Giornata mondiali dei diritti umani: una storia per riflettere

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Fin dove si può spingere l’odio generato dall’intolleranza verso le minoranze religiose? L’articolo di cui riproponiamo qui sotto alcuni stralci fornisce una risposta eloquente. In questo caso a fare le spese dell’odio omicida di folle musulmane ignoranti sono fedeli indù e cristiani, vale a dire i fedeli di due tra le maggiori religioni sulla Terra, che però nel mondo islamico spesso sono in netta minoranza.

Una violenza simile con torture, stupri, omicidi, espianti forzati, campi di concentramento per “rieducare” i non allineati, ancorché nascosta dalla propaganda e dall’omertà imposta dal PCC, avviene in Cina a danno delle minoranze non gradite al partito, come i cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente, i fedeli del Falun Gong, le popolazioni tibetane, o ancora i musulmani (che in Cina sono minoranza) nella regione dello Xinjiang.

In Russia, invece, l’intolleranza delle minoranze religiose appare più mitigata, “limitandosi” a proibire i culti invisi agli esponenti anti-sette della maggioranza cristiano-ortodossa, come i Testimoni di Geova, confiscandone i beni, anche dei singoli fedeli, e spesso condannandoli ad anni di reclusione con assurde accuse di estremismo per aver cantato in gruppo i loro salmi, o aver letto brani della loro Bibbia.

Certo, l’Europa e l’occidente non sono oscurantisti – o non lo sono più: vedi la caccia agli eretici, le torture e i roghi del medio evo – come alcune aree del mondo islamico o dell’estremo oriente a guida comunista. Tuttavia lo spettro dell’intolleranza è tangibile e oggetto di numerose sentenze che ne stigmatizzano la natura.

Le manifestazioni di crudeltà umana sotto raccontate – che parrebbero anacronistiche, ma che sono purtroppo molto frequenti – dovrebbero far riflettere ognuno di noi, ma soprattutto gli anti-sette, che con le loro perniciose campagne (vedi Alexander Dvorkin, vice-presidente della FECRIS) fomentano l’intolleranza e l’odio verso i gruppi minoritari, richiedendone a gran voce il bando. Dal bando al rogo, il passo potrebbe non essere poi così lungo.


Lavoratore dello Sri Lanka linciato e bruciato da una folla di musulmani per presunta blasfemia

4 dicembre 2021 — Una folla di musulmani infuriati ha linciato un uomo dello Sri Lanka di nome Priyantha Kumara (49 anni), che stava lavorando in una fabbrica sulla Wazirabad Road, Sialkot. Nella crescente eccitazione, centinaia di uomini musulmani hanno preso a calci e colpito il cadavere del signor Kumara, mentre si scattavano selfie e li condividevano sui social media.

Priyantha Kumara lavorava come direttore generale alla Rajko Industries, dove si producono abbigliamento e articoli sportivi.

Dal suono del suo nome il signor Kumara potrebbe essere un Indù e, come la minoranza Cristiana e Indù esistente in Pakistan, avrebbe subito molte discriminazioni e continui sospetti.  Potete leggere di più su Zafar Bhatti, condannato per blasfemia e candidato ad essere il primo uomo giustiziato in base alle famigerate leggi pakistane sulla blasfemia (clicca qui).

Venerdì 3 dicembre, un gran numero di colleghi di Rajko ha trascinato Priyantha fuori dal suo ufficio, perché accusato di aver dissacrato un poster murale con il nome sacro di Maometto.  Si dice che abbia poi gettato il poster in un bidone della spazzatura.

La folla infuriata, composta da centinaia di musulmani, lo ha picchiato a morte, trascinandone poi il corpo senza vita sulla strada principale dove lo hanno bruciato. Quindi hanno gettato degli pneumatici sopra il corpo per aumentare le dimensioni delle fiamme.

