La Francia ha un serio problema con l'Islam radicale, ma il progetto di legge contro il “separatismo” annunciato dal presidente Macron potrebbe creare più problemi di quanti pretende di risolvere. Questa è la conclusione di un "Libro Bianco" scritto o appoggiato da noti studiosi di nuovi movimenti religiosi: Massimo Introvigne, sociologo italiano e direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) e Bernadette Rigal-Cellard, dell'Università di Bordeaux, Frédéric Jérôme Pansier, docente di diritto francese e gli attivisti per i diritti umani Willy Fautré, di Human Rights Without Frontiers con sede a Bruxelles e Alessandro Amicarelli, avvocato per i diritti umani a Londra e presidente della Federazione Europea per la Libertà di Credo (FOB).
"Estirpare le radici sociali del terrorismo è un obiettivo lodevole, affermano i membri della task force che sta lanciando il Libro Bianco, e alcune disposizioni del disegno di legge hanno un senso, ma ci sono anche seri problemi". In primo luogo, la legge viene proposta e pubblicizzata da alcuni politici e media con accenti inquietanti, il che implica che solo un "Islam des Lumières", un Islam in stile illuminista, è accettato in Francia, dove tutti i Musulmani conservatori, cioè la maggioranza dei musulmani in Francia ed Europa, sono sospettati di estremismo se non di terrorismo. "Questo, dice il rapporto, rischia di alimentare l'estremismo piuttosto che contenerlo".
In secondo luogo, il divieto totale di fare istruzione parentale (homeschooling) penalizza migliaia di genitori francesi che non sono Musulmani e, nella maggior parte dei casi, non decidono neppure di istruire i propri figli a casa per motivi religiosi. Diversi studi sociologici hanno concluso che l'istruzione parentale è una forma legittima di istruzione e può dare buoni risultati. “Nell'istruzione parentale – affermano gli autori – l'ultra-fondamentalismo islamico si manifesta in una piccola minoranza di casi e può essere controllato o eliminato tramite controlli adeguati, piuttosto che vietando del tutto questa pratica".
In terzo luogo, esiste una procedura rapida per sciogliere organizzazioni religiose che si ritiene operino contro la "dignità umana" o che utilizzano non solo pressioni fisiche, ma anche "psicologiche". Questo, dice il Libro Bianco, è il gergo standard usato contro le cosiddette "sette" e infatti alcuni politici francesi hanno già annunciato che la legge sarà utilizzata per "sciogliere centinaia di sette". Piuttosto che fare affidamento sulle nozioni pseudo-scientifiche di "lavaggio del cervello" o "controllo psicologico" – suggerisce il Libro Bianco – la legge dovrebbe concentrarsi sui "movimenti religiosi criminali" (un'etichetta che molti studiosi preferiscono a quella elusiva di “sette”) che usano violenza fisica o commettono crimini comuni. E, aggiunge il rapporto, la difesa della "dignità umana" non può portare a violare la libertà associativa di organismi religiosi, ad esempio quando decidono chi ammettere o espellere, o propongono che i loro attuali membri non si associno a coloro che sono stati espulsi. Il Libro Bianco cita diverse decisioni di tribunali che affermano che la scomunica e l'"ostracismo" fanno parte della libertà religiosa, poiché le religioni hanno il diritto di prendere decisioni sulle proprie organizzazioni.
In quarto luogo, il riferimento a luoghi di culto indebitamente utilizzati per diffondere “ostilità nei confronti delle leggi della Repubblica” non dovrebbe significare che le prediche non debbano essere libere di criticare leggi che considerano ingiuste. La religione ha sempre avuto la funzione profetica di criticare le leggi ritenute ingiuste, che è cosa differente dall'incitamento alla violenza.
“Comprendiamo – spiegano gli autori – che la Francia ha una sua tradizione e una sua storia di laïcité, e il nostro scopo non è suggerire che la Francia adotti il modello americano di libertà religiosa, o il modello italiano di cooperazione tra religione e Stato. Al contrario, il nostro obiettivo è trovare modi per affrontare, all’interno piuttosto che all'esterno della tradizione giuridica francese, legittime preoccupazioni sulla radicalizzazione e il terrorismo, senza violare i diritti delle minoranze religiose o infrangere gli obblighi internazionali della Francia in materia di diritti umani".
Offriamo il download gratuito del libro (in inglese) che può anche essere letto online.
Massimo Introvigne, CESNUR, Centro per gli Studi sulle Nuove Religioni
Alessandro Amicarelli, avvocato, European Federation for Freedom of Belief
Willy Fautré, Human Rights Without Frontiers
Bernadette Rigal-Cellard, professore di studi nordamericani e studi religiosi
Frédéric-Jérôme Pansier, professore di diritto
Massimo Introvigne è un sociologo delle religioni italiano. È il fondatore e il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi. Autore di una settantina di libri e di più di 100 articoli nel campo della sociologia della religione, dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto, nell’ambito dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), il ruolo di “Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Dal 2012 al 2015 è stato coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, istituito dal ministero italiano degli Esteri per monitorare lo stato della libertà religiosa a livello mondiale.
Alessandro Amicarelli, socio e direttore della Obaseki Solicitors Law Firm di Londra, è avvocato (solicitor) delle Corti superiori di Inghilterra e Galles, nonché avvocato in Italia, specializzato sia in Diritto internazionale e diritti umani sia in Diritto dell’immigrazione e dei rifugiati. A lungo docente universitario in tema di diritti umani, ha insegnato, fra l’altro, nell’Università Carlo Bo di Urbino e nella Soochow University di Taipei, a Taiwan. È presidente e portavoce della European Federation for Freedom of Belief (FOB).
Willy Fautré, già capo missione nel gabinetto del ministero belga dell’Educazione e nel parlamento belga, è il direttore di Human Rights Without Frontiers, la ONG con sede a Bruxelles che ha fondato nel 1988. In questa veste ha svolto missioni di inchiesta sui diritti umani e sulla libertà religiosa in oltre 25 Paesi. Docente universitario nel campo della libertà religiosa e dei diritti umani, è autore di numerosi articoli sui rapporti fra Stato e religioni, pubblicati su periodici accademici. Organizza regolarmente convegni al Parlamento Europeo su diversi temi tra cui la libertà di religione e di credo, e per anni ha promosso la libertà religiosa nelle istituzioni europee, all’OSCE e all’ONU.
Bernadette Rigal-Cellard è professore di studi nordamericani e studi religiosi presso l'Università Bordeaux Montaigne, Francia, dove nel 2005 ha fondato il programma di Master «Religioni e società». È specialista delle religioni minoritarie e della loro interazione con la cultura circostante, nonché dei legami tra religioni e letterature. È vicepresidente dell'Osservatorio europeo delle religioni e del secolarismo. Ha pubblicato molto in questi campi e curato diversi volumi sulle trasformazioni delle religioni nel contesto della globalizzazione, così come nel campo della religione e della letteratura, in particolare le letterature dei nativi nordamericani.
Frédéric-Jérôme Pansier insegna giurisprudenza dal 1990 con doppio dottorato in giurisprudenza e in inglese. Attualmente è docente presso l'Università del Pantheon Sorbonne (Parigi) e l'Università Cattolica di Parigi. Ha pubblicato 52 libri e più di 3.000 articoli su riviste specializzate. Dal settembre 1990 collabora con la Revue de science criminelle et de droit pénal comparé e da giugno 1998 a marzo 2013 è stato caporedattore dei Cahiers Sociaux du Barreau de Paris.
"Separatismo", religione e "sette": questioni sulla libertà religiosa
[Traduzione non confermata dagli autori]
SOMMARIO:
1. Introduzione: peculiarità francesi
2. Un divieto generale dell'istruzione parentale?
3. "Sette" e "Dignità umana"
4. "Sette," "pressioni psicologiche" e movimenti religiosi criminali
5. Alcune conclusioni
1- Introduzione: peculiarità francesi[⬆︎]
Il 2 ottobre 2020, il Presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che proporrà una legge contro il "separatismo". Il 6 ottobre, il Ministro degli Affari Interni Gérald Darmanin, ha twittato un documento che fornisce maggiori dettagli sulla proposta di legge (Darmanin 2020). Il progetto ha creato proteste nel mondo islamico e una grave crisi diplomatica tra Francia e Turchia, dopo che il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha criticato con veemenza l'annuncio sulla futura legge. Altre critiche sono seguite alle dichiarazioni del Ministro Delegato Incaricato della Cittadinanza, Marlène Schiappa, secondo la quale la legge sarà applicata alle "sette" (vedi ad esempio Wesfreid 2020). In effetti, la parola francese usata era "sectes": ha la stessa funzione dispregiativa di "cult" in inglese ed è normalmente tradotta dagli studiosi come "culti" piuttosto che come "sette", una parola più neutra e non censoria nella lingua inglese.
Gli studiosi e gli attivisti per i diritti umani che hanno preparato e approvato il presente rapporto hanno seguito con interesse e preoccupazione l'evoluzione della questione. Sebbene crediamo che questa legge possa porre problemi reali alla libertà religiosa, comprendiamo anche che la Francia ha le sue peculiarità e che proporre alla Francia modelli basati su tradizioni giuridiche e politiche di altre nazioni può essere irritante e di utilità limitata. Al contrario, il nostro scopo è proporre soluzioni che rispettino il contesto francese, ma tutelino i diritti umani e la libertà religiosa di tutte le minoranze.
Quando si tratta del rapporto tra religione e politica, il modello francese di laïcité è in qualche modo unico, come dimostra il fatto che tutte le traduzioni di questa parola in inglese non sono del tutto soddisfacenti. Laïcité non è semplicemente "laicità", né "separazione tra Chiesa e Stato" traduce chiaramente il concetto. È un ideale che risale alla Rivoluzione francese, formatosi dai conflitti tra lo Stato francese e la Chiesa cattolica tra il XIX secolo e l'inizio del XX. Promuove la separazione tra Chiesa e Stato, ma, come ha osservato la sociologa francese Danièle Hervieu Léger, ha uno scopo molto diverso dalla separazione esistente nel sistema americano. Negli Stati Uniti, la separazione protegge le religioni dallo Stato; in Francia, protegge lo Stato dalla religione (Hervieu Léger 2001). In breve, la laïcité mira a proteggere lo Stato e la società francese dalla possibile interferenza della religione e a garantire che la lealtà primaria di tutti i cittadini francesi vada alla Repubblica francese.
