salute dei cittadini, ivi compreso l’uso di droghe, incitare i cittadini a disobbedire agli obblighi stabiliti dalla legge). Infine, gli stranieri che intendono svolgere attività religiose non potranno ricevere un visto umanitario per entrare nel Paese. Gli ortodossi continuano a conservare una posizione di privilegio ma solo nell’ottica della Chiesa-istituzione, funzionale e asservita al potere politico.

Tra le critiche più significative a tali norme antiterroristiche, definite “pacchetto Yarovaya” vi è quella della United States Commission on International Religious Freedom la quale sottolinea che quanto previsto dalla legge, con il pretesto di affrontare il terrorismo, concederebbe al governo poteri radicali per ridurre le libertà civili, inclusa l’introduzione di ampie restrizioni sulle pratiche religiose, che renderebbero molto difficile ai gruppi religiosi di operare[46]. Queste misure consentirebbero alle autorità russe di reprimere ulteriormente quelle comunità religiose più piccole e critiche nei confronti del Governo e del Presidente e di imprigionare i dissidenti.

L’accusa di “estremismo”, correlata a una sua definizione estremamente ampia, può includere in questa fattispecie la promozione pacifica della “superiorità di una religione su un’altra”, portando dunque anche alla messa al bando dei testi religiosi, o addirittura all’obbligo di scioglimento di gruppi religiosi, come è accaduto nel caso dei Testimoni di Geova. Numerosi casi di accusa si basano sulle ambigue definizioni contenute nella legge, in particolare, laddove essa definisce, e.g. come “pericolosa” la propaganda di esclusività, superiorità o inferiorità di una persona sulla base della sua affiliazione religiosa, che non sembra solo tesa a prevenire l'incitamento all'odio sulla base di motivazioni religiose. Si evidenzia, al contrario, un atteggiamento di sospetto, che si riflette nell'uso dell’aggettivo “non tradizionale” e del termine “cult” (in russo, sekt), che si sono saldamente radicati, in senso negativo, nel vocabolario ufficiale. Gli elementi più preoccupanti di queste leggi e della loro applicazione sono essenzialmente legati alla notevole, e arbitraria, ingerenza dello Stato nell’organizzazione interna e nelle dottrine delle comunità religiose e nella creazione di discriminazioni tra le comunità religiose stesse.

La recentissima modifica della Costituzione russa del 2020, voluta da Putin, approvata dalla Corte costituzionale, dal Parlamento e dagli stessi cittadini, con un quesito referendario, oltre all’estensione del mandato del premier, ha inserito nel testo costituzionale un esplicito riferimento a Dio, accogliendo le esplicite richieste dell’attuale Patriarca. L’art. 67 è stato integrato con l’inserimento della formula:

“la Federazione Russa, unificata da una storia millenaria, custodendo la memoria degli avi che ci hanno trasmesso gli ideali e la fede in Dio così come la continuità nello sviluppo dello Stato russo, riconosce l’unità statale storicamente stabilita”[47].

6 - Considerazioni conclusive [⬆︎]

L’esame di tale evoluzione legislativa consente di evidenziare come il profilo sostanziale di rilevante interesse giuridico è legato non tanto al (mancato) riconoscimento dei diritti individuali e collettivi di libertà, quanto all'emersione, in forme sempre più forti di una vera e propria ideologia totalitaria. I caratteri della stessa come modalità di pensiero sono, inter alia, l'intolleranza antipluralistica (che ovviamente coinvolge il dissenso in quanto espressione della pluralità di orientamento) e una tensione millenaristica, non quale carica di spiritualità ma di distruzione nichilistica[48]. Le Chiese sono soppresse o allineate, cioè in concreto, ideologizzate, obbligate a rispettare la linea tracciata dalla propaganda, con evidenti e importanti riflessi in ambito giuridico. Il diritto alla libertà di religione, che include quello di manifestare il proprio credo in comunità con gli altri, comprende l'aspettativa che i credenti possano associarsi liberamente, senza un intervento statale arbitrario. In effetti, l'esistenza autonoma delle comunità religiose è indispensabile per il pluralismo in una società democratica. Il dovere di neutralità e imparzialità dello Stato dovrebbe essere, dunque, incompatibile con qualsiasi potere governativo di valutare la legittimità delle credenze religiose.

Anche la Corte Europea, nel suo intervento a favore dei Testimoni di Geova c. la Russia ha chiarito che qualsiasi interferenza deve corrispondere a un “urgente bisogno sociale”; quindi, la nozione “necessario” non ha la flessibilità di espressioni come “utile” o “desiderabile”, principi che potrebbero segnare un deciso mutamento, più incisivo e interventistico, degli organismi europei nei futuri equilibri geo- politici del nostro continente. Ciò ha imposto un ampliamento del concetto europeo di libertà di religione che avrebbe potuto avere interessanti riflessi nel diritto interno, consolidando tale fondamentale diritto ed estendendolo a tutte le religioni non solo radicate, ma anche in via di strutturazione, nel Paese.

Con riferimento alla Russia si osserva, tuttavia, che tali importanti riflessioni giuridiche, a causa della pressione politica, potrebbero restare nel solo ambito teorico - speculativo. Nel 2015, infatti, la Corte Suprema russa ha stabilito che il Paese avrebbe potuto disapplicare una sentenza della Corte EDU, in ipotesi di contrasto con i principi e le norme fondamentali della Costituzione, e tale risoluzione è stata trasformata in legge Federale nello stesso anno[49]. L'anno successivo la Corte costituzionale russa ha così per la prima volta stabilito l'inapplicabilità di una sentenza della Corte EDU[50], affermando la supremazia della norma costituzionale sulla decisione sovranazionale, la cui interpretazione sembrava configgere con la Costituzione federale. La logica conseguenza è stata l’impossibilità di dare esecuzione, nel caso specifico, all'intervento della Corte europea[51].

È evidente la pericolosità di una tale impostazione giuridica. Come è noto, secondo il diritto internazionale[52], uno Stato non può invocare le disposizioni del suo diritto interno per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. L’applicazione di questa norma comporta che i vincoli convenzionali non possano cedere, pur se in singoli e specifici casi, di fronte alle norme costituzionali (contrastanti) di uno Stato contraente, anche di norme che ne definiscono l’identità costituzionale. Lo Stato avrebbe come unico rimedio, per salvaguardare la sua identità costituzionale, di recedere dal trattato. Tale ipotesi, tuttavia, non risulta percorribile per quei documenti multilaterali che, per la materia trattata, hanno assunto una rilevanza politica strategica nel contesto delle relazioni tra Stati di una medesima area geografica[53]. Per le finalità che persegue, questa tendenza non può, inoltre, essere confusa con le così dette dottrine dei ‘controlimiti’, in base alle quali l’argine costituzionale posto al diritto sovranazionale era pensato, essenzialmente, per salvaguardare uno standard di tutela dei diritti umani non conosciuto o non applicato a livello sovranazionale[54].

