Da Charlie Hebdo a “The Boys”: “Libertà di espressione” e libertà religiosa

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Manifesto di "The Boys" a Milano

I recenti articoli pubblicati su questo sito mostrano un mai sopito e malcelato rigurgito intollerante verso le credenze altrui. La libertà di credo è tutelata dalla dichiarazione universale dei diritti umani e da dichiarazioni successive analoghe, ma alla luce dei fatti tale diritto necessita di costante ed ulteriore impegno affinché venga effettivamente riconosciuto e rispettato come diritto inalienabile.

Di seguito pubblichiamo un articolo del prof. Massimo Introvigne, sociologo delle religioni di fama internazionale, che riporta un esempio di come sia facile cadere nell’intolleranza e nell’incitamento all’odio.

 


Da Charlie Hebdo a “The Boys”: “Libertà di espressione” e libertà religiosa

Dov’è esattamente il confine tra libertà di parola e incitamento all’odio che offende i membri di una religione? Molti parlano di Charlie Hebdo, ma non è l’unico caso. The Boys è un altro esempio di cultura pop.

di Massimo Introvigne, 12 marzo 2020 — Uno dei temi più importanti negli ultimi mesi e settimane per tutti coloro che si interessano alla libertà religiosa è stato il possibile conflitto con la libertà di espressione. L’opposizione dei principali media di lingua inglese alla posizione del presidente francese Emmanuel Macron è stata interpretata come una moderna incarnazione del secolare conflitto tra il concetto di laicismo francese e quello anglo-americano.

La storia è ben nota. Sanguinosi attacchi terroristici hanno preso di mira la rivista satirica francese Charlie Hebdo e i suoi sostenitori, tra cui un professore francese delle superiori che è stato decapitato il 16 ottobre. La rivista aveva pubblicato vignette satiriche con connotazioni sessuali e scatologiche sul profeta Maometto, l’Islam, il Corano, nonché su Gesù Cristo e la Vergine Maria. I media britannici e americani, sostenuti dal Vaticano, hanno criticato le vignette ritenendole offensive e sostenendo che promuovono l’odio contro la religione, mentre il presidente Macron ha osannato il “diritto alla blasfemia” della Francia.

Musulmani incorteo contro le vignette di Charlie Hedbo

Musulmani in corteo a Parigi contro le vignette di Charlie Hedbo (credit)

Nel processo si sono confuse tre questioni alquanto differenti. La prima è se violenza e terrorismo contro chi offende un gruppo religioso o etnico possano essere in qualche modo giustificati. La risposta è no. Niente potrà mai giustificare violenza e terrorismo. Inoltre, sollevare tale questione fa il gioco dei terroristi stessi. Essendo uno studioso che ha scritto libri sia su al-Qaeda che sull’ISIS, so che le organizzazioni di questo tipo in primo luogo decidono di attaccare un certo paese, poi cercano obiettivi contro cui dispiegare i propri strumenti propagandistici, “giustificando” in tal modo il terrorismo. Se non ci fossero state le vignette di Charlie Hebdo, i terroristi avrebbero ucciso qualcun altro, solo perché le vittime erano ebree, americane, francesi, o semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Per fare un esempio, nessuna delle 2.977 vittime del 9/11 aveva fatto qualcosa che offendesse l’islam.

La seconda questione è se i tribunali dovrebbero promulgare misure restrittive contro chi, come Charlie Hebdo, offende delle comunità religiose. La risposta è che questo dipende sia dai sistemi legali di un paese che dalle circostanze. La legge francese non è quella americana. C’è una zona grigia scivolosa tra incitamento all’odio e lecito criticismo o satira. Da un lato, le vignette francesi usavano parole oscene e crude rappresentazioni sessuali nel parlare dei fondatori delle due più grandi religioni del mondo. All’estremo opposto, solo pochi cattolici radicali si sono sentiti offesi dal poetico criticismo del Vaticano espresso nella serie televisiva The Young Pope, del premiato regista Paolo Sorrentino. Ma ci sono vie di mezzo. Mentre si dice che l’attuale papa abbia personalmente trovato divertente la serie di Sorrentino, al tempo in cui era arcivescovo di Buenos Aires fu tra quelli che ricorsero al tribunale nel tentativo di impedire la mostra pubblica dei quadri del principale artista argentino, Léon Ferrari, che rappresentavano Gesù Cristo e Papa Giovanni Paolo II in un modo che molti cattolici consideravano offensivo. Non c’è niente di male nel richiedere l’opinione dei tribunali in casi del genere. È una reazione civilizzata che disinnesca la violenza. La cosa importante è che i tribunali proteggano allo stesso modo tutti i gruppi, indipendentemente dal loro status minoritario o maggioritario o dalla loro popolarità.