Quello che una volta era chiamato “comunitarismo", e ora "separatismo", è in diretta opposizione alla laïcité. È il tentativo da parte dei membri di alcune religioni di vivere “separatamente”, dando la loro lealtà primaria alla loro comunità religiosa, piuttosto che alla Repubblica. Per la tradizione politica e culturale francese, preservare la laïcité significa preservare la Repubblica stessa. Questa tradizione non può essere paragonata a come la religione è regolata in altri paesi e si basa su una storia diversa (Poulat 2010). Cercare di proporre alla Francia il modello americano di libertà religiosa, o il modello italiano di cooperazione privilegiata tra Stato e Chiesa Cattolica, sarebbe semplicemente un dialogo tra sordi.
Un secondo problema francese che non possiamo dimenticare è che la Francia, più di ogni altro paese europeo, è stata colpita dolorosamente da un terrorismo che invoca, come sua ideologia, una forma di ultra -fondamentalismo islamico. Sebbene il "separatismo" di alcune comunità Musulmane fondamentaliste non sia l'unica causa del terrorismo, e i sociologi menzionino come causa anche la povertà e l'umiliazione delle "banlieues dell'Islam" (Kepel 1991), è vero che una certa sottocultura islamica radicale, con le sue scuole, stili di vita e istituzioni culturali "separati" potrebbero, in determinate circostanze, aver alimentato idee estremiste e preparato il terreno per i terroristi. Qualsiasi critica all'atteggiamento francese nei confronti del “separatismo” dovrebbe tenere in considerazione il profondo impatto creato da un terrorismo condotto in nome dell'Islam radicale sulla società francese e le legittime preoccupazioni delle autorità che vogliono affrontare le radici culturali dell'estremismo.
A questo proposito, alcuni articoli del progetto di legge (come è possibile desumere dal memorandum di Darmanin) sono sensate. Ad esempio, la proposta di legge prevede di rafforzare le disposizioni contro i matrimoni imposti e l'applicazione di leggi straniere o religiose che privano le donne di ciò che, applicando la legge francese, sarebbe riconosciuto come loro legittima eredità, e di impedire ai medici di rilasciare certificati attestanti la verginità di una donna. Questi sono buoni esempi di casi in cui, combattendo il "separatismo", la legge proteggerebbe i diritti umani piuttosto che limitarli.
Sebbene queste siano provvedimenti di buon senso, sarebbe altrettanto ragionevole che, nel promuoverle, i politici evitassero quello che può suonare come un'accusa generale contro l'Islam. Sicuramente in Europa c'è un problema di islamofobia, alimentato da alcune forze politiche per i propri scopi. La legittima critica di alcune pratiche all'interno di alcuni settori dell'Islam radicale francese dovrebbe essere proposta in termini che non siano offensivi per i Musulmani in generale, sia in Francia che a livello internazionale. Né sarebbe del tutto possibile imporre attraverso misure legislative un "Islam liberale", o un "Islam des Lumières" (Islam in stile illuminista). È normale trovare nell'Islam tendenze differenti, e pretendere di rimodellare l'Islam in una forma accettabile per i valori medi dei politici francesi, può facilmente degenerare in orientalismo o neocolonialismo. Paradossalmente, potrebbe anche violare il principio stesso di separazione tra religione e Stato, poiché lo Stato francese si intrometterebbe nei dibattiti interni dell'Islam francese per fare in modo che prevalga una posizione. Finché non sostiene il terrorismo, non promuove l'incitamento all'odio contro altri gruppi, ebrei inclusi, o non viola i diritti umani delle donne, un Islam conservatore non ha meno diritti di esistere e promuovere la sua teologia di un Islam liberale.
Ancora una volta, è comprensibile che l’apologia del terrorismo, del razzismo o dell'antisemitismo siano di interesse per la polizia francese, già autorizzata a vigilare sulle prediche nei luoghi di culto. La formula “dichiarazioni ostili alle leggi della Repubblica” sembra, tuttavia, eccessivamente ampia. In tutte le religioni c’è un elemento profetico e un'utile critica delle leggi percepite come ingiuste.
La legge si spinge oltre l'Islam, come dimostrano le questioni dell'istruzione parentale e delle "sette" di cui discuteremo nel prossimo capitolo. Un altro provvedimento generale è "rafforzare il provvedimento riguardante la politica sui servizi di culto, per fare in modo che i luoghi di culto non diventino luoghi in cui vengono diffuse pratiche e dichiarazioni ostili alle leggi della Repubblica".
Ancora una volta, è comprensibile che l’apologia del terrorismo, del razzismo o dell'antisemitismo siano di interesse per la polizia francese, già autorizzata a vigilare sulle prediche nei luoghi di culto. La formula “dichiarazioni ostili alle leggi della Repubblica” sembra, tuttavia, eccessivamente ampia.
In tutte le religioni c’è un elemento profetico e un'utile critica delle leggi percepite come ingiuste. La religione conservatrice di diverse varietà diffonde sicuramente dichiarazioni ostili alle “leggi della Repubblica” sull'aborto e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, e la religione progressista è ostile alle leggi che espellono gli immigrati privi di documenti. I luoghi di culto dovrebbero essere “epurati” da tali sermoni? Le leggi che una religione considera ingiuste per ragioni di coscienza dovrebbero essere obbligatoriamente approvate? Questi sono buoni esempi di come le disposizioni intese a contrastare l'ultra-fondamentalismo islamico radicale possano avere conseguenze indesiderate, pericolose per la libertà religiosa in generale e per la libertà di espressione.
Tutte le libertà e i diritti hanno alcune limiti, ma questo dovrebbe essere applicato anche ai diritti e alle libertà di coloro che si oppongono ai gruppi minoritari e ai nuovi gruppi religiosi e spirituali, da loro etichettati come "sette". Dovrebbe essere loro garantita la libertà di espressione, ma l'incitamento all'odio e la promozione della discriminazione e della violenza non ne fanno parte. E la costellazione di entità religiose e spirituali è così diversificata che l'aumento del controllo statale con l'obiettivo di limitare le attività dei gruppi fondamentalisti, può anche pregiudicare le comunità liberali che, tuttavia, criticano alcune caratteristiche della società francese e alcune delle sue leggi.
2- Un divieto generale dell'istruzione parentale?[⬆︎]
Il nuovo disegno di legge imporrebbe un divieto generale di istruzione parentale a partire dai 3 anni d’età, tranne quando ciò si rende necessario per motivi di salute degli alunni. È una delle disposizioni che ha generato una discreta quantità di critiche in Francia.
Lo scopo dichiarato del provvedimento è evitare che le scuole di estremismo e radicalismo islamico possano continuare a operare. Il memorundum di Darmanin cita solo un esempio, quello di una “scuola associativa clandestina” a Bobigny, dove 40 alunni dai 3 ai 6 anni sono stati indottrinati nella scuola Wahhabita dell'Islam e, presumibilmente, incitati all'odio contro tutte le religioni diverse dall'Islam. Il memorandum cita anche l'istruzione impartita dalle "sette".
Un problema generale è che la scuola Wahhabita di Bobigny non è tipica di ciò che viene generalmente inteso con la parola "homeschooling" [istruzione parentale]. La parola designa corsi svolti a casa per un piccolo numero di alunni (certamente non 40), per lo più tenuti dai genitori. Sembra che in Francia 50.000 alunni vengano istruiti a casa, metà dei quali per motivi di salute. Tra i restanti 25mila, coloro che hanno ricevuto istruzione parentale per motivi religiosi non sono la maggioranza (Vieila 2020).
Ci sembra che si stia gettando via il bambino con l'acqua sporca. I sociologi hanno osservato che in molti casi, la maggior parte dei quali non ha nulla a che vedere con il "separatismo" religioso, gli alunni vengono istruiti a casa con risultati eccellenti (Briones Martínez 2014). Per combattere le scuole clandestine Wahhabite (fenomeno diverso dall'homeschooling), viene proposto un provvedimento generale e draconiano, molto problematico rispetto all'articolo 26, n. 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che afferma: "I genitori hanno il diritto prioritario di scegliere il tipo di istruzione da impartire ai propri figli". L’art. 2 del Protocollo 1 della CEDU, da cui è derivata un'importante giurisprudenza, inoltre afferma che: “A nessuno sarà negato il diritto all'istruzione. Nell'esercizio delle funzioni che assume in relazione all'educazione e all'insegnamento, lo Stato rispetterà il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e insegnamento in conformità con le proprie convinzioni religiose e filosofiche".
Siamo consapevoli che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha più volte deciso, in casi in cui la Germania si opponeva al fatto che dei genitori Evangelici Protestanti istruissero i propri figli a casa, che il divieto tedesco di istruzione parentale rientra nel margine di valutazione delegato ai singoli paesi (es. Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 2006; Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 2019). Tuttavia, queste sentenze, sono state spesso criticate dagli studiosi di diritto. Negli Stati Uniti, nel caso di alto profilo Romeike, a una famiglia tedesca fuggita dal suo paese perché lì non le era permesso istruire i propri figli, sebbene le fosse stata negata la richiesta di asilo in appello dopo una decisione favorevole di primo grado, alla fine è stato concesso di rimanere a tempo indeterminato nel USA (BBC News 2014).
I sociologi hanno osservato che in molti casi, la maggior parte dei quali non ha nulla a che vedere con il "separatismo" religioso, gli alunni vengono istruiti a casa con risultati eccellenti.
A prescindere da qualsiasi considerazione relativa alla legge europea sui diritti umani, alcuni si chiedono se il governo francese sia nella posizione di poter fornire dati su quale percentuale di bambini istruiti a casa viva in un contesto di "separatismo religioso", e anche spiegare perché una legge sul "separatismo" dovrebbe prendere di mira anche le forme di istruzione parentale che non hanno nulla a che vedere con la religione.