Quello che sembra emergere da tale impasse è che le Corti supreme e quelle costituzionali nazionali possono registrare difficoltà nell'instaurare un dialogo con la Corte europea dei diritti umani e, soprattutto, ad accettare ingerenze nella così detta domestic jurisdiction. Il manifestarsi di sempre maggiori tensioni tra la difesa dell'identità costituzionale degli Stati contraenti e l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla CEDU dovrebbe portare, tuttavia, alla necessaria individuazione di nuovi strumenti. Ciò potrebbe attuarsi anche attraverso la modifica della Convenzione, che assicuri in modo stabile il dialogo tra Corti, fornendo al giudice di Strasburgo una piena ed effettiva consapevolezza del funzionamento di un ordinamento interno, prima di valutarne la compatibilità con il sistema convenzionale, per evitare pericolose e arbitrarie implosioni del sistema europeo di tutela dei diritti umani, derivanti dalla mancata attuazione delle decisioni del giudice europeo[55].

La particolare posizione giuridica dei Testimoni di Geova nella Federazione Russa, in un quadro giuridico di libertà così fortemente compromesso, assume quindi un ulteriore valore simbolico in cui la difesa della libertà di religione si deve porre come limite invalicabile alle tendenze dittatoriali. Lo Stato sovietico aveva tenacemente perseguito una strategia politica che tentava di stabilire un rapporto tra regolamentazione e repressione. Dopo la registrazione del 1991, con l’allentarsi delle pressioni statali è, tuttavia, emersa la volontà di controllo della Chiesa dominante, associata al generale atteggiamento di diffidenza nei confronti dei nuovi “culti” che ha connotato la storia europea alla fine del XX secolo, a causa dell’originalità del loro messaggio, non inquadrabile negli schemi delle religioni tradizionali. L’attuale fase politica è, invece, legata a una forma più centralizzata di controllo statale con maggiori restrizioni delle libertà individuali e collettive. Le caratteristiche del movimento dei TdG hanno, dunque, evidenziato in forme ancora più evidenti il difficile equilibrio tra la tutela della libertà religiosa e la difesa dello Stato dalle forze centripete, potenzialmente implosive che possono agire all’interno della compagine statale

È noto che la laicità si fonda su due principi fondamentali: l’inviolabilità dei diritti umani, che costituiscono il prodromo del potere politico e quindi dello Stato e, in secondo luogo, l’importanza di una cultura e di istituzioni che garantiscano l’effettività del pluralismo. L’analisi della particolare storia russa e delle garanzie di libertà dei Testimoni costituiscono, in tal senso, una visuale prospettica importante perché mettono in discussione il modello europeo di riconoscimento e garanzia del pluralismo religioso se non subordinato a un reale ed effettivo controllo da parte di organismi sovranazionali che possano garantire l’effettività dei diritti[56].

Pubblicato sulla Rivista telematica Stato, Chiese e pluralismo confessionale (https://www.statoechiese.it), fascicolo n. 16 del 2020 ISSN 1971- 8543


Note

[1] ⬆︎ Di seguito, per brevità, TdG.
Il 12 marzo 2020 più di trenta Paesi europei hanno espresso la loro severa condanna contro la persecuzione e le torture subite dai TdG in Russia. Cfr. Riunione del Consiglio permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE): https://www.osce.org/permanent-council/448555? download=true. In generale sul Paese cfr. G. CIGLIANO, La Russia contemporanea. Un profilo storico, Carocci, Roma, 2013.

[2] ⬆︎ In generale sulla posizione della Chiesa ortodossa russa, e sulla cosiddetta epoca sinodale che caratterizza la sua storia nel Paese, in un lungo arco temporale, cfr. N. ZERNOV, La rinascita religiosa russa del XX secolo, La Casa di Matriona, Milano, 1978; O. VASIL’EVA, Russia martire. La Chiesa Ortodossa dal 1917 al 1941, La Casa di Matriona, Milano, 1998; W. KOLARZ, Religion in the Soviet Union, St. Martin’s Press, New York, 1961, in particolare pp. 338-344, in cui si sottolinea che, fino al 1991, non esistono documentazioni sui TdG e il più recente testo di E.B. BARAN, Dissent on the Margins. How Soviet Jehovah’s Witnesses Defied Communism and Lived to Preach About It, Oxford University Press, Oxford, 2014.

[3] ⬆︎ Il 20 aprile 2017, la Corte Suprema della Federeazione Russa ha chiuso il Centro amministrativo dei testimoni di Geova e tutte le 395 organizzazioni religiose locali del gruppo con l’accusa di “estremismo” (in https://coscienzaeliberta.it/coscienza-e-liberta/rivista- n-54/documenti-corte-suprema-della-federazione-russa-sentenza-20-aprile-2017-n-54-anno- 2017/). A seguito della sentenza, i Testimoni di Geova hanno subito arresti, imprigionamenti, discriminazioni e maltrattamenti. Gli incontri di preghiera nelle case private sono stati vietati e vi sono state frequenti irruzioni durante le funzioni; i Testimoni sono stati licenziati dai loro posti di lavoro, interrogati e processati, molti edifici sono stati distrutti. Il 14 novembre 2017 il Plenum della Corte Suprema della Federeazione Russa ha stabilito, con la risoluzione n. 44, che si può essere “privati della patria potestà da parte di un tribunale” se si coinvolgono i propri figli in un’organizzazione religiosa vietata come “estremista”. Nel 2017 D. Christensen, cittadino danese e dunque dell’Unione europea, è stato arrestato da agenti armati del Servizio di sicurezza federale, durante un raid in una funzione religiosa privata dei Testimoni di Geova. Christensen è stato il primo Testimone di Geova a essere detenuto in seguito al divieto imposto al gruppo religioso ed è tuttora in carcere; nel 2019 la sua condanna è stata confermata a sei anni di reclusione, una pena durissima, solo per essere un Testimone di Geova. Il 23 giugno 2020 il Tribunale di sorveglianza aveva stabilito di commutare la pena residua in pecuniaria, stabilendo così di fatto di liberare il prigioniero, ma il Procuratore capo della stessa procura ha definito illegittima la decisione e ne ha chiesto l’anullamento. Attivisti dei diritti umani russi e la Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale gli hanno riconosciuto lo status di “prigioniero di coscienza”. Oltre ai processi penali, circa 90-100 proprietà appartenenti ai Testimoni di Geova sono state confiscate dallo Stato russo, mentre per altre 100 proprietà si è attualmente in fase di giudizio. Le autorità russe hanno anche minacciato di privare i Testimoni di Geova dei loro diritti genitoriali. Sugli interventi della comunità internazionale relativamente alle persecuzioni dei TdG si veda https://jw-russia.org/news/about/faq/6.html, con i rimandi ai relativi documenti. Cfr. anche Resolution of the UN Working Group on Arbitrary Detention regarding 18 believers (in https://jw-russia.org/docs/21.html), con l’intervento del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria dell’ONU che ha condannato la Russia per la terza volta in un anno per aver violato le leggi internazionali imprigionando diciotto Testimoni di Geova.

[4] ⬆︎ Nel 2020 due cittadini russi, entrambi TdG, sono stati privati della cittadinanza, in due distinti e successivi procedimenti, ai sensi dell'articolo 282.2 c.p., solo a causa della religione professata, F. Makhammadiyev (https://jw-russia.org/news/2020/05/6.html), e K. Bazhenov (https://jw-russia.org/news/2020/05/9.html). Le autorità, seguendo formalmente la legge, applicano le stesse misure ai terroristi e ai credenti pacifici. La comunità internazionale considera le loro accuse ingiuste e illegali e li ha definiti “prigionieri di coscienza”.