Una terza, e differente, questione è se i media di qualità e coloro che formano l’opinione e la cultura dovrebbero sostenere o condannare espressioni, incluse fiction e satira, che possono alimentare odio e pregiudizio contro una religione. Nel 2011, ho svolto l’incarico di Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, di cui sono membri anche gli Stati Uniti) per combattere razzismo, xenofobia e intolleranza religiosa. Parte del mio incarico consisteva nel coordinare la risposta dell’OSCE agli incitamenti all’odio e mi imbattevo ogni giorno in situazioni in cui il confine tra incitamento all’odio e libertà di espressione non era ben definito. Al tempo, erano spesso gli U.S.A. a invocare una maggior protezione della libertà di espressione, mentre i paesi dell'Europa occidentale tendevano ad essere più restrittivi quando si faceva appello alla libertà di parola per giustificare razzismo, anti-semitismo o islamofobia.

C’è un caso esemplare che illustra tali problemi. Riguarda la serie televisiva americana “The Boys,” messa in onda dal 2019 su Amazon Prime Video. Si tratta di un libero adattamento dell’omonimo libro a fumetti di Garth Ennis e Darick Robertson. Gli autori sono noti per la loro tendenza alla provocazione e per il ribaltamento dei moderni miti culturali. Mentre di solito i super eroi sono considerati modelli di comportamento, “The Boys” sono membri di un gruppo vigilante dedito a rivelare il fatto che in realtà gli individui dotati di super poteri sono profondamente corrotti e animati da sete di denaro piuttosto che da scopi idealistici.

È frequente che l’obiettivo dei fumetti di Ennis sia la religione organizzata, e “The Boys” non fa eccezione.

Spingendosi di tanto in tanto oltre i libri, la serie televisiva è riuscita a offendere i cristiani usando profanità sessuale nel riferirsi a Dio, a Gesù Cristo e alla Vergine Maria. Lo show è stato attaccato dai cristiani ultra-conservatori (un gruppo non particolarmente popolare tra i media) e i produttori hanno deciso di servirsi del loro criticismo per farsi pubblicità, attirando indubbiamente un certo tipo di pubblico.

La religione principale è protetta dal fatto di essere tale, il che non costituisce una scusa per offenderla gratuitamente. La scena è di gran lunga peggiore quando ad essere attaccate sono le minoranze religiose. La serie televisiva “The Boys” ha una sotto trama che ha a che fare con qualcosa chiamato Chiesa del Collettivo, una “setta” manipolatrice che riesce ad adescare due dei super eroi. Alla fine, il leader della “setta” muore quando la sua testa esplode in un incidente causato dai super poteri di una deputata membro del congresso ed ex agente della CIA.

Eric Kripke, creatore dello show televisivo, crede che l’idea che la loro “motivazione principale è quella di approfittarsi dei seguaci” valga per “molte religioni.” La religione organizzata, in particolare il cristianesimo, viene costantemente presa di mira dalla satira e mostrata nello show come corrotta e ipocrita. Persino Dio, se esiste, è accusato di essere un “assassino di massa” e un truffatore, in una scena che forse qualcuno può trovare divertente, ma che i credenti non possono non percepire come offensiva.

Per quanto riguarda la Chiesa del Collettivo, Kripke ha affermato pubblicamente che qualsiasi somiglianza tra questa religione immaginaria e la Chiesa di Scientology “potrebbe essere una semplice coincidenza e non ha niente a che vedere col fare una satira (o esprimere condanna) delle pratiche di Scientology”.