Tuttavia, vorremo fare un ulteriore passo in avanti. Non è chiaro se tutte le forme di istruzione parentale a sfondo religioso debbano essere considerate negative e pericolose. Negli esempi di radicalizzazione islamica offerti, non è stato il fatto dell'istruzione parentale a creare i problemi, ma il contenuto dell'istruzione. Un’istruzione parentale religiosa che non promuove l'odio contro le altre religioni e non sostiene il terrorismo o la violenza, può offrire un'alternativa sana, ragionevole e legittima alla scuola pubblica e proteggere la libertà di istruzione senza creare "radicalizzazione" o "estremismo". Solo una preconcetta ostilità alla religione e alla spiritualità in quanto tali può implicare che tutte le forme di istruzione parentale basate sulla religione producano automaticamente "estremisti", se non terroristi.
Ovviamente, alcune forme di istruzione parentale basate sulla religione possono produrre estremisti o terroristi. Per evitare ciò, non è certamente irragionevole rafforzare i controlli e le ispezioni, il che è diverso dall'eliminare in toto l'istruzione parentale.
3- "Sette" e "Dignità umana"[⬆︎]
Il 10 ottobre 2020, Marlène Schiappa, Ministro Delegato francese incaricato della Cittadinanza ha rilasciato un'intervista a Le Parisien (Wesfreid 2020), seguita da interviste simili ad altri media, dichiarando: "Useremo le stesse misure contro le sette e contro l’Islam radicale." Nel 2019, la missione ufficiale anti-sette francese MIVILUDES, in precedenza una struttura indipendente sotto il Primo Ministro, è ora entrata a far parte del sistema anti-radicalizzazione del Ministero degli Affari Interni. Gli anti-sette hanno protestato dicendo che ciò potrebbe significare la fine della MIVILUDES, ma la Schiappa ha spiegato che con la nuova legge [la MIVILUDES] ne uscirà più forte e passerà dalla mera "analisi" a un ruolo più attivo. L'ex politico e attivista anti-sette Georges Fenech e Joséphine Lindgren Cesbron, presidente dell’UNADFI, la più grande organizzazione anti-sette francese, diventeranno membri della MIVILUDES. La propaganda anti-sette verrà ulteriormente incentivata. Tra i principali obiettivi indicati dalla Schiappa c'è l'individuazione delle “sette” che potrebbero essere legalmente sciolte e bandite a causa di “attacchi alla dignità personale” e all’“uso di pressioni psicologiche o fisiche” previste dalla legge contro il separatismo.
La Francia ha una tradizione peculiare di contrasto alle “sette” che è stata spesso studiata da studiosi di nuovi movimenti religiosi che, a loro volta, considerano problematica l'intera nozione di “setta” (Palmer 2011). La maggior parte degli studiosi internazionali di nuovi movimenti religiosi non usa la parola "setta" a causa delle sue connotazioni dispregiative e censorie. Il 17 luglio 2020, la USCIRF (Commissione degli Stati Uniti per la Libertà Religiosa Internazionale) ha anche pubblicato un documento sull'ideologia anti-sette (USCIRF 2020). L'USCIRF è una commissione bipartisan del governo degli Stati Uniti, i cui membri sono nominati dal Presidente e designati dai leader del Congresso di entrambi i partiti politici, Democratico e Repubblicano. Il documento si concentra sull'anti-settarismo in Russia, ma si spinge oltre, per identificare l'ideologia anti-sette in generale come una delle minacce più gravi alla libertà religiosa a livello internazionale.
Il rapporto dell’USCIRF denuncia le idee di un "movimento anti-sette basato su concetti pseudoscientifici come ‘lavaggio del cervello’ e ‘controllo mentale". Secondo l'USCIRF, il movimento anti-sette, "ha descritto i nuovi movimenti religiosi come ‘fanatici’ o ‘bizzarri’, descrivendo i singoli membri come vittime indifese, private della libera volontà o capacità di salvarsi.” Come osserva l'USCIRF, mentre [gli anti-sette] "asseriscono di essere esperti in campi accademici come studi religiosi, psicologia e sociologia, raramente sono qualificati in qualcuno di quei campi e spesso si affidano a teorie e metodologie screditate per promuovere la loro agenda ideologica".
Il rapporto si conclude chiedendo al governo degli Stati Uniti di "contrastare la propaganda contro i nuovi movimenti religiosi da parte della Federazione Europea dei Centri di Ricerca e Informazione sul Settarismo (FECRIS) all’annuale Conferenza sulle Dimensioni Umane dell'OSCE, fornendo informazioni sul coinvolgimento nella soppressione della libertà religiosa in corso da parte di individui ed entità appartenenti al movimento anti-sette".
È interessante notare che la FECRIS è sostenuta finanziariamente dal governo francese e la già citata UNADFI è una delle principali associazioni membri della FECRIS. In Francia, il rapporto USCIRF può forse essere forse liquidato come un tipico esempio dell'approccio americano alla libertà religiosa, non in grado di comprendere le idee francesi sulla laïcité e la tradizione di lotta a les sectes o a ciò che vengono definite dérives sectaires. Tuttavia, i diritti umani e la libertà religiosa non sono "americani" o "francesi", ma universali e l'intera idea delle dérives sectaires, come definiti dalla missione ufficiale anti-sette francese MIVILUDES, si basa sulla teoria che le "sette" sono in grado di creare nei propri membri uno stato di “sottomissione psicologica” (sujétion psychologique: MIVILUDES 2020). È la vecchia idea del lavaggio del cervello o controllo mentale, che ha cambiato nome ma non l’essenza, una teoria "pseudoscientifica", come ha ripetuto l'USCIRF, che è stata smontata sin dagli anni '70 da studiosi di nuovi movimenti religiosi (per una panoramica, vedi Anthony e Introvigne 2006).
Nel prossimo capitolo ci occuperemo nuovamente della nozione di "pressioni psicologiche" che, secondo il Ministro Delegato Schiappa dovrebbe consentire di sciogliere legalmente "centinaia" di "sette" in Francia (Le Journal du Centre 2020). Ciò che suscita particolari preoccupazioni è che questa sembra essere una procedura di scioglimento amministrativa o politica, senza tutte le garanzie del diritto alla difesa in un processo davanti a un tribunale, e che la legge creerà una "sospensione conservativa di alcune o tutte le attività di un gruppo, per poter agire rapidamente senza attendere lo scioglimento ufficiale." Proponiamo qui alcuni commenti sull'altro motivo di scioglimento di movimenti religiosi secondo il progetto di legge, "attacchi alla dignità personale". Nel memorandum di Darmanin, gli esempi di “attacchi alla dignità personale” offerti sono tutti legati a gravi problemi di discriminazione delle donne nell'Islam radicale.
Tuttavia, il Ministro Delegato Schiappa suggerisce che questo sarà utilizzato anche come motivazione per liquidare le "sette". Il pericolo sta nel fatto che la nozione di "dignità personale" non è giuridicamente definita. In generale, nel diritto internazionale, la dignità umana è affermata come valore e principio fondamentale ed è collegata al rispetto dei diritti umani.
Tuttavia, come ha notato il sociologo tedesco Hans Joas, il concetto di diritti umani ai nostri giorni non è privo di contestazioni, e vi è una continua tendenza ad aggiungere o rivendicare nuovi diritti oltre a quelli menzionati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e alcuni di essi potrebbero essere in conflitto con la libertà religiosa (Joas 2011, 2017). Le femministe e la comunità LGBT, o più recentemente il movimento Black Lives Matter, ad esempio, rivendicano "nuovi" diritti che potrebbero creare conflitti con la libertà di religione. Le femministe rivendicano alle donne il diritto di accedere a tutte le posizioni e uffici, mentre diverse religioni riservano il loro sacerdozio e gli incarichi di alto livello ai maschi. Gli attivisti LGBT possono osservare che alcune religioni insegnano che l'omosessualità è un peccato come una violazione dei loro diritti di essere rispettati e non discriminati. Durante le proteste di Black Lives Matter, statue di santi e altre figure religiose che il movimento ha accusato di aver sostenuto il colonialismo e il razzismo sono state vandalizzate o distrutte in incidenti che alcuni religiosi hanno a loro volta percepito come un assalto alla loro libertà religiosa.
Uno dei problemi, qui, è il rapporto tra libertà di religione individuale e associativa. Nelle moderne società democratiche, è generalmente accettato che gli individui abbiano la libertà di credere o non credere, ma è meno accettato che gli enti religiosi associativi abbiano diritti propri (vedi Introvigne 2012).
Chiaramente, la libertà di religione associativa è limitata da altri diritti umani essenziali. Una religione non può affermare che organizzare sacrifici umani faccia parte della sua libertà associativa. Ma quali altri diritti umani dovrebbero essere considerati essenziali? La risposta, a sua volta, non è incontestata.
Un importante diritto associativo della libertà religiosa è il diritto delle comunità religiose di organizzarsi internamente come ritengono opportuno. Questo è importante nella discussione sulla proposta di legge francese, perché si può facilmente sostenere che l'auto-organizzazione delle comunità religiose viola la "dignità umana", cioè viola i diritti umani individuali dei loro membri, in particolare nei casi di esclusione dalla comunità e del trattamento dei membri che ne sono stati espulsi.
La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha discusso di questi problemi nello storico caso Sindicatul “Păstorul cel Bun” c. Romania, sostenendo la posizione del governo rumeno secondo cui non si può chiedere alle autorità laiche di interferire nelle procedure interne della Chiesa Ortodossa rumena, che aveva disciplinato sacerdoti che avevano aderito a un'associazione non autorizzata. "I preti scontenti, ha sostenuto il governo rumeno, potevano lasciare la Chiesa in qualsiasi momento, ma finché scelgono di rimanervi, si è ritenuto che avessero liberamente acconsentito di rispettare le sue regole e rinunciare ad alcuni dei loro diritti". La CEDU ha osservato che: “Le comunità religiose esistono tradizionalmente e universalmente sotto forma di strutture organizzate. Quando è in questione l'organizzazione della comunità religiosa, l'articolo 9 della Convenzione [Europea sui Diritti dell'Uomo] deve essere interpretato alla luce dell'articolo 11, che salvaguarda le associazioni da ingiustificate interferenze statali. Visto da questa prospettiva, il diritto dei credenti alla libertà di religione, comprende l'aspettativa che la comunità possa funzionare pacificamente, libera da interventi arbitrari dello Stato. L'esistenza autonoma delle comunità religiose è indispensabile per il pluralismo in una società democratica ed è una questione al centro della protezione offerta dall'articolo 9. Riguarda direttamente non solo l'organizzazione di queste comunità in quanto tali, ma anche l'effettivo godimento del diritto alla libertà di religione da parte di tutti i loro membri attivi. Se la vita organizzativa della comunità non fosse protetta dall'articolo 9, tutti gli altri aspetti della libertà di religione dell'individuo diventerebbero vulnerabili” Corte Europea dei Diritti Umani 2013).