[5] ⬆︎ Ministero degli Affari Esteri della Federeazione Russa (http://www.mid.ru/en/foreign_ policy/official_documents/-/asset_publisher/CptICkB6BZ29/content/id/589768).

[6] ⬆︎ La relazione dei poteri politici dittatoriali (intesi in senso generale) con i fenomeni religiosi si può costruire secondo un modello che può essere definito con l’espressione “religioni della politica”: esso inquadra una particolare forma di sacralizzazione della politica che, “dopo aver conquistato la sua autonomia nei confronti della religione tradizionale, rivendica per sé la prerogativa di definire il significato e il fine fondamentale dell’esistenza umana”: E. GENTILE, Le religioni della politica, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 206.

[7] ⬆︎ Nel 1937 il servizio di sicurezza delle SS aveva emesso un documento sui “movimenti settari” nel quale venivano indicati i loro elementi di pericolosità: educazione degli aderenti ad accettare e coltivare “opinioni egocentriche”, divenendo indifferenti ai problemi dello Stato e del popolo; l’infiltrazione di elementi marxisti e comunisti; il mantenimento di rapporti con ambienti massoni, ebraici e internazionali; il rifiuto di prestare giuramento e di fare il saluto hitleriano; l’obiezione di coscienza; l’astensione alla partecipazione alle attività organizzate dal partito nazista; il diniego agli eventi pubblici; il rifiuto di lavorare nell’industria bellica. Non abbiamo molta documentazione sui gulag sovietici, ma resta una testimonianza forte l’autobiografia della comunista tedesca relativa agli anni 1937-1945 e alla sua esperienza nei campi di "rieducazione" sovietici e nel lager tedesco di Ravensbruck. Una parte del suo racconto è anche dedicata alle TdG nel campo tedesco e ai due anni che ha trascorso con loro: M. BUBER-NEUMANN, Prigioniera di Stalin e Hitler, il Mulino, Bologna 1994.

[8] ⬆︎ D. GARBE, Between Resistance and Martyrdom. Jehovah’s Witnesses in the Third Reich, The University of Wisconsin Press, Madison- London, 2008, ha sottolineato l’esistenza di un deciso pregiudizio nei loro confronti, considerati come una “setta” e non come una confessione religiosa.

[9] ⬆︎ Cfr. C. VERCELLI, Triangoli viola. Le persecuzioni dei testimoni di Geova nei Lager nazisti, Carocci, Roma, 2011; G. CANONICI, Les Témoins de Jéhovah face à Hitler, Albin Michel, Paris, 1998; S. GRAFFARD, L. TRISTAN, I Bibelforscher e il nazismo (1933-45). I dimenticati dalla storia, Tirésias-Michel Reynaud, Paris, 1994; S. MILTON, Testimoni di Geova, a cura di A. CAVAGLION, Dizionario dell’Olocausto, Einaudi, Torino, 2004.

[10] ⬆︎ Il tipico e obbligatorio saluto nazista “Heil Hitler!” era rifiutato perché significava attribuire a un essere umano una valenza salvifica e costituiva una grave infrazione all’integrità dell’identità cristiana: era un atto di blasfemia. Per i nazisti tale saluto non aveva ovviamente solo un profilo formale ma rappresentava l’adesione agli ideali del nazismo, obbligatorio per tutti. Ciò fu una delle cause di detenzione, anche nei campi di concentramento dei TdG.

[11] ⬆︎ La situazione era invisa al governo moscovita, in particolare al Ministero per la sicurezza dello Stato. [MGB, in seguito KGB]. Con un Memorandum del 1951 fu comunicato a Stalin, allora Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica che: “per sopprimere definitivamente ogni attività antisovietica dei geovisti che operano in clandestinità, il MGB dell’URSS ritiene necessario confinare nelle oblast’ di Irkutsk e Tomsk i geovisti e le loro famiglie”. Poiché era nota l’identità di buona parte dei Testimoni, fu chiesta l’autorizzazione di deportarne in Siberia circa novemila, da sei diverse repubbliche dell’Unione e così l’8 aprile del 1951, oltre seimila Testimoni dell’Ucraina furono trasferiti in Siberia, con una procedura che ricorda quella degli ebrei della Germania nel novembre 1938. Oltre che l’Ucraina, la deportazione interessò Moldavia, Bielorussia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Circa 9.500 unità, secondo il programma del MGB. Lo scopo era quello di isolare i Testimoni dalla Società sovietica, concentrandoli in un luogo nel quale non avrebbero potuto operare conversioni. Con riferimento a quelle detenzioni, significativo è il racconto di Solženicyn, a proposito di una rivolta avvenuta nel 1953 nel gulag di Kengir: “I Testimoni di Geova, ligi alle loro regole di vita, si erano rifiutati di prendere le armi in pugno, di lavorare alle fortificazioni, di fare la guardia. Sedevano a lungo, le teste ravvicinate, in silenzio. (Vennero adibiti a lavare le stoviglie)”: A. SOLŽENICYN, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano, 1978, p. 243. Non esistono molte ricerche storiche su queste vicende, la maggior parte delle fonti documentali sono rappresentate dagli Annuari dei TdG, con interviste a testimoni.

[12] ⬆︎ Una Risoluzione del 2002, adottata dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, in merito al rispetto degli obblighi e impegni da parte della Federeazione Russa, ha dichiarato che “l’Assemblea è dolente per il problema dell’Esercito della Salvezza e dei Testimoni di Geova di Mosca, ma accoglie con favore la decisione delle autorità russe di assicurarsi che il problema del trattamento discriminatorio e vessatorio di cui sono oggetto localmente queste comunità religiose venga risolto”: Risoluzione Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, n. 1277, 23 aprile 2002 (in www.osce.org/it/resources/documents? page=2&filters=%20im_taxonomy_vid_1%3A%2815%29).

[13] ⬆︎ Come testimoniato da un Rapporto della Congregazione, nel decennio 2009-2019, è ripresa in maniera sistematica l’azione repressiva nel Paese. L’applicazione della legge anti-estremismo sin dal 2016, e la conferma dello scioglimento dalla Corte Suprema russa il 20 aprile del 2017, hanno determinato l’aumento di casi di denuncia e incarcerazione di persone accusate di pratica illegale del culto. Con 746 abitazioni perquisite e 300 persone accusate di aver infranto l’articolo 282 c.p. dal 2017 sono state 147 le persone incarcerate per “aver organizzato attività estremiste” e molti sono ancora in carcere (cfr. https://www.jw.org/it/news/sviluppi-legali-diritti-umani/sviluppi-legali-per-area-geografica/russia/in-prigione-russia-infografica/).

[14] ⬆︎ Cfr. CEDU, Jehovah’s Wtnesses of Moscow v. Russia, 302/02, 10 giugno 2010 (in http://hudoc.echr.coe.int/app/conversion/pdf/?library=ECHR&id=001-99221&filename=001-99221.pdf&TID=cnscmzszbt). Per un commento cfr. C. LAPI, La difficile posizione giuridica dei Testimoni di Geova in Russia di fronte alla Corte di Strasburgo, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (https://www.statoechiese.it), giugno 2011.