Malgrado tale affermazione, una rapida ricerca su Google porterebbe alla conclusione che i media hanno interpretato la Chiesa del Collettivo come una parodia di Scientology. Persone ostili a Scientology hanno anche usato “The Boys” come strumento per promuovere un’immagine negativa di questa nuova religione.

Può sembrare che la causa del problema giaccia interamente in certi media, eppure gli sceneggiatori, i registi e i produttori di “The Boys” non sono del tutto innocenti.

Proprio come hanno fatto nel caso dei grandi eventi dei Cristiani Evangelici con l’opera di fantasia Believe Expo, con la Chiesa del Collettivo hanno incorporato nella trama su una religione immaginaria molti miti anti-Scientology. Chiunque sia anche solo vagamente familiare con pubblicazioni anti-Scientology può vedere di cosa si tratta realmente e potrebbe facilmente pensare che gli incitamenti all’odio contro Scientology siano ribaditi e confermati da un popolare show televisivo.

Si potrebbe obiettare che, a differenza di altri casi in cui gli incitamenti all’odio sono sfociati in violenza contro minoranze religiose, nessuno sia stato ucciso a causa di “The Boys”. Può anche darsi, ma negli anni recenti ci sono stati vari episodi violenti in cui membri della Chiesa di Scientology sono stati attaccati da individui che erano stati convinti da show televisivi e website estremi che Scientology sia un male che dovrebbe essere fermato.

Il 3 gennaio 2019, un adolescente ha fatto irruzione nei locali della Chiesa di Scientology di Sydney, in Australia, credendo che sua madre, che stava partecipando ad attività della Chiesa locale, fosse in pericolo e dovesse essere “salvata”. Mentre veniva scortato fuori dall’edificio, ha pugnalato a morte uno Scientologist e ne ha ferito gravemente un altro. Non ci sono dubbi che certi resoconti di Scientology da parte di televisione e web abbiano svolto un ruolo nel motivare le azioni violente del ragazzo.

I terroristi che uccidono usando come giustificazione la protesta contro l’incitamento all’odio, come ad esempio quelli coinvolti nelle uccisioni relative a Charlie Hebdo, non hanno nessuna scusa. Eppure, anche gli incitamenti all’odio uccidono. Non sempre è possibile fermarli tramite i tribunali, ma li dovremmo almeno vedere per quello che sono: intolleranza, non coraggio, e un'intolleranza pericolosa per tutti noi.

Quelli che potrebbero obiettare che è “solo una parodia in chiave umoristica” dovrebbero prendere in considerazione questa possibile scena. Immaginate un film o un racconto che usi tutti i miti più disgustosi diffusi contro gli ebrei - quali la loro “avidità” tradita dal loro naso adunco, il loro costante cospirare contro chi non appartiene alla loro fede e il fatto che bevono persino il sangue dei bambini cristiani - per rappresentare una religione dichiaratamente immaginaria senza usare il nome “giudaismo”. Dovremmo concludere che tale rappresentazione immaginaria appoggi in modo pericoloso l’anti-semitismo, o limitarci a sorridere e considerarla divertente?

Pensate che tale esempio sia solo ipotetico? Non proprio. Qualunque fossero le intenzioni del musicista tedesco Richard Wagner quando scrisse “I maestri cantori di Norimberga”, rappresentata per la prima volta nel 1868, è indubbio che in epoca nazista l’opera sia stata rappresentata per suggerire che il cattivo, Beckmesser, fosse ebreo. L’ebraismo di Beckmesser era costruito subdolamente tramite stereotipi, malgrado non se ne facesse mai una menzione esplicita.

Mentre c’è chi crede che lo stesso Wagner diffondesse consapevolmente l’anti-semitismo tramite la sua opera (anche se altri lo negano), le rappresentazioni naziste dei “Maestri cantori” sono oggi condannate all’unanimità come la quintessenza dell'intolleranza e dell’incitamento all’odio. Non c’è motivo per cui lo stesso standard non dovrebbe essere usato ai nostri tempi quando l'intolleranza tormenta qualsiasi religione, grande o piccola che sia, molto conosciuta o incompresa.

Fonte: Bitter Winter