Un aspetto importante della sentenza Sindicatul è che l'articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che protegge la libertà di religione e di credo, dovrebbe essere interpretato "alla luce dell'articolo 11", che protegge le associazioni e le organizzazioni dall'ingerenza dello Stato. Ogni organizzazione è infatti libera di disciplinare ed escludere membri secondo i propri principi e statuti. Come accennato in precedenza, i membri sono liberi di non aderire all'organizzazione, di abbandonarla o di costituire un'organizzazione rivale, ma non hanno il diritto di rimanere nell'organizzazione se gli altri membri ritengono che non si stiano più comportando secondo la sua natura e scopi. Al contrario, è l'organizzazione che ha il diritto di escluderli ai sensi dell'articolo 11.
Quando l'organizzazione ha una natura religiosa, questo diritto diventa ancora più incontestabile, poiché gli Stati non hanno il diritto di interferire nelle attività interne delle comunità religiose. Non è nemmeno necessario citare Max Weber (1864-1920), uno dei padri della moderna sociologia della religione, per sostenere che l'organizzazione di una comunità religiosa è di per sé teologica e che interferire con la sua organizzazione significa interferire con la sua teologia e le sue convinzioni, che è vietato dall'articolo 9 della CEDU, dall'articolo 18 della UDHR e dall'articolo 18 dell'ICCPR.
Quando l'organizzazione ha una natura religiosa, questo diritto diventa ancora più incontestabile, poiché gli Stati non hanno il diritto di interferire nelle attività interne delle comunità religiose
Il principio che gli stati non dovrebbero interferire con l'organizzazione interna degli organismi religiosi, incluso il modo in cui l'affiliazione, la disaffiliazione o la scomunica vengono disciplinate, è incontestato nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. È stato affermato dalla Grande Camera nel 2000 in Hasan e Chaush c. Bulgaria, dove al governo bulgaro è stato impedito di interferire negli affari interni della comunità Musulmana in Bulgaria (in questo caso, la nomina e revoca di un Mufti: Corte Europea dei Diritti Umani 2000b).
La CEDU si era spinta oltre in un altro caso deciso nel 2000, Kohn c. Germania, riguardante un membro del Consiglio Ebraico di Hannover, che era stato escluso dalla comunità. In seuito a quella decisione, gli fu detto che non gli era più permesso entrare nel centro della comunità Ebraica di Hannover. Protestò barricandosi all'interno del centro comunitario fino a quando i leader Ebrei locali ricorsero al Tribunale Regionale di Hannover chiedendo che venisse emessa un’ordinanza con la quale chiedevano il suo allontanamento forzato dai locali. Il tribunale accolse la richiesta, l'espulsione fu eseguita e all'ex membro fu ordinato di stare lontano dal centro comunitario. Lui presentò un reclamo alla CEDU, che dichiarò la sua richiesta inammissibile, poiché “le decisioni interne di una comunità religiosa (innerkirchliche Maßnahmen) non potevano essere controllate dai tribunali statali, poiché questi sono tenuti a rispettare l'autonomia delle organizzazioni religiose (Autonomie der Religionskörperschaften)” (des mesures internes à une communauté religieuse [innerkirchliche Maßnahmen], […] ne pouvaient être contrôlées par les tribunaux étatiques, car ces derniers devaient respecter l’autonomie des corporations religieuses [Autonomie der Religionskörperschaften]). D'altra parte, gli stati hanno "il monopolio dell'uso della forza" (le monopole de l'utilisation de la force), e i leader Ebrei non potevano non chiedere alle autorità laiche di usare la forza per allontanare il signor Kohn dalla sede del centro Ebraico (Corte Europea dei Diritti dell’uomo 2000a).
Alcuni casi importanti per la proposta di legge francese riguardano i diritti dei Testimoni di Geova di escludere dalla comunità ("dissociare") i loro membri e di consigliare ai loro devoti in buoni rapporti di evitare coloro che erano stati dissociati (salvo i familiari più stretti). In genere, le organizzazioni anti-sette sostengono che, così facendo, i Testimoni di Geova (e altri gruppi che consigliano ai loro membri di non associarsi in alcun modo con ex membri critici del movimento) violano la "dignità umana" o i "diritti umani" degli ex membri. I tribunali, tuttavia, non concordano e su questo punto esiste una ricca giurisprudenza, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa.
La prima discussione sostanziale sulla pratica di "evitare" i membri disassociati dei Testimoni di Geova è inclusa nella sentenza del 1987 della Corte d'Appello degli Stati Uniti del Nono Circuito Paul contro Watchtower Bible and Tract Society of New York, Inc., che è citata in tutti i successivi casi americani. La Corte ha riconosciuto che la querelante aveva subito alcuni spiacevoli episodi nell’essere stata “evitata” da amici intimi che erano Testimoni di Geova, dopo che era stata disassociata. Nondimeno, la Corte ha affermato che: “L’esclusione è una pratica intrapresa dai Testimoni di Geova in base alla loro interpretazione del testo canonico e noi non abbiamo la libertà di reinterpretare quel testo. Sia secondo la Costituzione degli Stati Uniti che quella di Washington, gli imputati hanno diritto al libero esercizio delle loro convinzioni religiose".
La Corte ha dichiarato che i Testimoni di “sostengono che il loro diritto di esercitare la loro religione liberamente dà loro il diritto di impegnarsi nella pratica dell'esclusione". La Corte ha osservato che punire l’estromissione avrebbe conseguenze drammatiche per la libertà religiosa dei Testimoni di Geova. “Imporre alla Chiesa o ai suoi membri la responsabilità civile per atto illecito avrebbe a lungo termine lo stesso effetto che proibire la pratica e ciò costringerebbe la Chiesa ad abbandonare parte dei suoi insegnamenti religiosi. [...] La Chiesa e i suoi membri rischierebbero danni sostanziali ogni volta che un ex membro della Chiesa fosse estromesso. In sintesi, il riconoscimento di responsabilità civile da parte dello stato per quanto riguarda la pratica dell’esclusione limiterebbe direttamente il libero esercizio della fede religiosa dei Testimoni di Geova”(Corte d'Appello degli Stati Uniti, Nono Circuito, 1987).
La querelante sosteneva che l’estromissione le aveva causato un disagio emotivo. Potrebbe anche essere vero, ha risposto la Corte, ma il danno era “chiaramente non del tipo che giustificherebbe un riconoscimento di responsabilità civile i base a una condotta religiosa. Non si era verificato alcun attacco fisico o aggressione. Normalmente, i danni immateriali o emotivi non possono servire come base per sostenere una causa di illecito contro una chiesa per le sue pratiche o contro i suoi membri. [...] L'offesa alla sensibilità di qualcuno, derivante da una condotta religiosa, è semplicemente non perseguibile come atto illecito. [...] 1987). Senza una tolleranza da parte di una società per offese alla sensibilità, la protezione delle diversità religiose imposta dal primo emendamento, sarebbe priva di significato ”(Corte d'Appello degli Stati Uniti, Nono Circuito, 1987).
In questa vecchia sentenza troviamo già una convincente critica delle affermazioni degli anti-sette basate sul "danno emotivo”. Mentre un "attacco fisico o aggressione" chiaramente non giustificano un appello alla libertà di religione, se i tribunali fossero autorizzati a sanzionare i gruppi religiosi per aver inflitto "danni emotivi", sarebbe la fine della libertà religiosa come la conosciamo.
Altri tribunali americani si sono detti d’accordo [con questa sentenza] (ad esempio la Corte d’Appello del Tennessee 2007) e lo stesso è accaduto nell'Unione Europea. Nel 2007, il Tribunale di Bari, in Italia, in un caso ben pubblicizzato, ha respinto le rivendicazioni di un avvocato, ex Testimone di Geova, che era stato disassociato. La Corte ha concluso che, anche se i principi che governano il sistema ecclesiastico dei Testimoni di Geova differiscono da quelli della legge e società italiana, se sono stati correttamente eseguiti nella disassociazione di un determinato individuo, i tribunali laici non possono interferire con la decisione (Tribunale di Bari 2007; vedi anche Tribunale di Bari 2004).
Nel 2010 il Tribunale Amministrativo di Berlino ha preso in esame una denuncia presentata da un Testimone di Geova disassociato. [Il querelante] lamentava che il provvedimento nei suoi confronti era stato annunciato pubblicamente durante le riunioni della congregazione e, poiché "i membri dell'associazione non dovrebbero avere alcun contatto sociale con persone disassociate” sarebbe diventato per lui impossibile "fare un picnic, festeggiare, fare sport, fare la spesa, andare a teatro, mangiare a casa o al ristorante" con gli amici rimasti nei Testimoni di Geova. Il Tribunale ha rigettato la denuncia, commentando che la politica dei Testimoni di Geova su tali questioni “non è soggetta all'autorità dello Stato” ed è protetta dalla “libertà di religione, dalla separazione tra Chiesa e Stato e dal diritto delle associazioni religiose all'autodeterminazione. Il modo in cui i Testimoni di Geova decidono di “esercitare il loro diritto all'autodeterminazione garantito dalla costituzione” è qualcosa con cui lo stato non dovrebbe interferire. Le politiche di disassociazione e il cosiddetto "ostracismo" sono "provvedimenti interni delle chiesa" (Verwaltungsbericht Berlin 2010).
Mentre un "attacco fisico o aggressione" chiaramente non giustificano un appello alla libertà di religione, se i tribunali fossero autorizzati a sanzionare i gruppi religiosi per aver inflitto "danni emotivi", sarebbe la fine della libertà religiosa come la conosciamo.