[15] ⬆︎ Cfr. CEDU, The Moscow Branch of The Salvation Army c. Russia (https://www.icnl.org/research/library/russia_moscow-branch-of-salvation-army-v/) e CEDU, Church of Scientology Moscow c. Russia (https://hudoc.echr.coe.int/fre#{%22itemid%22:[% 22001-80038%22]). Per un commento a quest’ultima cfr. G. CAROBENE, L’affaire di Scientology. La qualificazione in via giudiziaria di una confessione nel contesto ‘europeo’ della libertà di religione, in Stato Chiese e pluralismo confessionale, cit., 2008.

[16] ⬆︎ V.V. ZEN'KOVSKIJ, History of Russian Philosophy, Routledge and Kegan Paul Ltd., New York, 1953, ha sottolineato che il tema teocratico del cristianesimo si è sviluppato in Russia non nel senso di un primato del potere spirituale su quello temporale, come è avvenuto in Occidente, ma nella direzione di una appropriazione della missione ecclesiastica da parte del potere statale. Non si è trattato di un movimento nella direzione del Cesaropapismo: la Chiesa stessa è andata incontro allo Stato a fine di introdurre in esso la grazia della consacrazione (in particolare p. 163 ss.). E. LAGODA, Il concetto e il contenuto dell'istituto della libertà di coscienza e di religione nella tradizione giuridica russa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., giugno 2010.

[17] ⬆︎ Il movimento degli slavofili, nato in Russia nella prima metà del secolo XIX, è un movimento di grande rilevanza nella storia del pensiero filosofico religioso russo. Esso ha espresso nella coscienza la natura millenaria del pensiero, dell’anima, della storia e della coscienza nazionale russa. Cfr. G. CODEVILLA, Chiesa e Impero in Russia. Dalla Rus' di Kiev alla Federeazione Russa, Jaca Book, Milano, 2011; V. CHAPLI, Le relazioni tra Chiesa e Stato in Russia. La posizione della Chiesa ortodossa. Il dibattito pubblico e l'impatto delle esperienze straniere, in Diritto e religione nell'Europa post-comunista, a cura di S. FERRARI, W. COLE DURHAM JR., E.A. SEWELL, il Mulino, Bologna, 2004, in particolare p. 380 ss. Interessanti, in senso generale, le riflessioni di S. FERRARI, Tra geo-diritti e teo-diritti. Riflessioni sulle religioni come centri transnazionali di identità, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1/2007, p. 3 ss. È interessante sottolineare che il Patriarcato di Mosca è l’unica istituzione che ha mantenuto nei secoli la propria giurisdizione su quasi tutto il territorio (con esclusione della sola Georgia), tanto da farlo definire un etnarca dei russi: cfr. anche A. ROCCUCCI, Il Patriarcato di Mosca da Lenin a Stalin. Un nuovo soggetto della politica internazionale. 1917- 1948, Pioda, Roma, 2001.

[18] ⬆︎ Cfr. J. LOTMAN, B. USPENSKIJ, Il concetto di “Mosca Terza Roma“ nell’ideologia di Pietro I, in Europa Orientalis, 5, 1986, pp. 481-494 (e in http://www.europaorientalis.it/uploads/files/1986/1986.25.pdf), il quale sottolinea che tale ideale ha una duplice natura. Da una parte sottindendeva il legame dello Stato moscovita con i più alti valori spirituali e religiosi, sottolineando l’aspetto teocratico; dall’altro Costantinopoli era considerata la seconda Roma che, nella simbologia imperiale, sottolineava i valore di Bisanzio come erede della potenza statale romana. Nella sintesi di tali visioni si fondono, dunque, due tendenze, sia religiose che politche (in particolare p. 483). Sul concetto a livello storico cfr. G.W. BOWERSOCK, Le Tre Rome, in Studi Storici, 47, 4, 2006, pp. 977-991 (e in https://www.jstor.org/stable/20567382?read-now=1&seq=13#page_scan_tab_contents). Nella storia della Chiesa Ortodossa si è così delineata una stretta connessione Zar- Patriarca: fu la presenza dello zar a determinare l’istituzione del Patricato nel 1589 che sopravvisse fino alla sua abolizione a opera di Pietro il grande nel 1721. La rivoluzione bolscevica rafforzò le tendenze democratiche all’interno della Chiesa ortodossa russa con la conseguenza di focalizzare l’attenzione sul ristabilimento del Patriarcato, unico custode dell’identità russa (che fu così restaurat con il Concilio del 1917). Interessante osservare che attuamente si assiste a una riaffermazione dell’ideologia della “Terza Roma” che ha seguito un lungo percorso storico nel Paese, sia nella visione “slavofila” che in quella bolscevica. Ciò ha dato vita a un “messianismo panslavista che aspira, come un tempo, a portare la croce ortodossa della salvezza a tutti gli slavi dei territori dell’ex impero sovietico”, articolata nel senso di una appropriazione della missione ecclesiastica da parte del potere statale: G. CODEVILLA, Ortodossia e linguaggio sui diritti umani in Russia. Nuovo legame tra religione e politica, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., febbraio 2009, e, in generale, dello stesso Autore, Lo zar e il Patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dale origini ai giorni nostri, La Casa di Matriona, Milano, 2008.

[19] ⬆︎ Cfr. G. CODEVILLA, La Chiesa Ortodossa Russa e le riforme dell’inizio del XX secolo, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., n. 22, 2019, p.1 ; A. ROCCUCCI, La Chiesa ortodossa e la rivoluzione russa, in Quaderni di Scienze Politiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, 13, 2018, pp. 23-43 (e in http://www.qdsp.it/wp-content/uploads/2018/02/QSP_13_2018-La-Chiesa-ortodossa-e-la-Rivoluzione-russa_dallo-Zar-al-Patriarca-di-ADRIANO-ROCCUCCI.pdf); N. WERTH, Le pouvoir soviétique et l’Église orthodoxe de la collectivisation à la Consitution de 1936, in Revue d’études Est-Ouest, 1993, 3-4, pp. 41-49 (e in https://www.persee.fr/doc/receo_ 0338-0599_1993_num_24_3_2626); D. ROPS, L’Église orthodoxe et l’URSS, in Revue de Deux Mondes, 1964, pp. 3-13 (e in https://www.jstor.org/stable/44591128?seq).

[20] ⬆︎ Sulle particolari relazione della Chiesa ortodossa con il regime di Stalin cfr. A. ROCCUCCI, Stalin e il Patriarca, Einaudi, Torino, 2011, e dello stesso Autore., Le tournant de la politique religieuse de Stalin : pouvoir soviétique et Église orthodoxe de 1943 à 1945, in Cahier du Monde russe, 50, 4, 2009, pp. 671-698 (e in https://journals.openedition.org/monderusse/9913); R. MOROZZO DELLA ROCCA, Le Chiese ortodosse. Una storia contemporanea, Studium, Roma, 1997.

[21] ⬆︎ Nel Programma del Partito comunista del 1903 si afferma che ogni comunista deve essere ateo (punto 13): cfr. G. CODEVILLA, Il terrore rosso sulla Russia ortodossa (1917- 1925), Jaka Book, Milano, 2019.