Uno dei principali istigatori dell'attacco è stato identificato come Farhan Adrees, un dipendente della fabbrica che si dice abbia avuto un ruolo centrale nell'istigare e radunare la folla. Piuttosto allarmante è il fatto che la folla riunita sia stata sentita intonare slogan come "Labaik Ya Rasool Allah" (Sono qui al tuo servizio, o Messaggero di Allah), e si può vedere gioire mentre picchia il presunto blasfemo.

Mohammad Talha, sodale di Farhan Adrees, durante un'intervista ai media locali ha detto:

"Priyantha ha strappato un poster con una scritta 'Labaik Ya Hussain' (invito alla preghiera e alla carità e il consiglio di recitare Darood Sharif (preghiera di benedizioni a Muhammed che invocherà benedizioni su chi la recita).
"Ha strappato il poster e l'ha gettato in un cestino dei rifiuti.
"L'abbiamo guardato e abbiamo detto al nostro caposquadra che non era giusto e abbiamo chiesto al nostro caposquadra che Priyantha si scusasse.
"Priyantha è andato nel suo ufficio borbottando.
"Abbiamo parlato con la nostra direzione e poi ci siamo riuniti tutti, lo abbiamo maledetto, picchiato e mandato all'inferno".

Muhammad Talha ha poi avvertito gli altri su ciò che sarebbe successo loro per una simile blasfemia, si è rivolto minacciosamente alla telecamera:

"Se qualcuno profana i nostri profeti, gli sarà tagliata testa".

Ieri (3 dicembre), Rao Sardar Ali Khan, ispettore generale della polizia del Punjab ha confermato l'arresto dei principali colpevoli insieme ad altri violenti rivoltosi coinvolti nell'uccisione del signor Kumara. In totale, sono stati eseguiti 126 arresti dopo che la polizia ha identificato i colpevoli attraverso i selfie pubblicati sui social media.

Il primo ministro pakistano Imran Khan ieri ha twittato: "L'orribile attacco dei vigilanti alla fabbrica di Sialkot e il rogo del manager dello Sri Lanka è un giorno di vergogna per il Pakistan. Sto supervisionando le indagini affinché non ci siano errori: tutti i responsabili saranno puniti con la massima severità della legge. Gli arresti sono in corso".

Oggi si è avuta la conferma che almeno 900 persone sono state schedate in base alla legge antiterrorismo per conto del Senior House Officer (SHO) della stazione di polizia di Ugoki.

Testimoni locali hanno dichiarato che la polizia è rimasta a guardare mentre l'attacco aveva luogo.

Da tempo i Cristiani pakistani denunciano i pericoli che devono fronteggiare non solo da parte degli estremisti islamici, ma in generale della maggioranza musulmana in Pakistan, che è facilmente portata a uccidere, mutilare e distruggere quando vengono mosse accuse di blasfemia. Questo non è il primo né l'ultimo linciaggio pubblico di blasfemi falsamente accusati.

Uno dei casi più famosi di omicidio extragiudiziale è stato quello di Shama e Shahzad, accusati di blasfemia nel 2014 dopo che Shama era stata violentata da un Munshi (contabile/manager musulmano per un ricco proprietario terriero). La vergogna dello stupro ha spinto la coppia a cercare di liberarsi dal contratto vincolante di schiavitù lavorativa, il che si è tradotto nella loro reclusione in un magazzino di un campo. Il Munshi li accusò di blasfemia e guidò una folla impazzita di 3000 persone a violentare Shama davanti a suo marito, poi li picchiò fino quasi alla morte. La coppia fu poi legata per i polsi e trascinata nel fango dietro un trattore, dopo avere loro spezzato le gambe in modo che non potessero scappare. Infine, la coppia è stata bruciata viva mentre i loro figli guardavano. Il figlio più giovane Suleman ha assistito al rogo e pochi minuti dopo la loro morte è stato visto alla TV pakistana piangere mentre spiegava di aver visto i suoi genitori contorcersi mentre bruciavano sul fuoco di una fornace di mattoni.

Fonte: britishasianchristians.org (l'articolo originale è corredato con immagini e video che mostrano la violenza di quanto riportato)