Nel 2017 la Corte Suprema di Cassazione italiana ha stabilito che anche il cosiddetto “ostracismo” è tutelato dal principio di non-interferenza. La sentenza dice che in questo caso l’ "ostracismo" è "un rifiuto di associarsi" con l'ex membro disassociato e che "nessuna legge richiede che una persona si diversamente". In conclusione, "non si è verificata alcuna discriminazione". Anche se si potrebbe sostenere che il rifiuto di associarsi a membri disassociati violi "le buone maniere e un comportamento civile", ciò non "costituirebbe un reato perseguibile o un illecito civile". Gli individui, e persino un'intera "categoria", hanno il diritto di decidere di "troncare o interrompere i rapporti personali" e non è compito dei tribunali dir loro il contrario (Corte di Cassazione 2017).
Nel 2018, nel caso Comitato di Giustizia della Congregazione dei Testimoni di Geova di Highwood e della Congregazione dei Testimoni di Geova di Highwood contro Randy Wall, la Corte Suprema del Canada ha ribadito unanimamente che "decisioni giudiziarie laiche relative a controversie teologiche o religiose, o questioni controverse in materia di dottrina religiosa, coinvolgono ingiustificatamente la Corte in questioni di religione.” Ha aggiunto che "anche le regole procedurali di un particolare gruppo religioso possono comportare l'interpretazione della dottrina religiosa" e ha concluso che "anche questi tipi di regole procedurali [religiose] non sono giudicabili" (Corte Suprema del Canada 2018 [SCC 26]).
Più recentemente, il 17 marzo 2020, in Otuo v. Morley and Watch Tower Bible and Tract Society of Britain, la Corte d’Appello di Londra, Queen's Bench Division (Court of Appeal [London], Queen's Bench Division 2020), ha confermato una sentenza dell'Alta Corte del 2019 che stabiliva: "In conformità con Matteo 18: 15-17 (la cui conformità procedurale non è di per sé legittima) c'è da aspettarsi che un ente religioso [cristiano] che è guidato dai propri principi scritturali e che cerca di applicarli, avrà il potere di fare sì che, in un caso appropriato, un peccatore possa essere espulso. Tra le altre cose, questo è sensato, se non essenziale, perché se qualcuno non è in grado o non vuole attenersi ai principi scritturali, non solo non appartiene propriamente a tale ente ma, a meno che non venga estromesso, può anche avere un'influenza indesiderabile sui fedeli”.
Proteggere i fedeli da una tale "influenza indesiderabile" non è quindi una violazione dei diritti umani del membro disassociato, ma un diritto della congregazione (High Court of Justice, Queen's Bench Division 2019). Il diritto della comunità di articolare e far rispettare il proprio codice di condotta fa anche parte della sua libertà religiosa associativa.
Esiste ora un corpo di giurisprudenza ben consolidato. I critici citano la decisione Spiess del 2019 del Tribunale Distrettuale di Zurigo (Bezirksgericht Zürich 2019), ma in questo caso non erano i Testimoni di Geova gli imputati. Avevano presentato una denuncia penale contro un'attivista anti-sette, la signora Reina Spiess che in un’intervista aveva affermato che le loro pratiche di "ostracismo" e il modo in cui gestivano i casi di abusi sessuali erano pratiche pericolose, contrarie ai diritti umani. Il giudice ha giudicato l'attivista non colpevole, considerando alcune sue affermazioni vere e altre pronunciate in buona fede. I Testimoni di Geova non erano sotto processo a Zurigo, non sono stati interrogati e non hanno avuto la possibilità di difendersi. Consideriamo il verdetto sbagliato, ma ha solamente stabilito che la signora Spiess non aveva commesso il reato di diffamazione.
In effetti, tutto ciò che doveva essere detto era già stato detto nel 1987 nella decisione di Paul. È vero che coloro che si uniscono ai Testimoni di Geova rinunciano ad alcuni dei loro diritti umani. Chi aderisce è consapevole – e gli anziani si assicurano che lo siano prima del battesimo – sia delle norme morali dei Testimoni di Geova sia delle conseguenze della loro violazione. Sono consapevoli che potrebbero essere disassociati ed estromessi, il che può essere molto spiacevole. Se vogliono evitare questo rischio, semplicemente non dovrebbero unirsi ai Testimoni di Geova o lasciarli volontariamente. I diritti umani implicati nell'essere disassociati ed evitati non sono immaginari, ma, a differenza, diciamo, del diritto alla vita o all'integrità sessuale, sono diritti alienabili, ai quali si può rinunciare in una questione legalmente valida. Rinunciarvi può offendere alcune sensibilità, ma "senza la tolleranza della società verso le offese alla sensibilità, la protezione delle differenze religiose [...] non avrebbe senso" (Corte d'Appello degli Stati Uniti, Nono Circuito, 1987)
Crediamo che questi casi vadano oltre il caso specifico dei Testimoni di Geova, si applicano anche ad altri gruppi religiosi e dovrebbero essere presi in seria considerazione nella valutazione del disegno di legge francese. C'è il serio rischio che una nozione assolutizzata della "dignità" individuale dei membri di una data religione provochi la violazione della libertà religiosa associativa di quella religione e, anzi, renda "priva di significato" la protezione della libertà di religione”.
4- "Sette," "pressioni psicologiche" e movimenti religiosi criminali[⬆︎]
Il Ministro Delegato Marlène Schiappa prevede anche di utilizzare la nuova legge contro il "separatismo" per liquidare le "sette", colpevoli di "pressioni fisiche" o "pressioni psicologiche" nei confronti dei loro membri. Se per “pressioni fisiche” intende violenza fisica, ovviamente ha ragione, ma non è necessaria una nuova legge. Le leggi esistenti puniscono già la violenza fisica da parte dei leader di un gruppo religioso contro i membri o contro chiunque altro.
La questione, ovviamente, riguarda le "pressioni psicologiche". Ancora una volta, il nostro obiettivo non è lanciare un'accusa generale contro l'approccio francese alla religione. Ed è solo nelle descrizioni diffuse dai movimenti anti-sette che gli studiosi vengono caratterizzati come persone che considerano tutti i nuovi movimenti religiosi simpatici, gentili e inoffensivi. Ovviamente, non è questo il caso. Tutte le società hanno cercato di contenere ciò che consideravano una religione pericolosa e crediamo sia necessaria una breve ricostruzione storica di come hanno affrontato ciò che percepivano come "eresie" o "sette" pericolose per comprendere sia le preoccupazioni francesi sia come possono essere ragionevolmente affrontate senza creare problemi per la libertà religiosa. In questo ambito vorremmo anche offrire ulteriori chiarimenti sul significato ambiguo di parole come "culto" o secte. Piuttosto che essere meramente terminologiche o linguistiche, si spera che queste osservazioni siano d’aiuto nell’identificare quali sono i problemi che vengono trattati sotto l'etichetta di dérives sectaires.
Per limitare la nostra analisi all'Occidente, sebbene dinamiche simili prevalessero nella Cina Iimperiale (Wu 2016, 2017), nell'Europa pre-moderna era dato per scontato che chiesa e stato dovessero cooperare per reprimere l'eresia e perseguitarla nel modo più duro possibile. Persino un uomo razionale come Tommaso d'Aquino (1225-1274) sosteneva che se lo Stato giustizia coloro che distribuiscono denaro falso, dovrebbe anche giustiziare gli eretici che diffondono false dottrine ancora più pericolose (Aquinas 2000, Summa theologiae, Secunda secundae, quaestio 11, art. 3). Dopo la Riforma, gli stati Protestanti, a partire da Ginevra sotto Giovanni Calvino (1509-1564), cambiarono la definizione di eresia, ma continuarono a giustiziare gli eretici (Bainton 1953).
La Rivoluzione francese ha eliminato le ultime vestigia dell'Inquisizione e ha proclamato trionfalmente che era giunta l'ora della libertà religiosa (Shusterman 2014). Tuttavia, quando la polvere della Rivoluzione si depositò, divenne chiaro che gli stati moderni stavano ancora punendo l'eterodossia, sebbene in base a presupposti differenti.
All'inizio del XIX secolo, troviamo le parole "culto" e "secte" usate in documenti ufficiali per mettere in guardia sulle attività malvagie della Massoneria. Gli autori e le autorità cattoliche hanno usato queste etichette per indicare che i Massoni promuovevano idee che la Chiesa non poteva accettare. Tuttavia, alcuni documenti ufficiali e di polizia molto laici, anche in paesi le cui autorità erano ufficialmente ostili alla Chiesa Cattolica, definirono la Massoneria un "culto" (secte), perché sospettavano che non si trattasse di anti-cattolicesimo, ma di cospirazione contro i governi (Martin 2000). Qui fu introdotto un nuovo significato di "setta" e la nozione di eresia ha attraversato un processo di secolarizzazione. Le "sette" erano organizzazioni religiose, spirituali o esoteriche considerate sovversive e sospettate di cospirare contro lo stato.
Una volta definita, questa nozione di “setta” (o, poiché il processo avveniva principalmente nei paesi latini, secte) fu estesa a gruppi molto diversi dalla Massoneria che oggi si chiamerebbero nuovi movimenti religiosi. E sarebbe purtroppo falso sostenere che almeno gli stati moderni non abbiano ucciso gli eretici. In Italia, nel 1878, la polizia militare fece irruzione nell'insediamento comunale della Religione Giurisdavidica sul Monte Amiata, in Toscana, uccidendo il suo fondatore Davide Lazzeretti (scritto anche Lazzaretti, 1834–1878) e tre dei suoi seguaci, ferendone altri 150 (Tedeschi 1989). Nel 1896–1897, il governo del Brasile lanciò una campagna militare contro l'insediamento comunale del profeta rurale Antonio Conselheiro (1830–1897) a Canudos, Bahia, uccidendo lui e circa ventimila seguaci (Levine 1995). La tragedia è l'argomento del romanzo del premio Nobel Mario Vargas Llosa La guerra della fine del mondo pubblicato nel 1984 (Vargas Llosa 1984).