[22] ⬆︎ Cfr. N. BERDJAEV, Le fonti e il significato del comunismo russo, La Casa di Matriona, Milano, 1976; G. CODEVILLA, Stato e Chiesa nell'Unione Sovietica, Jaca Book, Milano 1972; C. CARDIA, Libertà religiosa, marxismo, comunismo reale, in Coscienza e libertà, I-II sem. 1990, 16-16a, pp. 129-139, ha sottolineato che «la stessa concezione marxista è stata “supportata” da un apparato legislativo, statualistico, coercitivo, che evidentemente prima non poteva avere, ed è stata trasformata nei fatti in una concezione totalitaria che, escludendo le altre, poteva generare ogni cosa: negazione dei diritti umani; emarginazione e discriminazione dei credenti; e poi, nei periodi più bui della storia sovietica, anche persecuzione e repressione» (p. 138); J. CHRYSOSTOMUS, La storia della Chiesa russa nei primi anni della Rivoluzione, Jaca Book, Milano, 1974.

[23] ⬆︎ Cfr. A. GRAZIOSI, L’URSS di Lenin e Stalin. Storia dell’Unione Sovietica. 1914-1945, il Mulino, Bologna, 2007. Verso la fine degli anni ‘20 la campagna antireligiosa raggiunse il suo culmine quando Stalin, ottenuto il potere assoluto, decise per una manovra particolarmente offensiva verso le religioni. Tale campagna proseguì verso la fine degli anni ’30, in concomitanza con il “grande Terrore“. Fu solo dopo l’attacco tedesco all’URSS che Stalin decise di alleggerire le pressioni contro la pratica del culto, per motivazioni di carattere internazionale (impressionare favorevolmente gli Alleati) e nazionale (considerando la forte religiosità dei russi, che non era stata estirpata).

[24] ⬆︎ Il 1° ottobre 1990 il Soviet Supremo dell’Unione Sovietica approvò la legge “Della libertà di coscienza e delle organizzazioni religiose“, seguita da quella della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) “Sulla libertà delle professioni religiose“, promulgata il 25 ottobre dello stesso anno. La legge del 1° ottobre 1990 fu il risultato finale della bozza elaborata dal Concilio Locale della Chiesa ortodossa russa; di primaria importanza fu, inoltre, la partecipazione della Chiesa nella stesura della legge del 25 ottobre, la quale rimane tutt’oggi l’unica legislazione valida sul territorio russo per quanto riguarda la sfera religiosa. Questi due nuovi ordinamenti introdussero notevoli cambiamenti circa la libertà di fede, poiché posero fine all’intolleranza religiosa che sin dall’epoca di Pietro il Grande aveva contrassegnato la Russia e che si era intensificata brutalmente durante gli anni del regime bolscevico. Da questo momento la Chiesa ortodossa russa riuscì a riacquistare una propria autonomia in diversi settori della sua sfera d’influenza; le fu permesso, infatti, di organizzare scuole per l’educazione religiosa dei bambini, di fondare istituti d’istruzione religiosa e associazioni di beneficenza, di professare la propria fede liberamente e in qualsiasi luogo. Significativa fu anche la distinzione che entrambe le leggi introdussero tra la nozione di libertà di coscienza e libertà della professione religiosa. Mentre il primo concetto designa la libertà di scelta in materia di fede che ogni cittadino detiene, il secondo indica la libertà di avere e professare le proprie credenze religiose. La comunità, pertanto, non era più forzata a credere in una religione imposta dallo Stato che, a sua volta, doveva essere neutrale e non doveva in nessun modo sovvenzionare l’azione di qualsiasi associazione religiosa, né tantomeno istigare alla propaganda ateistica. Con questa normativa si compiva, quindi, un grande passo avanti perché oltre a regolare l’aspetto religioso, si mirava a difendere i diritti delle persone eliminando la discriminazione tra cittadini della Repubblica russa e stranieri, assicurando così l’uguaglianza di tutte le associazioni religiose davanti alla legge (art. 10): cfr. G. CAROBENE, La recente legge sovietica sulla libertà di coscienza e organizzazioni religiose, in Dir. Eccl., 2-3, 1991, pp. 428-452; G. CODEVILLA, Stato e Chiesa nella Federazione Russa. La nuova normativa nella Russia post comunista, La Casa di Matriona, Milano, 1998.

[25] ⬆︎ Nel linguaggio ortodosso “l’attività di acquisizione di nuovi seguaci da parte delle Chiese diverse da quella ortodossa, in un terrotorio canonico ad esse estraneo e indirizzate a persone di etnia diverse da quelle da quelle tradizionalmente a esse appartenenti, si presume essere frutto di inganno o comunque di un illecito, ossia della violazione del divieto di attività missionaria sancito dall’ortodossia, divieto che, peraltro, non può dirsi recepito dalla Costituzione della Federazione Russa“: G. CODEVILLA, Ortodossia, cit., p. 18. Come è noto il concetto giuridico di proselitismo non era concepibile nella Russia imperiale in cui esisteva il divieto di apostasia per i fedeli della religione di Stato: cfr. G. CODEVILLA, Lo Zar e il Patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dalle origini ai giorni nostri, La Casa di Matriona, Milano, 2008, in particolare p. 145 ss.

[26] ⬆︎ L’art. 14 recita: “La Federeazione Russa è uno Stato laico. Nessuna religione può essere stabilita come religione di Stato o come obbligatoria. Le associazioni religiose devono essere separate dallo Stato e devono essere uguali di fronte alla legge”. L’art. 28 recita: “A tutti è garantita la libertà religiosa e di coscienza, che include il diritto di professare individualmente o collettivamente qualsiasi religione, di scegliere di non professare alcuna religione, e di scegliere e di diffondere liberamente, convinzioni religiose e di altro tipo e agire in accordo con queste”. L’art. 19 garantisce l’uguaglianza dei diritti indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni, aggiungendo che “tutte le forme di violazione dei diritti umani su basi sociali, razziali, nazionali, linguistiche o religiose sono vietate”. L’art. 29 afferma che “gli atti di propaganda o di agitazione che suscitano astio e ostilità sociali, razziali, nazionali o religiose sono proibiti” e che il diffondere idee relative alla supremazia è parimenti vietato per gli stessi motivi. L’art. 30 garantisce, invece, il diritto di associazione.

[27] ⬆︎ Nella Costituzione il tema religioso viene affrontato con molta chiarezza e cerca di normalizzare la relazione tra il potere statale e quello spirituale. Infatti, nel capo primo, che tratta le basi del sistema costituzionale, l’art. 13, pur riconoscendo la pluralità delle confessioni religiose, nega a ognuna di esse la possibilità di imporsi come ideologia di Stato e afferma l’uguaglianza di tutte le associazioni sociali davanti alla legge. Nel Preambolo della legge è sancito, tuttavia, che “il legislatore assume una posizione di manifesta benevolenza nei confronti della Chiesa ortodossa russa [...] menzionando, infine, in modo davvero vago ed indefinito le altre religioni tradizionalmente esistenti nella Federeazione Russa“: G. CODEVILLA, Stato e Chiesa nella Federeazione Russa. La nuova normativa nella Russia postcomunista, La Casa di Matriona, Milano 1998, p. 37; ID., Dallo scontro all’incontro. 1917-1997: ottanta anni di politica ecclesiastica russa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., gennaio 2015; D. POSPIELOVSKY, The Russian Church Under the Soviet Regime 1917-1982, St Vladimir Seminary Press, New York, 1984.

