Lavaggio del cervello all'italiana: il caso Braibanti
di Massimo Introvigne — Nei precedenti articoli della serie abbiamo visto come, alla fine di una secolare evoluzione giuridica, nel 1930 il ministro della giustizia di Mussolini Alfredo Rocco, prevalendo contro il parere della commissione che stava redigendo il nuovo codice penale italiano, vi inserì un articolo 603 che incriminava quello che sarebbe stato poi chiamato "lavaggio del cervello". La commissione era preoccupata che la norma potesse essere usata arbitrariamente contro coloro che avessero persuaso altri di idee che alcuni giudici o pubblici ministeri avrebbero potuto considerare inaccettabili. Era, tuttavia, molto rumore per nulla. Se Mussolini credeva che la nuova disposizione potesse essere usata contro gli oppositori del regime, sarebbe rimasto deluso. In epoca fascista, nessuno fu condannato per "plagio". Infatti, la norma del "plagio" non portò mai a condanne anche dopo la fine del regime fascista, finché le cose non cambiarono negli anni '60.