Sia il movimento del Monte Amiata che quello di Canudos avevano disconosciuto l'autorità dei vescovi Cattolici locali e furono dichiarati “eretici” dalla Chiesa Cattolica. Ma sia in Brasile che in Italia i governi a quel tempo erano anticlericali e misero addirittura in carcere alcuni vescovi Cattolici. A loro non importava dell'eresia, ma estirparono violentemente queste “sette” considerandole sovversive, nel senso che non riconoscevano l'autorità dei governi e controllavano parti di territorio in modo indipendente.
Nasce una nuova definizione criminologica di "setta", non basata sulle credenze religiose ma sui fatti. Questo approccio è iniziato proprio con il padre stesso della criminologia, il medico italiano Cesare Lombroso (1835-1909), egli stesso, ironia, un sostenitore dello spiritualismo (Lombroso 1909), considerato una “setta” in alcuni paesi. Ottenne e sezionò il corpo di Lazzeretti alla ricerca di "anomalie". Le sette, suggerì, sono gruppi religiosi che cospirano contro l'ordine pubblico e seguono un leader mentalmente disturbato (Lombroso 1890, 95–99). Ovviamente, questo approccio non era concentrato particolarmente sulle "eresie" o dottrine della setta.
Sebbene Lombroso avesse goduto di un grande rispetto in vita e anche dopo la sua morte, negli ultimi anni un movimento in Italia ha chiesto di rimuovere le statue del grande criminologo dalle piazze pubbliche e di cambiare i nomi delle strade e dei musei a lui intitolati (Milicia 2014a). Lombroso fu accusato di aver caldeggiato la sanguinosa repressione delle rivolte nel Sud Italia contro il neo costituito Stato italiano, sostenendo che i contadini ribelli del Sud, non dissimili dai “settari” seguaci di Lazzeretti, erano retrogradi ignoranti, manipolati da leader mentalmente disturbati (Milicia 2014b). Ancor peggio, sebbene ciò sia accaduto dopo la sua morte, divenne evidente quanto fossero pericolose le teorie di Lombroso quando furono usate sia dai fascisti in Italia che dai nazisti in Germania per giustificare la persecuzione delle minoranze religiose (Petracci 2014).
Nell'infame sistema amministrativo fascista del 1935, la "setta" Pentecostale fu addirittura accusata di "compromettere l'integrità razziale psichica e fisica degli italiani".
In effetti, i regimi totalitari si sono spinti più in là di Lombroso. Mentre secondo Lombroso le “sette” erano gruppi che cospiravano contro i governi, il nazismo e il fascismo uccisero un grande numero di Testimoni di Geova e Pentecostali che, a rigor di termini, non avevano interessi politici. Tuttavia, per essere etichettato come "setta", ora era sufficiente non sostenere pubblicamente il governo e mostrare uno stile di vita diverso dal modello normativo del regime. Nell'infame sistema amministrativo fascista del 1935, la "setta" Pentecostale fu persino accusata di compromettere l'integrità razziale, psichica e fisica degli italiani "parlando in altre lingue ed eccitando indebitamente il loro sistema nervoso (Rochat 1990, 246).
La caduta dei regimi nazista e fascista non significava che la criminologia avesse abbandonato l’uso della parola "setta"risalente a Lombroso, e il suo uso continuò a indicare un gruppo religioso che commetteva gravi reati, che non necessariamente comprendevano un complotto per rovesciare il governo.
Tuttavia, nel frattempo, teologi e sociologi avevano iniziato a utilizzare la categoria di "setta" con significati diversi dai criminologi. I teologi Cristiani iniziarono a rendersi conto che la parola "eresia" evocava l'Inquisizione e la messa al rogo dei dissidenti. Alcuni di loro preferirono usare quella che un tempo nella loro letteratura era sinonimo di "eresia", "setta", che nel frattempo era entrata nel linguaggio comune. Tuttavia, usarono questo termine con un significato diverso da quello dei criminologi. Per loro, le credenze religiose erano più importanti delle azioni e un gruppo che negava la Trinità o la divinità di Gesù Cristo era una "setta" anche se, sotto altri aspetti, i suoi membri erano buoni cittadini (Martin 1965).
Con i sociologi i problemi di traduzione si complicarono ulteriormente, perché la tradizione iniziata da Max Weber ed Ernst Troeltsch (1865-1923) si era evoluta, sebbene Troeltsch non fosse un sociologo ma uno storico della chiesa che utilizzava strumenti sociologici (Weber 1904-1905; 1906; Troeltsch 1912). La tradizione attraversò varie fasi di sviluppo negli Stati Uniti (un passaggio chiave è Niebuhr 1929) e usava sia "culto" che "setta" facendone una distinzione. Senza ripetere questa storia spesso raccontata, ciò che è importante qui è che, mentre iniziarono la loro carriera come contemporanei di Lombroso, ben noto nei paesi di lingua tedesca, sia Weber che Troeltsch ignorarono completamente le sue classificazioni criminologiche. Per loro e per i loro successori, "culti" e "sette" non erano gruppi religiosi eterodossi, né tantomeno criminali, ma religioni in una fase iniziale del loro sviluppo, considerate marginali e critiche dalla società in generale, e non , o non ancora, completamente organizzate (Richardson 1978; 1979; 1993; Dillon e Richardson 1999).
Le attività sovrapposte di criminologi e sociologi hanno creato una confusione, non del tutto risolta fino ad oggi. "Culto", in base alla tradizione criminologica e gli sforzi paralleli dei Cristiani critici delle "sette" in quanto eresie, vennero generalmente intese come parole cariche di forti connotazioni negative, mentre i sociologi la usarono in un significato privo di connotazioni. Decidere quale gruppo fosse veramente una "setta" divenne difficile. Ad esempio, milioni di Pentecostali, conosciuti come Pentecostali Oneness, non sono d'accordo con la dottrina tradizionale Cristiana della Trinità. Fanno parte delle "sette"? Gli oppositori Cristiani delle “sette” avrebbero risposto (e lo hanno fatto) in senso affermativo, poiché la dottrina classica della Trinità è una delle loro verifiche chiave per valutare se un gruppo è conforme all’ortodossia biblica o non lo è. I criminologi non sarebbero d'accordo, poiché i Pentecostali Oneness sono generalmente cittadini pacifici e rispettosi della legge. I sociologi distinguerebbero tra piccoli gruppi di Pentecostali Oneness appena nati e denominazioni ben consolidate che, pur mantenendo la dottrina Oneness, contano milioni di membri e una storia decennale di stabilità organizzativa.
Questa situazione andò di male in peggio con le "guerre alle sette" degli anni Settanta e Ottanta, quando si sviluppò una reazione della società contro il successo in Occidente di nuovi movimenti religiosi importati dall'Asia o nazionali. Genitori e media non capivano perché i giovani fossero disposti a sacrificare la loro carriera per trascorrere la vita in organizzazioni religiose esotiche e nacque il moderno movimento anti-sette. La sua storia è stata raccontata in diversi preziosi studi (tra cui Shupe e Bromley 1980; Bromley e Shupe 1981; Shupe e Bromley 1994), e un breve riassunto sarebbe sufficiente per gli scopi di questo rapporto.
Dalla propaganda americana della Guerra Fredda contro il comunismo, un pugno di psicologi ha importato la nozione di "lavaggio del cervello", sostenendo che questi giovani non si erano uniti ai gruppi volontariamente, ma poiché manipolati attraverso misteriose tecniche di controllo mentale. Le "sette" venivano definite come gruppi che utilizzavano il "lavaggio del cervello", un'altra evoluzione della definizione criminologica, ma che fa riferimento, piuttosto che a crimini reali come la violenza o l'abuso sessuale, a un crimine ipotetico (lavaggio del cervello) la cui stessa esistenza è stata contestata.
In effetti, i sociologi e altri studiosi hanno reagito contro le teorie del "lavaggio del cervello", sostenendo che erano strumenti pseudo-scientifici utilizzati per negare la libertà religiosa a gruppi impopolari etichettati come "sette". L'argomento, hanno affermato, è un circolo vizioso. Sappiamo che alcuni gruppi sono "sette" perché usano il "lavaggio del cervello" e sappiamo che usano il "lavaggio del cervello" perché, anziché persuadere i giovani ad abbracciare insegnamenti spirituali "ragionevoli", diffondono forme bizzarre di credenze, cioè sono "sette" (Kilbourne e Richardson 1984; Kilbourne e Richardson 1986; Richardson 1996).
Durante le cosiddette "guerre alle sette" si verificò uno scambio notevole di insulti tra la stragrande maggioranza degli specialisti accademici dei nuovi movimenti religiosi e gli anti-sette (Introvigne 2014; Gallagher 2016). Diversi studi, a partire da quello importante di Eileen Barker, The Making of a Moonie, hanno dimostrato che le "sette" accusate di utilizzare le cosiddette tecniche di "lavaggio del cervello" ottenevano una percentuale molto bassa di conversioni, a dimostrazione che queste tecniche, se esistevano, non avevano molto successo (Barker 1984).
Nel 1990, nel caso USA c. Fishman, un Tribunale Federale della California ha affermato che il "lavaggio del cervello" non era un concetto scientifico e che deposizioni sulle "sette" basate sulla teoria del lavaggio del cervello non erano ammissibile nei tribunali americani (Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Settentrionale della California 1990). Il caso Fishman è stato l'inizio della fine dell’importanza sociale del movimento anti-sette americano (Richardson 2014; Richardson 2015). La nozione di "lavaggio del cervello" o "manipolazione mentale" veniva ancora difesa da una piccola minoranza di studiosi e ha ispirato alcune leggi, anche in Francia, leggi che ben presto si sono rivelate difficili da applicare (Anthony e Introvigne 2006).
In effetti, i sociologi e altri studiosi hanno reagito contro le teorie del "lavaggio del cervello", sostenendo che erano strumenti pseudo-scientifici utilizzati per negare la libertà religiosa a gruppi impopolari etichettati come "sette". L'argomento, hanno affermato, è un circolo vizioso. Sappiamo che alcuni gruppi sono "sette" perché usano il "lavaggio del cervello" e sappiamo che usano il "lavaggio del cervello" perché, anziché persuadere i giovani ad abbracciare insegnamenti spirituali "ragionevoli", diffondono forme bizzarre di credenze, cioè sono "sette".