[28] ⬆︎ J. ANDERSON, Religion, State and Politics in the Soviet Union and Successor State, Cambridge University Press, Cambridge, 1994; W. DURHAM Jr., L.B. HOMER, Russia's 1997 Law on Freedom of Conscience and Religious Associations: An Analytical Appraisal, in Emory International Law Review, vol. 12, 1, 1998, pp. 101-246; M. SHTERIN, Church-State Relations and Religious Legislation in Russia in the 1990s, in Religious Transitions in Russia, V. KOTIRANTA (ed.), Alexander Institute, Helsinki, 2000, pp. 218-250; R. MEDVEDEV, La Russia post-sovietica. Un viaggio nell’era di El’cin, Einaudi, Torino, 2002.

[29] ⬆︎ Un’interpretazione arbitraria della norma ha spinto a sostenere che il concetto di “tradizionali“ può essere attribuito soltanto all’ortodossia, islam, ebraismo e buddismo: Cfr. G. FAGAN, Believing in Russia. Religious Policy after Communism, Routledge, London-New York, 2012, p. 122 ss.

[30] ⬆︎ In essa, infatti, è affermato che possono essere definite associazioni ‘russe’ solo quelle che avevano assunto veste legale sul territorio da almeno cinquanta anni - cioè durante la dittatura di Stalin, in un periodo in cui la stessa sopravvivenza delle chiese era legata all’accettazione della clandestinità. Si è stabilito, inoltre, che il diritto di costituzione di una comunità per motivi religiosi, è legato alla presenza fisica dei credenti sul territorio e così un gruppo formatosi in un certo ambito territoriale non potrà svolgere, al di fuori dello stesso, la sua opera di missione. Un’associazione straniera può avere il diritto a una propria rappresentanza, ma non quello di svolgere alcun tipo di attività religiosa. Le associazioni locali, di qualsiasi religione, devono attestare la loro presenza sul territorio da almeno quindici anni, cioè dai tempi di Brežnev. In mancanza di tale riconoscimento non possono svolgere nessun tipo di attività e, se non riescono a ottenere una nuova registrazione, devono essere “liquidate per via penale. Essa stabilisce, inoltre, diverse categorie di entità religiose: i gruppi religiosi, le organizzazioni religiose locali e le organizzazioni religiose centralizzate. I “gruppi religiosi” hanno di fatto soltanto il diritto di celebrare riti e cerimonie religiose, tenere servizi di culto e insegnare dottrine religiose. Non sono registrati presso il governo e quindi non hanno personalità giuridica; non possono aprire un conto in banca, costruire, acquistare o affittare locali, né pubblicare o importare materiale religioso. Per essere riconosciuto come organizzazione religiosa locale, un gruppo deve dimostrare di esistere in quanto tale da almeno 15 anni; essere composto da non meno di 10 persone (di età superiore ai 18 anni), che risiedono permanentemente in una data area. Un’„organizzazione religiosa locale”, invece, può aprire un conto in banca, acquistare, possedere e affittare edifici per scopi religiosi, acquisire, importare, esportare e diffondere letteratura religiosa, godere di sgravi fiscali e altri benefici, e così via. Inoltre, tali associazioni possono dar vita a organizzazioni religiose locali affiliate, senza nessun periodo di attesa. Dopo cinquanta anni di esistenza e attività nel Paese, possono includere la parola “Russia” o l’aggettivo “russo/a” nel loro titolo ufficiale. Cfr. G. CAROBENE, L’affaire di Scientology. La qualificazione in via giudiziaria di una confessione nel contesto ‘europeo’ della libertà di religione, in Diritto e Religioni, 1, 2008, pp. 774-791, in particolare p. 776 ss.

[31] ⬆︎ E.B. BARAN, Negotiating the limits of religious pluralism: the Anticult Movement in the Russian Orthodox Church, 1990-2004, in The Russian Review, vol. 65, 2006, pp. 637-656, e EAD., Contested Victims: Jehovah’s Witnesses and The Russian Orthodox Church, in Religion, State and Society, vol. 35, 2007, pp. 264-278. Della stessa Autrice, inoltre, cfr. Faith on the Margins: Jehovah’s Witnesses in The Soviet Union and Post- Soviet Russia, Ukraine, and Moldova, 1945-2010 (https://core.ac.uk/download/pdf/210603655.pdf). Cfr. anche J. T. RICHARDSON, B. VAN DRIEL, New Religious Movements in Europe: Developments and Reactions, in Anti-Cult Movements in Cross-Cultural Perspective (A. SHUPE and D.G. BROMLEY eds.), Garland, New York, 1994.

[32] ⬆︎ Esse si occupano di varie questioni: “il principio di non ingerenza statale nelle attività delle organizzazioni religiose; il divieto per i funzionari federali e locali di raccogliere informazioni sull'appartenenza religiosa o di inserire tali informazioni nelle schede personali dei dipendenti statali; il divieto per il Servizio di sicurezza federale di richiedere l'assistenza confidenziale dei membri del clero; il divieto nei confronti delle agenzie statali di svolgere attività investigative o di partecipare alla vita di organizzazioni religiose registrate per interferire nelle loro attività; il divieto, infine, di diffondere avvisi pubblicitari offensivi nei confronti dei fedeli di un'organizzazione religiosa”: L. SIMKIN, Chiesa e Stato in Russia, in Diritto e religione nell'Europa post- comunista, cit., 357. A livello statale, inoltre, oltre trenta leggi riguardano vari aspetti delle attività delle associazioni religiose. Nel febbraio 2001 l’Ombudsman per i Diritti Umani ha riconosciuto che molti articoli di tale normativa non rispettavano gli obblighi internazionali della Russia in materia di diritti umani e che alcune delle sue disposizioni hanno portato alla discriminazione di diverse fedi religiose e avrebbero dovuto essere oggetto di emendamento.

[33] ⬆︎ Corte costituzionale Russa, ordinanza 23 novembre 1999, citata da G. CODEVILLA, Laicità dello Stato e separatismo nella Russia di Putin, in Chiesa Cattolica ed Europa centro-orientale. Libertà religiosa e processo di democratizzazione, a cura di G. CHIZZONITI, Vita e Pensiero, Milano, 2004, in particolare pp. 177-178. Nell’interpretazione del supremo organo lo Stato ha il diritto ”di ostacolare l’attività missionaria (ivi compreso il problema del proselitismo) se questa è incompatibile con il rispetto della libertà di pensiero, di coscienza e di religione e con altri diritti e libertà costituzionali e precisamente è accompagnata dall’offerta di vantaggi materiali o sociali al fine di reclutare nuovi membri alla Chiesa, dall’illecito influsso sulle persone che si trovano in condizione di necessità o di povertà, dalla pressione psicologica, ovvero dalla minaccia di ricorrere alla violenza e simili”. Le altre religioni sono quindi relegate a praticare e divulgare la propria fede nell’ambito eslusivo delle ”riserve etniche” in un sistema in cui ”l’appartenenza religiosa coincide con quella etnica e che si può trasmettere solo per via ereditaria”, con evidenti impossibilità di inserimento per nuovi movimenti religiosi, come i TdG: G. CODEVILLA, Ortodossia, cit., p. 19 e p. 21. L'Autore sottolinea che nel documento Concezione della Sicurezza Nazionale della Federeazione Russa si indica che la tutela della sicurezza nazionale comprende la difesa dell'eredità culturale, morale, spirituale. Tale ultimo punto è stato ribadito anche nella Dottrina della sicurezza informativa della Federeazione Russa, approvata da Putin nel 2000. Come sempre, sottolinea l'Autore, è importante il riferimento ai Fondamenti della concezione sociale della Chiesa Ortodossa, approvati dal Concilio dei Vescovi nel 2000, in cui si sottolinea che la Chiesa Ortodossa Russa, facendo parte dell'unica Chiesa di Cristo, dovrà avere uno status giuridico e pubblico superiore a quello delle altre confessioni; essa è realtà sacra suprema oltre che una forza storica significativa nella creazione dello Stato russo: G. CODEVILLA, Laicità dello Stato, cit., p. 179. Cfr. anche M. ŠKAROVSKII, La Croce e il potere, La Casa di Matriona, Milano, 2003.