Un'altra conseguenza delle guerre alle sette fu che la maggior parte degli studiosi accademici decise di non usare la parola "setta", a causa delle sue pesanti implicazioni censorie e criminologiche, sostituendola con "nuovi movimenti religiosi". La nuova etichetta si è evoluta dai concetti giapponesi e coreani di "nuove religioni", comuni in Asia sin dagli anni '30 e successivamente applicata ai movimenti occidentali da Jacob Needleman (Needleman 1970), ma è stata definita e ampiamente adottata grazie alle opere di Eileen Barker.
Nel frattempo, l'opinione pubblica e i media furono messi di fronte a un quarto possibile test per decidere se i Pentecostali Oneness appartenessero alle "sette": usano il lavaggio del cervello? Infatti, il movimento anti-sette e i deprogrammatori presero di mira alcune denominazioni dei Pentecostali Oneness, lasciandone stare altre, rafforzando così l'impressione degli studiosi che quasi tutti i gruppi avrebbero potuto essere accusati di lavaggio del cervello e, di conseguenza, etichettati come "setta" (Shupe e Darnell 2006).
Gli anti-sette accusavano gli studiosi dei nuovi movimenti religiosi di essere "apologeti delle sette", per cui consideravano tutte le "sette" inoffensive. Questo non è mai stato il caso, poiché questi studiosi hanno sempre riconosciuto che alcuni movimenti religiosi, sia al di fuori che all'interno delle principali tradizioni religiose, hanno creato veri "problemi sociali"sostenendo e commettendo crimini molto reali come terrorismo, omicidio, stupro e abuso di minori, da non confondere con il crimine immaginario di "pressioni psicologiche" o lavaggio del cervello (Barker 2011, 201–203).
Nel 1993, l'assedio dell'FBI al quartier generale dei Branch Davidians a Waco, in Texas, si concluse con la morte di 80 membri del gruppo, inclusi 22 bambini (Wright 1995; Wessinger 2017). Il Critical Incidents Response Group (CIRG) dell'FBI iniziò un indagine per capire cosa fosse andato storto a Waco, cercando la collaborazione di studiosi accademici di nuovi movimenti religiosi. Il CESNUR, Center for Studies on New Religions assieme al CIRG, organizzò un seminario per gli agenti dell'FBI nel 1998 a Fredericksburg, Virginia (Barkun 2002, 103), dove intervennero Massimo Introvigne, Eileen Barker, J. Gordon Melton, James T. Richardson, Catherine Wessinger, Susan Palmer e Jane Williams Hogan (1942–2018). Durante il seminario, fu subito chiaro all'FBI che gli studiosi non avrebbero usato la parola "setta", ma gli agenti volevano sapere quale, tra le migliaia di gruppi religiosi, era più incline a commettere gravi reati e doveva quindi essere tenuto sotto sorveglianza. Gli studiosi proposero vari criteri di prova e la conversazione tra l'agenzia e alcuni di loro continuò per diversi anni, anche se in quale misura gli studiosi abbiano davvero influenzato la pratica dell'FBI è una questione controversa (vedi Johnson e Weitzman 2017).
Nel 2001-2002, diversi importanti studiosi di nuovi movimenti religiosi provenienti dall'Europa e dagli Stati Uniti (incluso il sottoscritto) parteciparono a un progetto chiamato "Sette, religione e violenza", guidato da David Bromley e J. Gordon Melton, che comprendeva seminari e sessioni di conferenze che culminò nel 2002 con la pubblicazione di un libro dallo stesso titolo, pubblicato dalla Cambridge University Press (Bromley e Melton 2002). Il progetto aveva preso in considerazione il precedente dialogo tra alcuni studiosi e l'FBI, ma non si limitava alle questioni discusse in quella sede.
Mentre il progetto "Sette, religione e violenza" si stava sviluppando, accadde l'11 settembre, con due effetti importanti: rese piuttosto ovvia l’esistenza di gruppi "cattivi" anche all'interno delle religioni tradizionali, una nozione rafforzata dagli scandali dei preti pedofili Cattolici che si estendevano anche ad altre religioni principali (Shupe 1995; 1998; 2007; Shupe, Stacey e Darnell 2000), e creò una nuova urgenza nei governi di tutto il mondo di definire le caratteristiche dei gruppi religiosi "estremisti", a volte chiamati, ancora una volta, "sette". La maggior parte degli studiosi ha continuato a opporsi all'uso del termine "setta", in quanto espressione compromessa dalla sua associazione con la screditata teoria del lavaggio del cervello, ma ha riconosciuto che le forze dell'ordine necessitavano di criteri per identificare i gruppi veramente pericolosi (Richardson 1978; 1993).
Anni fa, uno degli autori di questo rapporto (Introvigne) ha proposto (in modo significativo o forse ironico in un dialogo con agenti di polizia cinesi specializzati nella repressione delle sette) una politica volta a identificare e contenere i “movimenti religiosi criminali” (CRM). L'etichetta non era del tutto nuova, poiché utilizzava selettivamente elementi della tradizione criminologica. Venne evitato l’uso del termine "setta" nel tentativo di svincolare la categoria sia dalla psicologia popolare del lavaggio del cervello che dalla teologia. Definiva un movimento religioso criminale uno che sostiene o che si impegna costantemente come gruppo in rilevanti attività violente o criminali, inclusi terrorismo, omicidio, violenza fisica contro membri, dissidenti o oppositori, stupro, abuso sessuale di minori o gravi crimini economici.
Ci sono cinque elementi fondamentali di questa definizione. In primo luogo, la definizione si riferisce ai movimenti religiosi. Ci sono molti movimenti e organizzazioni criminali che non sono religiosi, ma non è questo il problema di cui stiamo discutendo qui. Preferiremmo una definizione più ampia di religione, che includa i gruppi spirituali ed esoterici. La definizione non pretende di risolvere tutti i problemi associati alla definizione di "religione", ma allo stesso tempo prende le distanze dai tentativi di etichettare certi gruppi come "pseudo-religiosi", in base all'idea naïve che tutte le religioni siano benevole, o che portIno a domande molto difficili su cosa sia una religione "autentica" (Platvoet e Molendijk 1999). Ai fini funzionali della definizione, un gruppo religioso è un gruppo caratterizzato da credenze e pratiche religiose, spirituali o esoteriche, senza indagare sulla loro ortodossia, qualità o "singolarità".
In secondo luogo, la definizione si riferisce ai crimini commessi, sostenuti o giustificati da un gruppo in quanto tale. Non è sufficiente che alcuni membri del movimento commettano reati. Il fatto che alcuni preti Cattolici siano pedofili non rende la Chiesa Cattolica un CRM, poiché le dottrine dell'istituzione non perdonano la pedofilia (anche se alcuni vescovi lo hanno fatto) e la stragrande maggioranza dei Cattolici e dei sacerdoti la aborrisce. La definizione implica che il movimento come gruppo, a livello associativo e nelle sue dottrine sostiene o commette costantemente e sistematicamente dei crimini, sebbene la definizione riconosca che in alcuni casi anche un singolo "incidente critico", ad esempio un attacco terroristico, può essere sufficiente per identificare il gruppo come un CRM.
In terzo luogo, la definizione implica che si dovrebbe trattare di reati di grave natura, come il terrorismo, lo stupro, l'omicidio, l'abuso di minori, la violenza fisica, e anche reati economici gravi e consistenti, come il riciclaggio di denaro internazionale. In alcuni paesi molti gruppi religiosi sono accusati di elusione o evasione fiscale e di illeciti amministrativi minori. Queste reati, da soli, non dovrebbero portare alla conclusione che il gruppo sia un CRM.
In quarto luogo, la definizione insiste anche su crimini ben definiti, puniti dalle leggi esistenti di applicazione generale e non da nuove leggi create allo scopo specifico di agire contro le cosiddette "sette". In quanto tale, si concentra ad esempio sulla violenza fisica piuttosto che su nozioni elusive di violenza psicologica, sul percuotere o uccidere gli oppositori in questa vita, piuttosto che sul minacciarli con le fiamme dell'Inferno nella prossima, e così via.
I crimini dovrebbero essere accertati dalle corti di giustizia attraverso processi equi, dove agli imputati dovrebbe essere data la possibilità di essere assistiti da avvocati indipendenti e di esercitare il loro diritto alla difesa e non tramite veloci procedimenti amministrativi. E le leggi comuni che i movimenti religiosi sono accusati di violare dovrebbero essere coerenti con le dichiarazioni dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e di altre a livello internazionale. Questo non sarebbe il caso, ad esempio, di una legge che definisca un reato qualsiasi critica alle leggi nazionali. Dopo tutto, diverse religioni hanno una tradizione "profetica" di denunciare le malefatte dei governi, e il confine tra profezia e cospirazione per rovesciare il governo non è mai stato così netto come potrebbe sembrare.
Con il quinto commento si vuol sottolineare che le definizioni non risolvono mai tutti i problemi e che vi saranno sempre aree grigie. I CRM sono gruppi che commettono o sostengono la violenza, o entrambe le cose. Sostenere o incitare alla violenza è già una forma di violenza. Un movimento religioso che utilizza costantemente e sistematicamente l'incitamento all'odio può essere alla fine riconosciuto come un CRM.
Definire l'incitamento all'odio non è facile e le tradizioni americane ed europee differiscono a questo riguardo, con l'Europa che generalmente si comporta in modo più restrittivo. E si dovrebbero riconoscere le peculiarità e controversie del linguaggio religioso. C'è una tradizione secolare in molte religioni di minacciare i peccatori con le fiamme dell'inferno, e né la Bibbia né il Corano sono modelli di linguaggio politicamente corretto. Gli sforzi delle religioni di interagire con più civiltà tra di loro e con la società in generale dovrebbero essere incoraggiati e applauditi, ma ci sono voluti secoli prima che alcune religioni più antiche iniziassero a vedere questi sforzi come significativi e non possiamo aspettarci che le nuove religioni maturino in pochi anni o decenni. Alcune forme di incitamento all'odio generano ovviamente violenza, ma l'analisi in questo campo dovrebbe essere condotta con cura e moderazione.