[34] ⬆︎ È importante sottolineare che il concetto di ”religioni tradizionali” è stato coniato solo nel 1905; in passato Islam e Giudaismo era religioni ”ricoosciute” e meramente tollerate. Tale concetto non era contenuto in alcun documento statale ma solo nei documenti della Chiesa Ortodossa: cfr. G. CODEVILLA, Ortodossia, cit., p. 16.

[35] ⬆︎ ”Si rileva l’insistenza con cui la Chiesa russa ripropone il tema del patriottismo ortodosso, in cui l’ideale religioso si confonde con quello politico, in cui la bandiera dell’Ortodossia è nel contempo l’emblema del regno terrestre e di quello celeste. Si viene così a ricostituire quella identificazione tra Chiesa e Nazione affermatasi nella Moscovia sin dalla fine del XV secolo, quando la pienezza dei diritti si acquisiva con l’appartenenza a entrambe [...]. Vi è, infatti, nella Russia di oggi una rifioritura dell’idea della Terza Roma sorta nella Russia moscovita e da allora mai sopita, che si era riproposta nel XIX secolo nella versione slavofila del popolo russo come popolo teoforo o in quella occidentalista, e poi bolscevica, della Russia portatrice di bene e felicità esclusivamente mondane. Entrambe queste visioni assegnano alla Russia una missione storica e ridanno oggi vita e vigore a un messianismo panslavista che aspira, come un tempo, a portare la croce ortodossa della salvezza a tutti gli slavi dei territori dell’ex impero sovietico, a quelli sparsi nel mondo intero, nonché agli altri popoli disposti ad accoglierla”: G. CODEVILLA, Ortodossia, cit., p. 11.

[36] ⬆︎ Cfr. G. FAGAN, Believing in Russia, cit., in particolare p. 121 ss., ma anche G. SIMONS, D. WESTERLUND, Religion, Politics and Nation-Building in Post-Communist Countries, Routledge, London- New York 2016.

[37] ⬆︎ G. CODEVILLA, Il progetto di legge Tjul’kin per modificare la legislazione sulle associazioni religiose, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., 2007. L’Autore osserva come il progetto di laicità, delineato nel progetto di legge non ha nulla in comune con il significato semantico che l’occidente attribuisce a tale termine ”dove laicità significa indipendenza da qualsivoglia forma di pressione religiosa o ideologia. Nella lingua russa il termine laicità/svet è sinonimo di secolare, mondano e non ha in sè il concetto illuministico di laicità” (p. 2).

[38] ⬆︎ Pubblicata in SOVA Center, July 3, 2013, in www.sova-center.ru/misuse/news/lawmaking/2013/7/d27442/.

[39] ⬆︎ Modifiche alla Legge sulla libertà religiosa del 2015 (marzo, luglio e novembre) e 2016, pubblicate in spagnolo e russo (http://licodu.cois.it/?page_id=1443). Se in precedenza un’organizzazione religiosa per potersi registrare permanentemente come tale ed ottenere i diritti che le spettavano doveva certificare la sua presenza in Russia per almeno una quindicina d’anni alle autorità competenti, le recenti modifiche, volute da Putin, hanno eliminato, per quelle che si vogliono registrare per la prima volta, l’obbligo di ripetere l’atto annualmente per quindici anni. Tuttavia, questi emendamenti aumentano le restrizioni a cui devono sottostare i gruppi religiosi e, inoltre, a partire da questo momento, tutte le comunità religiose prive di uno status giuridico hanno dovuto informare lo Stato circa la loro esistenza e le loro attività. In passato un gruppo doveva informare lo Stato della sua esistenza solamente nel caso in cui avesse voluto diventare un’organizzazione religiosa, ma con queste ultime modifiche, deve in qualsiasi caso e obbligatoriamente comunicare la propria presenza. Di conseguenza, almeno una volta ogni tre anni qualsiasi gruppo deve riferire al Dipartimento di Giustizia informazioni precise circa la propria creazione, nomi e indirizzi dei propri membri, la religione a cui appartiene e chi intende coinvolgere con le proprie attività.

[40] ⬆︎ Politicamente tale fase coincide con l’ascesa al potere di Putin, attuale presidente della Federazione Russa: cfr. G. CODEVILLA, Laicità dello Stato e separatismo nella Russia di Putin, in A. CHIZZONITI (a cura di), Chiesa Cattolica ed Europa centro orientale, Vita e Pensiero, 2004, p. 139 ss., e A. MONIAK-AZZOPARDI, Les religions et l’Etat en Russie. Une relation équivoque, in Le Courrier des Pays de l’Est, 2004, 5, pp. 28-38 (e in https://www.cairn.info/revue-le-courrier-des-pays-de-l-est-2004-5-page-28.htm); K. ROUSSELET, L’Église orthodoxe russe et le territoire, in Revue d’études comparatives Est-Ouest, 35, 4, pp. 149-171 (e in https://www.persee.fr/doc/receo_0338- 0599_2004_num_35_4_1681?q=orthodoxe). L'European Commission for Democracy throught Law, anche nota come Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio di Europa, in un parere del 2012, ha affermato che il modo in cui viene applicata la “legge sull’estremismo” è problematico perché, a causa della sua formulazione ampia e imprecisa specie per quanto riguarda le “nozioni di base” definite dalla normativa - quali ad esempio le definizioni di “estremismo”, “azioni estremiste”, “organizzazioni estremiste” o “materiali estremisti” - conferisce una discrezionalità troppo ampia nell’interpretazione e applicazione della norma, prestando così il fianco a possibili arbitrarietà. Le rassicurazioni da parte delle autorità circa il fatto che gli effetti negativi sarebbero evitati grazie agli orientamenti della Corte Suprema, all’interpretazione dell’Istituto russo per la legislazione e il diritto comparato o alla buona fede, non sono sembrate sufficienti al fine di soddisfare i requisiti internazionali pertinenti: cfr. Commissione di Venezia, Opinion on the Federal Law on Combating Extremist Activity in the Russian Federation, Council of Europe, 20 giugno 2012 (http://www.venice.coe.int/webforms/documents/?opinion=660&year=all). Sulla situazione legislativa in generale cfr. A. DI GREGORIO, C. FILIPPINI, M. GANINO, La Costituzione della Russia a dieci anni dalla sua adozione, Giuffrè, Milano 2006; A. CURANOVIĆ, The religious factor in Russia’s foreign policy, Routledge, London, 2012; A. PACINI, L’Ortodossia nella nuova Europa. Dinamiche storiche e prospettive, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2003.

[41] ⬆︎ La legge che ha maggiormente colpito le confessioni religiose “straniere” è la Legge Federale n. 121-FZ del 20 luglio 2012 che ha regolato le attività delle organizzazioni no- profit, le quali, se ricevono donazioni dall’estero, hanno l’obbligo di registrarsi come “agenti stranieri”. Il termine “agente straniero”, in russo “inostrannyj agent”, rimane ancora linguisticamente strettamente associato all’azione delle spie straniere in Russia durante la Guerra Fredda, assumendo dunque un connotato estremamente negativo.

[42] ⬆︎ Resolution 1896, 2012, The Honoring of Obligations and Committements by the Russian Federation, PACE, October 2, 2012 (in http://assembly.coe.int/ASP/Doc/XrefHTML.asp?File-ID=19116&Language=EN).

[43] ⬆︎ Così come la Raccomandazione delle Nazioni Unite per la legge sulla blasfemia introdotta nel 2016, Amendments to the law on protecting the feelings of believers, SOVA Center, May 13, 2013 (in www.sova-center.ru/misuse/news/lawmaking/2013/05/d27066).

[44] ⬆︎ The law of banning recognition of the scriptures of world religions as extremist, SOVA Center, November 23, 2015 (in www.sova-center.ru/misuse/news/lawmaking/201015/11/d33297/).

[45] ⬆︎ Con riferimento al materiale pericoloso è, tuttavia, specificato che la Bibbia, il Corano, il Tanakh e il Kangyur e i concetti contenuti negli stessi non possono essere riconosciuti come materiale estremistico.

[46] ⬆︎ Cfr. per tutti i Report della Commissione sulla Russia e sulle detenzioni dei Testimoni di Geova nel Paese, fino al 2020 (https://www.uscirf.gov/countries/russia) - Cfr. anche “Dichiarazione della presidenza bulgara dell’UE sulla situazione dei testimoni di Geova nella Federeazione Russa”, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, 10 maggio 2018 (https://www.osce.org/permanent-council/381820).

[47] ⬆︎ La Corte costituzionale ha stabilito che la menzione di Dio nella Carta fondamentale non è in contrasto con il carattere laico dello Stato e con la libertà di coscienza. Afferma, infatti, che l’inserimento nel testo della Carta di un riferimento della fede in Dio non significa rinnegare il carattere laico dello Stato proclamato nell’art. 14 e la garanzia della libertà di coscienza garantita nell’art. 28, in quanto per il modo in cui è formulato non è associato all’appartenenza confessionale, non dichiara l’obbligatorietà di determinate credenze religiose e non pone i cittadini, in contrasto con l’art. 19 (parte II) della Costituzione, in una posizione di ineguaglianza in base alla fede e al loro orientamento specifico, ed è inteso solamente a sottolineare la necessità di tenere conto nell’attuazione della politica dello Stato del ruolo socio-culturale storicamente significativo che la componente religiosa ha svolto nella formazione e nello sviluppo della statualità russa (decisione del 16 marzo 2020): G. CODEVILLA, Costituzione e libertà religiosa: si torna a ”Mosca Terza Roma”? (in https://www.lanuovaeuropa.org/chiesa/2020/06/26/costituzione-e-liberta-religiosa-si-torna-a-mosca-terza-roma/).

[48] ⬆︎ Cfr. D. FISICHELLA, Totalitarismo. Un regime del nostro tempo, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p. 147 ss.

[49] ⬆︎ Cfr. Risoluzione Corte suprema russa n. 21-P, 14 luglio 2015; Legge Federale 7-FKZ del 14 dicembre 2015 che emenda la “Legge costituzionale federale sulla Corte costituzionale della Federeazione Russa n. 1- FKZ del 21 luglio 1994”. La nuova legge stabilisce, infatti, che la Corte costituzionale, adita “at the request of the federal executive authority which has competence for protecting the interests of the Russian Federation in litigations before an inter-State body on the protection of human rights and freedoms” (art. 1, par. 1), possa statuire che la decisione di una Corte internazionale non sia eseguibile nel territorio della Federazione.

[50] ⬆︎ Corte Suprema russa, 19 aprile 2016 n. 12- P/2016.

[51] ⬆︎ Tale sentenza ha avuto origine dall’applicazione della Legge federale della Federeazione Russa n. 7-KFZ del 2015. Nel 2016, quindi, il Ministero della Giustizia della Federeazione Russa, esercitando la facoltà conferita dalla nuova normativa, ha potuto introdurre un ricorso davanti alla Corte costituzionale relativo alla possibilità di dare esecuzione alla sentenza della Corte di Strasburgo: cfr. ECHR, Anchugov v. Russia (in https://tinyurl.com/yd4tktuq).

[52] ⬆︎ Cfr. art. 27 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.

[53] ⬆︎ Come è stato sottolineato si “tratta, infatti, di accordi geneticamente internazionali, ma con funzione paracostituzionale, miranti a innescare moti di progressiva integrazione ‘para-federale’, attraverso un infittimento progressivo delle competenze del livello sovranazionale a detrimento di quelle dello Stato, senza però che quest’ultimo (e soprattutto i suoi cittadini) sia posto nella condizione di decidere ex abrupto di rinunciare alle sue prerogative sovrane”: A. GUAZZAROTTI, La Russia, la CEDU e i contro limiti (in www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/guazzarotti.pdf). In questo ambito rientrerebbero trattati quali quelli istitutivi dell’Unione europea.

[54] ⬆︎ Ci troviamo di fronte a quella che la dottrina costituzionale russa definisce “democrazia sovrana”: cfr. B. BOWRING, What’s in a word: ‘sovereignty’ in the Constitutional Court of the Russian Federation, in Russian Journal of Communications, 2015, p. 328 ss. Cfr. anche la Commissione di Venezia, in base a quanto affermato nella sua Final Opinion on the Amendments to the Federal Constitutional Law on the Constitutional Court (parere n. 832/2015, 13 giugno 2016). Tale parere critica due profili della citata Legge federale n. 7-KFZ del 2015: l’attribuzione alla Corte costituzionale dell’individuazione di tutti i mezzi di esecuzione di una sentenza internazionale, laddove il suo ruolo dovrebbe limitarsi a stabilire se un possibile mezzo di esecuzione sia o meno conforme alla Costituzione (par. 25); la possibilità attribuita alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla conformità alla Costituzione di una decisione della Corte di Strasburgo in cui si accorda un’equa soddisfazione alla parte lesa.

[55] ⬆︎ Il meccanismo era stato pensato nell’ambito del Draft revised agreement on the accession of the European Union to the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms, all’art. 3, par. 6, in cui si concedeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea un tempo sufficiente per valutare la compatibilità del diritto dell’Unione con gli obblighi CEDU, nel caso in cui la Corte di giustizia non avesse mai avuto occasione di pronunciarsi su una questione.

[56] ⬆︎ Sul ruolo degli organismi europei cfr. Diritto e religione in Europa. Rapporto sulla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà religiosa, a cura di R. MAZZOLA, il Mulino, Bologna, 2012; A. LICASTRO, Unione europea e “status” delle confessioni religiose. Fra tutela dei diritti umani fondamentali e salvaguardia delle identità costituzionali, Milano, Giuffrè, 2014. Sulla costruzione di un diritto europeo delle religioni cfr. G. MACRI’, M. PARISI, V. TOZZI, Diritto ecclesiastico europeo, Laterza, Roma-Bari, 2006; G. CASUSCELLI, Stati e religioni in Europa: problemi e prospettive, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., giugno 2009.