5- Alcune conclusioni[⬆︎]
Niente in questo rapporto dovrebbe essere inteso come un tentativo di denigrare la peculiare tradizione francese della laïcité come quadro centenario all'interno del quale si sono evoluti i rapporti tra stato e religione in Francia, né di giustificare preoccupazioni sull'Islam radicale ultra-fondamentalista o sul terrorismo.
Tuttavia, non sarebbe la prima volta che una legge intesa a frenare l'Islam radicale, o “l'estremismo” e il terrorismo in generale, viene applicata contro movimenti religiosi abbastanza diversi e pacifici, il cui unico crimine è quello di avere uno stile di vita diverso dalla maggioranza. Un chiaro esempio è la Russia, dove sono state introdotte leggi contro "l'estremismo" come strumento necessario contro l'Islam ultra-fondamentalista e il terrorismo, ma sono finite per essere utilizzate per "liquidare" i pacifici Testimoni di Geova e per molestare altre minoranze religiose non violente.
Lo afferma il parere della Commissione di Venezia sulla legge contro l'estremismo in Russia e la sua applicazione, adottato nella 91a Sessione Plenaria. Ha affermato che: "L'ampia interpretazione della nozione di 'estremismo' da parte del potere esecutivo, la crescente applicazione della legge negli ultimi anni e la pressione che esercita su vari ambienti all'interno della società civile, così come le presunte violazioni dei diritti umani riportate in questo ambito, ha sollevato preoccupazioni e attirato critiche sia in Russia che a livello internazionale". La Commissione di Venezia ha ricordato alla Russia che “l'unica definizione di 'estremismo' contenuta in un trattato internazionale vincolante per la Federazione Russa si trova nella Convenzione di Shanghai [sulla Lotta al Terrorismo, Separatismo ed Estremismo del 15 giugno 2001, ratificata dalla Russia il 10 gennaio 2003]. Nell’Articolo 1.1.1.3 della Legge sull’Estremismo, ‘estremismo’ è definito come ‘un atto volto a impadronirsi o mantenere il potere attraverso l'uso della violenza o il fatto di cambiare con la violenza il regime costituzionale di uno Stato, nonché un'invasione violenta della sicurezza pubblica, inclusa l'organizzazione, per le finalità di cui sopra, di formazioni armate illegali e la partecipazione ad esse, perseguite penalmente in conformità alle leggi nazionali delle Parti“. Quest'ultima clausola consente agli Stati firmatari di perseguire tali azioni "estremiste" secondo le loro leggi nazionali. Ha chiarito che le uniche definizioni di "terrorismo" e "separatismo" che potrebbero essere utilizzate per agire contro individui o organizzazioni richiedono che la violenza sia un elemento essenziale (incitamento o incoraggiamento alla violenza o violenza effettiva) "(Commissione di Venezia 2012).
All'inizio del 2010, in merito allo scioglimento o alla liquidazione di un'organizzazione religiosa, e commentando le proposte di emendamenti alle leggi in Armenia, la stessa Commissione di Venezia ha affermato: "Va tenuto presente che la liquidazione o l’interruzione [delle attività]di un'organizzazione religiosa può avere gravi conseguenze per la vita religiosa di tutti i membri di una comunità religiosa e, per questo motivo, si dovrebbe prestare attenzione a non interrompere le attività di una comunità religiosa semplicemente a causa della trasgressione di alcuni dei suoi singoli membri. Ciò imporrebbe una sanzione collettiva all'organizzazione nel suo insieme per azioni che in modo equo dovrebbero essere attribuite a individui specifici. Qualsiasi illecito di questo tipo da parte di singoli membri di organizzazioni religiose dovrebbe essere affrontato personalmente, attraverso procedimenti penali, amministrativi o civili, piuttosto che invocando disposizioni generali sulla liquidazione di organizzazioni religiose, e ritenere quindi responsabile l'intera organizzazione. Tra le altre cose, si dovrebbe prendere in considerazione la prescrizione di una serie di sanzioni di varia gravità (come avvertimenti ufficiali, multe, sospensione temporanea) che consentirebbero alle organizzazioni di intraprendere azioni correttive (o perseguire ricorsi appropriati), prima di intraprendere il duro passo della liquidazione di un'organizzazione religiosa, che dovrebbe essere un provvedimento di ultima istanza ”(Commissione di Venezia 2010).
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha già applicato questo approccio alla Russia, in un procedimento giudiziario che ha coinvolto dei seguaci del mistico turco Said Nursi (1876-1960) accusati di attività estremiste (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 2018), come così come nel caso precedente dell'organizzazione dei Testimoni di Geova a Mosca (Corte Europea dei Eiritti dell'Uomo 2010).
ll Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla Libertà di Religione o Credo, nella versione inedita del suo ultimo rapporto sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa (12 ottobre 2020), ha affermato che: "Un numero preoccupante di note nelle comunicazioni [ricevute] evidenziano l'utilizzo sproporzionato di misure atte a prevenire attacchi terroristici nei confronti di minoranze religiose o di credo. Le misure di repressione ampiamente legate alla lotta al terrorismo e alla protezione della sicurezza nazionale dimostrano che in quasi tutte le regioni del mondo le minoranze religiose sembrano essere particolarmente a rischio di essere etichettate come ‘gruppi terroristici '' e di vedere i loro membri arrestati con accuse di ‘estremismo’ o ‘attività illegali’. Una serie di comunicazioni ha affrontato l'uso degli obblighi per la sicurezza nazionale come obiettivo dichiarato da alcuni governi nel criminalizzare l'appartenenza e /o le attività di determinati gruppi religiosi o di credo. Un simile approccio equivale a prendere di mira e, in ultima analisi, a criminalizzare, l'espressione pacifica dell'identità di una persona. “Numerose autorità statali hanno arrestato, detenuto (a volte in isolamento) e condannato membri di minoranze religiose e di credo con accuse indefinite quali intenzione di ‘causare turbamento alle strutture politiche, economiche o sociali', di ‘distruggere la sovranità statale' o di 'rovesciare il governo”. Tali disposizioni vaghe non soddisfano il principio di legalità sancito dall'articolo 15 dell'ICCPR" e danno agli Stati un margine preoccupante alla limitazione arbitraria dell'esercizio della libertà di religione o di credo di alcuni gruppi "( Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla Libertà di Religione o Credo 2020).
“Numerose autorità statali hanno arrestato, detenuto (a volte in isolamento) e condannato membri di minoranze religiose e di credo con accuse indefinite quali intenzione di ‘causare turbamento alle strutture politiche, economiche o sociali', di ‘distruggere la sovranità statale' o di 'rovesciare il governo'. Tali disposizioni vaghe non soddisfano il principio di legalità sancito dall'articolo 15 dell'ICCPR".
L'Ufficio dell'OSCE per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR) ha recentemente pubblicato un nuovo documento intitolato Libertà di religione o di credo e sicurezza: orientamenti politici. Nella sua introduzione si afferma che: "Sebbene gli Stati membri dell'OSCE abbiano adottato strategie diverse per garantire che le proprie misure di sicurezza siano pienamente conformi ai loro obblighi e impegni internazionali relativi alla libertà di religione o di credo, alcune leggi, politiche e misure di sicurezza hanno posto la libertà di religione o credo e altri diritti umani sotto una pressione significativa. Tali misure, specialmente quelle molto ampie o applicate arbitrariamente, sono spesso emanate in nome della sicurezza "nazionale", "statale" o "pubblica", o nell'interesse di preservare o mantenere la "coesistenza pacifica", la "stabilità sociale" o l’ "armonia sociale". L'esperienza dimostra che tali limitazioni possono peggiorare piuttosto che migliorare la sicurezza (ODIHR 2019, 5–6).
Certamente, questo non nega il diritto legittimo degli Stati di proteggere la propria sicurezza contro l'estremismo e il terrorismo. Ma i documenti mettono in guardia contro l'uso di disposizioni contro il "terrorismo" e l’"estremismo" che finiscono per censurare le convinzioni piuttosto che la condotta, e le idee religiose impopolari piuttosto che l'incitamento all'odio o alla violenza.
La nostra proposta è di rivedere il progetto di legge come segue:
- Evitare qualsiasi parvenza di discorso islamofobo, impedendo che alcuni gruppi islamici radicali ultra-fondamentalisti o altri gruppi mettano in essere azioni che presentano minacce reali di terrorismo, violenza e violazione dei diritti umani delle donne;
- Consentire l'istruzione parentale in generale, rafforzando al contempo il sistema di controlli e ispezioni per impedire che l'istruzione a domicilio venga utilizzata per promuovere la violenza, l'apologia del terrorismo, il razzismo, l'antisemitismo o l'incitamento all'odio (le scuole pubbliche dovrebbero anche essere incoraggiate a promuovere un dialogo interreligioso e culturale, piuttosto che censurare specifiche identità religiose);
- Consentire che nei discorsi religiosi ci sia uno spazio di manovra per la critica profetica delle leggi esistenti, punendo allo stesso tempo l'incitamento alla violenza;
- Eliminare dalla legge le disposizioni che consentono il rapido scioglimento o liquidazione dell'associazione religiosa senza un giusto processo o senza la garanzia del diritto alla difesa, che costituisce una violazione delle disposizioni della UDHR e della CEDU;
- Collegare ogni riferimento alla "dignità umana" al parametro dei diritti umani sancito nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e riconoscere il diritto associativo della libertà religiosa degli organismi religiosi e la loro libertà di autoregolamentare le loro questioni interne, inclusi l'espulsione e il trattamento dei membri che sono stati espulsi;
- Identificare e punire i movimenti religiosi criminali, in presenza di prove chiare e inequivocabili di attività criminali, come sostenere o praticare violenza fisica o commettere sistematicamente altri crimini comuni, evitando riferimenti ai concetti pseudo-scientifici di lavaggio del cervello o "manipolazione mentale";
- Mantenere un dialogo con studiosi e attivisti per i diritti umani che criticano l'approccio anti-sette piuttosto che solo con i movimenti anti-sette.
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"Separatism," Religions and "Cults": Religious Liberty Issues - A White Paper